Papa Francesco a Macron: «Ingressi legali per i migranti, accoglienza equa e collaborazione coi Paesi d’origine»

Papa Francesco a Macron: «Ingressi legali per i migranti, accoglienza equa e collaborazione coi Paesi d’origine»
di Franca Giansoldati
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Sabato 23 Settembre 2023, 10:53 - Ultimo aggiornamento: 25 Settembre, 11:11

E' possibile evitare il «naufragio della civiltà» europea (e dell'Unione) sotto i micidiali   colpi del fenomeno migratorio? Papa Francesco chiama in causa tutti i Paesi che compongono l'Europa e a Marsiglia, davanti al presidente Emmanuel Macron - che ha deciso ad innalzare ulteriori muri per evitare il transito dei clandestini al valico di Ventimiglia -  a Christine Lagarde, presidente della Banca Centrale, a Gerald Darmanin, ministro degli Interni francese, a Margaritis Schinas della Commissione  indica una via possibile. 

«Il futuro non sarà nella chiusura, che è un ritorno al passato, un’inversione di marcia nel cammino della storia. Contro la terribile piaga dello sfruttamento di esseri umani, la soluzione non è respingere, ma assicurare, secondo le possibilità di ciascuno, un ampio numero di ingressi legali e regolari, sostenibili grazie a un’accoglienza equa da parte del continente europeo, nel contesto di una collaborazione con i Paesi d’origine».

La ricetta suggerita da Papa Francesco è quella di fare entrare in Europa i migranti in base alla valutazione dei singoli Paesi ma in una ottica di sostegno mutuo, evitando di lasciare sole le nazioni di primo approdo.

A braccio, a proposito di cultura imperante, mette in evidenza una deriva egoista che porta persino «a confondere i bambini con i cagnolini e questa confusione ci dice qualcosa di brutto». 

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Il discorso poi riprende e prosegue: «L’integrazione è faticosa, ma lungimirante: prepara il futuro che, volenti o nolenti, sarà insieme o non sarà; l’assimilazione, che non tiene conto delle differenze e resta rigida nei propri paradigmi, fa invece prevalere l’idea sulla realtà e compromette l’avvenire, aumentando le distanze e provocando la ghettizzazione, che fa divampare ostilità e insofferenze. Abbiamo bisogno di fraternità come del pane» aggiunge leggendo il lungo discorso che conclude l'incontro Mediterraneo tra tutti gli episcopati nazionali.

Se ieri Papa Francesco aveva messo in chiaro una sequenza valoriale per la gestione dei migranti sbarcati sulle coste spagnole, italiane, greche, cipriote – prima l'umanità, quindi salvarli in mare e poi i 'fatti' - oggi, nell'ultimo giorno della sua permanenza francese, si concentra su una sorta di road map capace di indicare a tutti i vescovi del Mediterraneo una unica regia nell'affrontare le migrazioni tanto da ipotizzare una conferenza episcopale unica. 

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Il concetto che ripete davanti alle autorità francesi, europee, a tanti sindaci e vescovi è di contribuire all'integrazione vera, che non è assimilazione culturale. «Il cambio di passo delle nostre comunità sta nel trattarli come fratelli di cui conoscere le storie, non come problemi fastidiosi; sta nell’accoglierli, non nel nasconderli; nell’integrarli, non nello sgomberarli; nel dar loro dignità». La precarietà in cui vivono i migranti in tante città europee porta violenza e situazioni ingestibili dal punti di vista della sicurezza. «C’è criminalità: dove c’è povertà materiale, educativa, lavorativa, culturale e religiosa, il terreno delle mafie e dei traffici illeciti è spianato. L’impegno delle sole istituzioni non basta, serve un sussulto di coscienza per dire “no” all’illegalità e “sì” alla solidarietà, che non è una goccia nel mare, ma l’elemento indispensabile per purificarne le acque». Anche a Marsiglia il fenomeno della criminalità è assai radicato, soprattutto nel Quartier du Nord, una periferia abitata soprattutto da migranti di prima generazione, praticamente un ghetto. 

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Francesco martella duro. «Il vero male sociale non è tanto la crescita dei problemi, ma la decrescita della cura. Chi oggi si fa prossimo dei giovani lasciati a sé stessi, facili prede della criminalità e della prostituzione? Chi è vicino alle persone schiavizzate da un lavoro che dovrebbe renderle più libere? Chi si prende cura delle famiglie impaurite, timorose del futuro e di mettere al mondo nuove creature? Chi presta ascolto al gemito degli anziani soli che, anziché esser valorizzati, vengono parcheggiati, con la prospettiva falsamente dignitosa di una morte dolce, in realtà più salata delle acque del mare? Chi pensa ai bambini non nati, rifiutati in nome di un falso diritto al progresso, che è invece regresso nei bisogni dell’individuo? Chi guarda con compassione oltre la propria riva per ascoltare le grida di dolore che si levano dal Nord Africa e dal Medio Oriente? ».

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Stamattina Francesco, prima di raggiungere il palazzo del Pharo, ha incontrato un gruppo di persone disagiate in una struttura cattolica nella banlieu di Marsiglia. C'è anche una suora italiana, madre Crosvita, in Francia da un paio d'anni. 

«Il porto di Marsiglia è da secoli una porta spalancata sul mare, sulla Francia e sull’Europa. Da qui molti sono partiti per trovare lavoro e futuro all’estero, e da qui tanti hanno varcato la porta del continente con bagagli carichi di speranza. Marsiglia ha un grande porto ed è una grande porta, che non può essere chiusa. Vari porti mediterranei, invece, si sono chiusi. E due parole sono risuonate, alimentando le paure della gente: “invasione” ed “emergenza”. Ma chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza. Quanto all’emergenza, il fenomeno migratorio non è tanto un’urgenza momentanea, sempre buona per far divampare propagande allarmiste, ma un dato di fatto dei nostri tempi, un processo che coinvolge attorno al Mediterraneo tre continenti e che va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea in grado di fronteggiare le obiettive difficoltà». Papa Francesco al palazzo del Pharo sotto gli occhi di Macron e della vice presidente della commissione europea, Margaritis Schinas e della Lagarde insiste sull'argomento.  

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«Certo, sono sotto gli occhi di tutti le difficoltà nell’accogliere, proteggere, promuovere e integrare persone non attese, però il criterio principale non può essere il mantenimento del proprio benessere, bensì la salvaguardia della dignità umana. Coloro che si rifugiano da noi non vanno visti come un peso da portare: se li consideriamo fratelli, ci appariranno soprattutto come doni». 

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