Processo Londra, Becciu: «Soldi della Segreteria di Stato? Erano fondi sovrani»

Processo Londra, Becciu: soldi Segreteria di Stato? Erano fondi sovrani
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Giovedì 20 Luglio 2023, 20:07 - Ultimo aggiornamento: 21 Luglio, 10:05

 «Il Promotore continua a raccontare fatti sul mio conto totalmente lontani dalla realtà, che respingo con forza così come respingo ogni singola accusa. Nessuna esclusa. E lo faccio per amore di verità». Così il cardinale Angelo Becciu in una lunga dichiarazione spontanea all'inizio della 64esima udienza del processo in corso in Vaticano, la seconda dedicata alla requisitoria dell'accusa, in cui è andato quindi avanti lo scontro del porporato con l'Ufficio dei Pg.

«Ancora, mi si accusa con veemenza di aver impedito che il cardinal Pell e la Segreteria per l'Economia (Spe) effettuassero dei controlli sull'Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato: ribadisco che il denaro amministrato dalla Segreteria di Stato costituiva il Fondo sovrano del Papa dai tempi di Paolo VI (e da allora mantenuto riservato), non rientrava nel bilancio consolidato della Santa Sede e di esso si rendeva conto solamente al Pontefice e al segretario di Stato ogni sei mesi» ha spiegato Becciu per poi aggiungere: «Il cambiamento delle prerogative della Segreteria di Stato che la ponevano al di sopra degli altri Dicasteri non poteva deciderlo il Sostituto, come fatto intendere Diddi, ma solo e soltanto il Santo Padre.

La prova? È stato necessario un 'motu proprio' per mutare natura e competenze della Segreteria di Stato».

«Il professor Diddi insiste innanzitutto sui 50 milioni annui donati dallo Ior al Papa per le necessità della Sede Apostolica e depositati nei conti della Segreteria di Stato, manifestando dubbi sul loro utilizzo», ha spiegato l'ex Sostituto per gli Affari generali, aggiungendo: «Quando arrivai in Segreteria di Stato questa tradizione era già consolidata e ricordo che la somma era ripartita tra Radio Vaticana, Osservatore Romano e Nunziature Apostoliche». «Sugli investimenti, è come se il promotore di giustizia mi avesse scambiato con il capo ufficio dell'Amministrazione della Segreteria di Stato, mentre ho svolto il ruolo di sostituto», ha fatto notare.

Infatti, «tutte le attività che Diddi ha attribuito a me le doveva svolgere e le ha svolte il capo ufficio, monsignor Perlasca. Nessuno tra chi ha avuto a che fare con il Palazzo di Londra ed è intervenuto in questo processo ha fatto il mio nome. Il promotore mi ha attribuito responsabilità che non avevo: mi sono sempre uniformato ai dossier preparati dall'ufficio e controfirmati da monsignor Perlasca, e così anche per il Palazzo di Londra, semplicemente perché mi era stato presentato calorosamente come un affare vantaggioso per la Santa Sede. Se mi avessero presentato un minimo di svantaggi avrei certamente bocciato la proposta. L'autorizzazione a investire le somme depositate nell'Ubs di Lugano mi fu comunque data dall'allora segretario di Stato, card. Bertone». «Circa l'investimento nella Falcon Oil - ha detto ancora Becciu -, mi sono limitato a parlare a mons. Perlasca di questa proposta, affinché ne verificasse eventuali vantaggi, precisando che nel rispondermi non avrebbe dovuto guardare la mia faccia e tantomeno la mia amicizia con chi proponeva il progetto».

Quella proposta fu infatti poi bocciata, «a riprova che gli investimenti venivano decisi dall'Ufficio amministrativo e da me solo ratificati». «Il promotore più volte mi ha accusato di non essermi comportato da 'padre di famiglia' nell'amministrazione dei beni della Santa Sede, ma respingo con fermezza anche questa accusa. Io per la Santa Sede ho donato la mia vita e ho cercato di difenderla sempre. Ne è prova quanto accaduto con il card. Pell, sebbene mi spiaccia menzionare un defunto: mentre molti pensavano che i nostri rapporti talvolta aspri fossero causati dalla mia opposizione alle sue riforme, in realtà cercavo solo di far notare che queste comportavano costi esorbitanti per la Segreteria di Stato.

Ciò dimostra che quando vedo cose errate non ho paura di affrontare le persone e di far correggere le storture, perché per me viene prima il bene della Chiesa e della Santa Sede, nel cui esclusivo interesse ho sempre operato», ha aggiunto il cardinale, mostrando anch'egli di volersi togliere dei sassi dalle scarpe. «Immaginate - ha infatti concluso su Pell - che al segretario personale fatto venire dall'Australia assegnò 25 mila euro al mese, alla sua segretaria 12 mila euro, come pure fece venire un funzionario dall'Apsa dove prendeva 2.500-3.000 euro e gli assegnò 9 mila euro. Non potevo stare zitto, perché il segretario di Stato ave

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