Depositi bancari pro capite, Viterbo penultima nel Lazio e in coda tra le province italiane

Depositi bancari pro capite, Viterbo penultima nel Lazio e in coda tra le province italiane
di Luca Telli
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Martedì 18 Luglio 2023, 05:20 - Ultimo aggiornamento: 19 Luglio, 11:21

Depositi bancari pro capite, la provincia di Viterbo penultima nel Lazio e agli ultimi posti in Italia. Nella regione dietro la Tuscia solo Latina. Per entrambe valori sui livelli delle realtà del sud. Nella classifica che esce fuori dai dati forniti da Infostat della Banca d’Italia infatti, Viterbo risultata tra le aree del centro quella in cui si registrano i numeri più bassi, del tutto simili a quelli di contesti storicamente in difficoltà di Campania, Sicilia e Calabria.

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Una situazione che non stupisce più di tanto, legata a doppio filo agli altri indicatori economici che evidenziano una pesante difficoltà occupazionale: scarsa e, soprattutto, poco qualitativa in termini di reddito tale, tra le altre cose, da accelerare il processo di spopolamento favorendo la fuga degli under 25 verso dimensioni più appaganti ed in grado di offrire una prospettiva futuro più solida.

Nello specifico, i depositi bancari dei viterbesi sono del 16 per cento più bassi rispetto alla media nazionale: da 18.775 euro si passa a 15.774. Numeri più bassi sia di Rieti, che con 15.935 euro si piazza al terzo posto nel Lazio, che di Frosinone (17.492 euro) al secondo posto. A guidare la classifica dei depositi è Roma con 22.435 che, per capacità di assorbimento del lavoro e struttura socio economica, gioca comunque una partita a sé.

Ultima, con i suoi 14.904 euro è Latina.

Dal rapporto Infostat, analizzato dal Sole24 ore, emerge poi un altro dato: in un anno (aprile 2022- aprile 2023) la quantità di denaro che i viterbesi hanno versato sui conti correnti è diminuita dello 0,7%, molto meno rispetto alla media italiana (-2,6%) ed in linea con quelle delle altre province laziali: -0,5% Rieti, -0.6%, -1,2% Roma percentuali, infine, identiche, per Frosinone.

Le ragioni di un calo così contenuto non sono per forza un buon segnale, anzi. Oltre che con una minore disponibilità per effetti del caro vita la diminuzione di depositi sui conti correnti è, spesso, legata ad una diversificazione degli investimenti (fondi, obbligazioni bancarie), operazione di gran lunga più semplice per chi ha una disponibilità maggiore e non si trova nella condizione di far quadrare i conti; chi appartiene a questa fascia, infatti, è di solito più orientato a tenere una riserva sempre disponibile al momento, svincolata per esempio da piani di accumulo con decorrenza annuale o più.

C’è poi un altro aspetto da considerare, quello legato alla ragione del modello economico territoriale: un’area, come la Tuscia, dove dominano servizi e personale impiegato in strutture statali la crisi dei depositi potrebbe essere più contenuta. Non è un caso che le province più colpite dal fenomeno siano quelle altamente industrializzate, o che vivono di turismo, per i quali la bolla dei prezzi di materie prime, e del carovita in generale, ha portato conseguenze più serie.

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