Emanuela Orlandi, domani sono 40 anni dalla sua scomparsa: depistaggi e indagini ma non c'è (ancora) una verità

La figlia dell'alto dipendente del Vaticano è scomparsa senza lasciare traccia dal 22 giugno 1983 quando aveva appena 15 anni

Emanuela Orlandi, domani sono 40 anni dalla sua scomparsa: depistaggi e indagini ma non c'è (ancora) una verità
di cristiana mangani
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Mercoledì 21 Giugno 2023, 10:58 - Ultimo aggiornamento: 11:21

Sono passati 40 anni dal giorno in cui la giovane Emanuela Orlandi non ha fatto ritorno a casa: sparita nel nulla. Rapita, uccisa, merce di scambio per chissà quale efferato patto criminale: la verità è ancora ben lontana. Durante tutti questi anni sono tantissime le indagini avviate dalla procura di Roma e dalle forze dell'ordine, ma solo in un paio di casi si è avuta la sensazione di essere più vicini alla realtà dei fatti. La figlia dell'alto dipendente del Vaticano è scomparsa senza lasciare traccia dal 22 giugno 1983 quando aveva appena 15 anni. Indagini, sospetti pesanti, depistaggi, che hanno portato a una altalena di speranze e delusioni.

La famiglia non si arrende

 

La famiglia non si è mai arresa. «E' un sacrosanto diritto avere verità e giustizia, non ci rinunceremo mai», ha continuato a ripetere il fratello Pietro, persino di recente in occasione della scomparsa del papa emerito Benedetto XVI.

Dopo l'archiviazione delle indagini da parte della Procura di Roma, Pietro è tornato a chiedere giustizia direttamente al Tribunale Vaticano, presentando una denuncia di scomparsa alla Gendarmeria e al Promotore di giustizia. E il pm vaticano, a gennaio scorso, ha dato seguito alla richiesta.

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 La prima istanza presentata dalla famiglia Orlandi risale al 2017. Il fascicolo era stato aperto «ma da allora non è stato fatto niente, non è stato interrogato nessuno», ha denunciato più volte l'avvocato della famiglia, Laura Sgrò, che invano ha anche chiesto che venisse sentito il boss mafioso Pippo Calò. All'epoca dei fatti, nel 1983, il capo clan era a Roma, era un personaggio a conoscenza «di quello che succedeva», ne è convinto il legale, ed era collegato alla banda della Magliana, che tra le varie ipotesi investigative, è una delle piste più accreditate per la scomparsa della ragazza.

L'uscita da scuola

 

Emanuela Orlandi, che oggi avrebbe oltre cinquant'anni, scompare verso le 19, dopo essere uscita dalla scuola di musica sacra che era nelle vicinanze di palazzo Sant'Apollinare. E' la figlia di un messo della prefettura della Casa pontificia ed è cittadina del Vaticano. A maggio era già scomparsa un'altra ragazza romana, Mirella Gregori, coetanea di Emanuela, e i due casi vengono quasi subito collegati. Ne parla accostandoli insieme anche Alì Agca, l'attentatore del Papa, dice che «un'unica cosa», anche se nel corso degli anni, non sono emersi elementi concreti che avvalorassero questa pista. Mirella Gregori, figlia dei titolari di un bar di via Volturno, a Roma, studentessa, non conosceva Emanuela Orlandi, né le due ragazze avevano frequentazioni in comune. Anche perché il caso di Emanuela, che sembrava la comune scomparsa di una adolescente, si trasforma in un giallo internazionale che coinvolge in pieno la Santa Sede. Il presunto rapimento finisce infatti per intrecciarsi con l'attentato di Agca contro Wojtyla. Il Papa polacco interviene con diversi appelli, fatti anche all'Angelus, pochi giorni dopo la scomparsa, quando la questione non era ancora di dominio pubblico.


La presenza della ragazza è un po' ovunque durante quei mesi concitati, segnalata in diverse località, anche all'estero, ma sono tutte indicazioni che si rivelano inesatte. Senza elementi, la prima inchiesta viene chiusa nel luglio 1997. Poi la banda della Magliana rientra in primo piano a giugno 2008 con le dichiarazioni di Sabrina Minardi, compagna di Enrico De Pedis, cappo storico del clan romano. Emanuela Orlandi, secondo la Minardi, sarebbe stata uccisa dopo essere stata tenuta prigioniera nei sotterranei di un palazzo vicino all'Ospedale San Camillo. Ma, sebbene alcuni elementi convergano, nulla di certo viene scoperto e, in assenza di prove certe, la pista perde forza. Nulla di fatto anche dopo le analisi svolte sulle ossa rinvenute nella cripta di Sant'Apollinare, a Roma, dove erra stato sepolto, in deroga a ogni norma, proprio il boss Renatino De Pedis, ucciso in un agguato a via del Pellegrino, sempre nella zona della sparizione di Emanuela. Nel 2016 arriva l'archiviazione dell'inchiesta che era stata condotta dal pm Capaldo. Archiviazione confermata dalla Cassazione. Finché non viene presentata la denuncia alle magistratura vaticana.

