Città del Vaticano – La visione di una economia che rivede il significato del valore economico, ripensa alle dinamiche del mercato capitalistico e di come lavorano le varie anime del tessuto produttivo: Papa Francesco elogia l'idea di una giovane economista, Mariana Mazzucato che ieri ha citato dentro il discorso improvvisato davanti al Global Solidarity Fund. «L’economia va convertita, si deve convertire adesso. Dobbiamo passare dall’economia liberale all’economia condivisa dalla gente, all’economia comunitaria. E su questo si lavora abbastanza con i giovani economisti, anche le donne. Per esempio, da voi, in America, c’è la Mazzucato che ha fatto proprio un passo avanti nel pensare l’economia, e altre donne bravissime. Non possiamo vivere con un pattern di economia che viene dai liberali e dall’illuminismo. Nemmeno possiamo vivere con un pattern di economia che viene dal comunismo. Serve un’economia cristiana, diciamo così. Cercate le nuove espressioni dell’economia di questo tempo: ho menzionato la Mazzucato che è figlia di migranti negli Stati Uniti, ma ci sono altre. In Inghilterra c’è un’altra donna, e ci sono anche uomini che stanno pensando un’economia più radicata nel popolo».
Mazzuccato, italiana con cittadinanza americana che insegna all’University College London è famosa per le sue tesi sul ruolo dello Stato nell’economia.
Il secondo punto riguarda le aziende che non reinvestono in sé stesse per crescere. Nè nei dipendenti, nè nella ricerca per lo sviluppo. Le aziende usano i fondi per ricomprare le proprie azioni. Quasi 4 miliardi di dollari sono stati spesi per questo. Questo si aggiunge al pagamento dei dividendi. In Europa 2 mila miliardi di euro praticamente vengono risucchiati fuori dalle aziende.
Per la giovane economista abbiamo bisogno anche di un nuovo contratto sociale per inserire gli scopi e gli obiettivi giusti nel mondo del lavoro. Non dovremmo dimenticare che se usiamo parole come innovazione sociale dobbiamo sapere che una delle più grandi innovazioni è stata l'idea del week end, la possibilità dei lavoratori di non lavorare il sabato e la domenica, grazie a una grande battaglia sindacale.