Neri Marcorè: «La forza della gentilezza»

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È Neri Marcorè il protagonista della nuova puntata di “Stories”, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky TG24. Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, con la regia di Roberto Contatti, l’attore, imitatore e regista si racconta in “Neri Marcorè – La forza della gentilezza”, in onda lunedì 1° aprile alle 21.00 su Sky TG24, sabato 6 aprile alle ore 11.00 su Sky Arte e sempre disponibile On Demand. 

E lo fa partendo dal suo primo film da regista al cinema: Zamora, tratto dal romanzo di Roberto Perrone. Racconta la storia di un impiegato che, costretto a giocare a calcio dal suo datore di lavoro, pur non avendo mai toccato un pallone in vita sua è costretto a chiedere aiuto ad un ex portiere professionista. “Questa storia a me aveva colpito moltissimo. L'epica dello sport nel ruolo del portiere – spiega Marcorè - vede forse la sua massima espressione. La solitudine di un ruolo all'interno di un gioco di squadra, uno che prende in mano la responsabilità di essere in paradiso e all’inferno. Il portiere è un folle o un eroe”. E ancora gli inizi da imitatore, la vittoria alla Corrida di Corrado, un futuro mai avverato da traduttore, i successi in TV e con Pupi Avati…e poi il teatro, i libri, la musica, la paternità e tanta gentilezza.

La sua storia inizia a Porto Sant’Elpidio, un paesino delle Marche dove viveva con i genitori e i nonni. “È stata un'infanzia molto felice, molto protetta.  I genitori, i nonni, ti osservavano ma non ti stavano addosso come adesso. Però appena facevi qualcosa di sbagliato ti rimettevano subito in riga. Questa è stata la mia formazione, diciamo”. A scuola “mi piaceva l'odore dei libri, dei quaderni, mi piaceva studiare, insomma non l'ho mai vissuta con fatica. Ero anche generoso verso i miei compagni. Se c'era da passare qualche suggerimento, qualche compito lo facevo stra volentieri. La scuola mi veniva abbastanza semplice”. La porta del mondo dello spettacolo, si spalanca grazie alle sue celebri imitazioni, anche se “dall'imitazione ho tratto tutto quello che potevo tirar fuori a livello di soddisfazione. Ho subito cercato di diversificare perché ho investito sul cinema, il teatro, il doppiaggio, che sono le cose che al momento mi incuriosiscono di più. Poi certo, l'imitazione, la parodia sono sempre lì, pronte. Quindi nel momento in cui avessi voglia di tirar fuori qualcosa, nessuno me lo impedisce”. Imitazioni che lo portarono addirittura a vincere la Corrida di Corrado, quando “avevo appena finito scuola di interpreti a Bologna, quindi mi stavo accingendo a una sfolgorante carriera da traduttore letterario, che era quello che speravo di fare. Poi ho avuto la fortuna e forse la bravura di arrivare in finale in quel programma e da lì iniziò tutto il percorso professionale che ho cercato di gestire al meglio nel tempo”. La passione per la comicità la coltivava già da ragazzo, quando “mi piaceva guardare in tv programmi comici, imparare a memoria gli sketch di Proietti o di Montesano, di Corrado, che non faceva sketch ma aveva un'ironia che mi piaceva tantissimo, e anche Raimondo Vianello”, ma non si è mai sottratto anche ai ruoli più complessi, come dimostrano le varie collaborazioni con Pupi Avati, da cui confessa di aver imparato molto. “Mi ha influenzato perché, anche quando ho girato Zamora, spesso mi sono ritrovato di fianco alla macchina da presa come fa lui solitamente, invece che guardare l'inquadratura. Mi sembrava più bello, mi piaceva di più stare vicino agli attori nella scena in quel momento lì”. Non solo un ritratto professionale, c’è ovviamente un ritratto umano di Neri Marcorè, all’insegna della calma, gentilezza e pacatezza che l’hanno sempre contraddistinto, perché “penso che andando più lentamente si possano fare anche più cose di chi invece le fa freneticamente. C'è un po' un paradosso, però se tu le rallenti, le cose rallentano e forse riesci a farne di più”. Oltre all’artista, c’è il Marcorè padre e “penso di essere imperfetto come tutti i genitori. Bisogna un po’ assolversi anche in questo ruolo, perché l'importante, banalmente, è voler bene alle persone”, sempre sensibile ai temi sociali e che ci ha sempre messo la faccia quando è stato necessario esporsi, anche politicamente: “Non ho la smania di svegliarmi e di postare un messaggio in cui esprimo il mio pensiero su questo o quell'altro elemento però non faccio nemmeno il pesce in barile. Se mi si chiede una cosa la mia opinione ce l'ho, la esprimo e non ho vergogna di farlo perché credo che sia diritto di chiunque poterlo fare senza per questo essere giudicati giusti o sbagliati”. Sensibilità e impegno politico che si sono tradotti anche in ‘Risorgimarche’, un festival per sostenere la sua terra, afflitta dal sisma del 2016. “Ho sentito il bisogno di fare qualcosa di concreto nel momento in cui c'era questo appello delle persone di Arquata del Tronto che mi dicevano ‘non vi dimenticate di noi’”, festival in cui si è anche esibito alla chitarra insieme ad artisti chiamati da tutta Italia. La musica è infatti un’altra grande passione che porta avanti e che “mi ha consentito di dare vita anche a un'altra parte del mio mestiere e della mia professione, che è quella di musicista e cantante. Adesso è diventata parte integrante del mio lavoro, perché ho una band a varie formazioni musicali”. Ritornando però sul suo esordio alla regia, si augura che “possa andar bene da tanti punti di vista, perché questo sarebbe innanzitutto soddisfazione. È stata talmente un'esperienza bella che non vedo l'ora, dopo essermi goduto questo presente fatto di Zamora, di pensare più avanti a un altro progetto cinematografico” ha concluso.