Da tempo e con forza la Chiesa tedesca spinge per far cancellare le regole vaticane che vietano espressamente l'ingresso nei seminari dei candidati al sacerdozio con tendenze omosessuali. Alla vigilia del super Sinodo che si aprirà in Vaticano il mese prossimo e che, a porte chiuse, dovrebbe affrontare anche il tema scottante della sessualità, il presidente della Conferenza episcopale tedesca, monsignor Georg Baetzing, ha detto chiaro e tondo di non essere d'accordo con la attuale interdizione vaticana di ordinare sacerdoti gay. Sarebbe un tema discriminante, oltre che un elemento capace di diffondere una cultura contraria all'omosessualità, come se fosse un tabù. Il vescovo Baetzing, considerato un progressista, ha citato questo delicatissimo argomento ad una radio tedesca e le sue posizioni sono state confermate alla agenzia cattolica KNA dal un portavoce della sua diocesi. Durante questi due anni di confronto interno aperto con il processo sinodale sono emersi anche altri temi sui quali si è verificata una ampia convergenza tra i fedeli e molti vescovi, per esempio sul ruolo da affidare alle donne in ambito liturgico, la benedizione a coppie gay, l'abolizione del celibato sacerdotale e l'introduzione di meccanismi più democratici ai vertici delle diocesi, accanto alla figura del vescovo.
In pratica il Vaticano dovrebbe discostarsi e rivedere le regole attualmente in vigore e permettere ai candidati con tendenze omosessuali o gay dichiarati di svolgere ugualmente il servizio sacerdotale e non essere più esclusi.
Le attuali linee guida pubblicate nel dicembre 2016 affermano esplicitamente che gli omosessuali praticanti o coloro che manifestano durante il seminario tendenze omosessuali radicate o sostengono la cosiddetta cultura omosessuale devono essere impediti dal proseguire il cammino.
Alcuni anni fa, durante l'Assemblea della Cei, il Papa ha riversato sui vescovi italiani alcune preoccupazioni. Aveva prima parlato della crisi delle vocazioni, del bisogno di accorpare le diocesi piccole e dell'uso trasparente dell'8 per mille da parte dei vescovi. Poi quando si sono chiuse le porte e le telecamere sono state fatte uscire Francesco ha esplicitato la sua quarta preoccupazione. «Il problema dell'omosessualità». A suo parere la presenza di un discreto numero di preti o seminaristi gay è un fattore destabilizzante che dovrà essere affrontato con decisione nelle diocesi e risolto attraverso un percorso specifico, un po' come è stato fatto per la piaga della pedofilia. «Abbiamo affrontato la pedofilia e presto dovremo confrontarci anche con quest'altro problema» ha sintetizzato, chiedendo di «vigilare» su seminari e aspiranti seminaristi.
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In passato Bergoglio aveva toccato il delicato argomento - su come affrontare la condizione dell'omosessualità - pronunciando la famosa frase, «chi sono io per giudicare un gay?». La domanda che gli era stata posta, riguardava l'esistenza o meno di una lobby gay in Vaticano, con riferimento ad un caso specifico. Francesco rispose con grande semplicità: «Se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla? Il Catechismo della Chiesa cattolica dice che queste persone non devono essere discriminate ma accolte. Il problema non è avere queste tendenze, sono fratelli, il problema semmai è fare lobby». Qualche mese dopo, nel 2016, durante un incontro dei religiosi latinoamericani, a porte chiuse, ammise effettivamente l'esistenza della famosa lobby gay. «Nella curia ci sono persone sante, ma c'è anche una corrente di corruzione. Si parla di una lobby gay, ed è vero, esiste».
Come affrontare la condizione degli omosessuali tra il clero, a partire dal loro ingresso in seminario, aveva tentato di spiegarlo anche padre James Martin, un gesuita americano, molto autorevole e ascoltato da Papa Francesco. A suo parere è possibile, da un punto di vista dottrinale e teologico, essere gay e nello stesso tempo essere bravi preti. «Conosco decine di ottimi religiosi gay che vivono una vita di castità. Alcuni sono stati mie guide spirituali o miei superiori. Ma voglio essere chiaro in modo da non essere frainteso: intendo che sono gay ma non sessualmente attivi». Il dibattito è destinato ad andare avanti.
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