I dati ufficiali sulla produzione ancora non ci sono, ma per gli agricoltori i dubbi sono pochi: il 2023 è stato uno dei più difficili degli ultimi 15 anni. «Olive, nocciole, uva, un disastro su tutta la linea», spiega il presidente provinciale della Confederazione italiana agricoltori, Sergio Del Gelsomino.
La prima stima è peggiore di quella della media nazionale. L’impatto, su una provincia in cui il 30 per cento della forza produttiva è composta da aziende che insistono nel settore agricolo, è potenzialmente significativo e destinato a non fermarsi ad un tracollo finanziario di milioni di euro, ma a travolgere decine di imprese ed il suo personale. «Dobbiamo scongiurare il diluvio – spiega Del Gelsomino – è chiaro che se le aziende non riescono ad andare avanti, i lavoratori sono il secondo ingranaggio della catena a saltare».
LE CAUSE
Uscire dalla crisi sembra meno facile del previsto: il freno a mano tirato dal governo sulla decontribuzione, la mancanza di incentivi, la carenza di forme assicurative contro gli eventi estremi e l’aumento di costi di produzione sono fattori che, messi insieme, sono in grado di scatenare una tempesta perfetta. Ne sanno qualcosa, ad esempio, gli agricoltori che nei giorni scorsi, hanno dato vita alla protesta dei trattori, sia a livello europeo, sia locale (con le marce a Viterbo, i blocchi a Orte e sull’Aurelia, i presidi nella Capitale).
IL CLIMA
«Ma il vero nemico – continua Del Gelsomino – è il mutamento climatico: non c’è più niente di normale e non so quanto gli agricoltori potranno sostenere questo livello di stress».
La crisi delle campagne non tocca solo il settore orticolo e cerealicolo, ma colpisce duro l’intero comparto zootecnico. «Ovini e caprini ancora si salvano grazie alle esportazione, ma per l’allevamento dei bovini il futuro è scuro». Meno di due anni fa gli allevatori avevano vissuto il loro momento forse più drammatico: la carenza di pioggia aveva azzerato i pascoli. L’assenza di erba aveva cambiato la dieta degli animali e costretto gli allevatori ad alimentare il bestiame in maniera differente, puntando soprattutto sui mangimi i prezzi dei quali (dai cerali alla soia), avevano raggiunto livelli esorbitanti. Costi a cui si erano aggiunti quelli per l’elettricità, gonfiati dalla crisi energetica e dal caro bollette.