Le analisi del Dna

 

Nell'ottobre 2018, un altro giallo: il Vaticano dà il via libera all'analisi del Dna su alcune ossa ritrovate durante alcuni lavori nella sede della Nunziatura Vaticana di Via Po a Roma. Ma le indagini accertano che non ci sono legami né con Emanuela Orlandi, né con Mirella Gregori.  L'11 luglio 2019 si effettua un'ulteriore ispezione ma stavolta in Vaticano, in due tombe del cimitero Teutonico, quelle delle principesse Sofia di Hohenlohe-Waldenburg-Bartenstein e Carlotta Federica di Meclemburgo-Schwerin. Al loro interno non vengono però rinvenuti resti umani; tuttavia, nell'adiacente edificio che ospita il Collegio Teutonico, è stata individuata una grande quantità di ossa, che raccolte in ventisei sacchi, sono state poi esaminate da un perito. Ma anche in questo, conclusi gli accertamenti tecnici, gli organi inquirenti del Vaticano chiedono e ottengono l'archiviazione del fascicolo penale da parte del giudice unico, il quale concede agli Orlandi di esaminare privatamente i reperti. Il decreto di archiviazione è stato comunque impugnato dal legale di fiducia della famiglia Orlandi. Gli ulteriori accertamenti, hanno infine escluso la presenza dei resti di Emanuela tra i reperti esaminati. Il caso resta irrisolto.

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Di recente le indagini sembrano aver ritrovato nuova energia: due uffici giudiziari, di due Paesi diversi, sono ancora al lavoro per accertare la verità. Due indagini, a piazzale Clodio e in Vaticano, che viaggiano parallele ma che potrebbero avere punti di contatto con attività istruttorie che potrebbe inevitabilmente intrecciarsi. Attività che viene svolta mentre in Parlamento si dibatte sulla eventuale istituzione di una Commissione d'inchiesta sul caso della 15enne. Per la prima volta Promotore di Giustizia e pm della Capitale scambiano informazioni e atti sulla cittadina vaticana. Nelle ultime settimane ci sono stati incontri tra il promotore vaticano, Alessandro Diddi, e il sostituto procuratore Stefano Luciani. All'attenzione del pm sono stati messi a disposizione documenti dall'omologo d'Oltretevere. Atti finiti in un procedimento aperto a piazzale Clodio nel 2021. Un fascicolo avviato dopo che il Csm aveva chiesto informazioni su un esposto presentato al Consiglio dalla famiglia Orlandi.

La procura e le indagini

 

Nell'esposto i parenti di Emanuela sollecitavano al Csm «accertamenti sulla condotta dei magistrati della procura di Roma con riferimento ai colloqui intercorsi con il Vaticano per il rinvenimento del corpo di Emanuela». Nel dicembre del 2021 era stato ascoltato, come persona informata sui fatti, anche l'ex procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo, titolare della indagine archiviata nel 2015 dall'allora procuratore capo Giuseppe Pignatone, ora a capo del tribunale della Santa Sede. Capaldo, che nel frattempo è andato in pensione, nel corso di alcune trasmissioni televisive ha dichiarato di avere incontrato, nel corso dei suoi approfondimenti investigativi, due rappresentanti del Vaticano che gli «promisero di rivelare dove fosse il corpo» della ragazzina. Nel fascicolo romano potrebbero essere finiti elementi emersi nel corso della lunga audizione svolta in Vaticano, il 12 aprile scorso, da Pietro Orlandi che ha messo a disposizione degli inquirenti anche una corposa memoria con le indagini private promosse dalla famiglia.

Nel corso del confronto con Diddi, il fratello di Emanuela avrebbe fatto una serie di nomi tra cui quello del cardinale Giovanni Battista Re, attuale decano del Collegio cardinalizio e all'epoca della scomparsa sostituto per gli Affari generali della Segreteria di Stato. Tra le documentazioni prodotte da Orlandi, i quattro fogli di una chat, risalente ai primi anni del pontificato di Francesco, in cui si parla del caso di Emanuela. Tra gli interlocutori di questa chat ci sarebbe il cardinale Santos Abril y Castello , presidente della Commissione cardinalizia di vigilanza dello Ior e arciprete emerito della basilica papale di Santa Maria Maggiore.

 

In un'ulteriore documentazione si fa riferimento all'ipotesi che Emanuela venne trasferita in Inghilterra, una ipotesi che negli anni non ha trovato riscontri. Pietro Orlandi ha, inoltre, sollecitato l'audizione di alcuni testimoni che tra cui i cardinali Re, Leonardo Sandri e Stanislaw Dziwisz, quest'ultimo storico segretario di Giovanni Paolo II. I magistrati romani potrebbero, inoltre, convocare per una audizione Marcello Neroni, uomo vicino alla banda della Magliana. Quest'ultimo è al centro di una controversa questione legata a un audio in cui si mette in dubbio la condotta di Wojtyla, tanto che Papa Francesco è intervenuto parlando «di illazioni offensive e infondate». Sullo sfondo resta la questione della Commissione parlamentare. Nei giorni scorsi sono stati ascoltati, in audizioni informali, dalla commissione Affari costituzionali, lo stesso Diddi, Pignatone e il capo dei pm di Roma, Francesco Lo Voi. Per il promotore vaticano una eventuale attività d'inchiesta parlamentare rappresenterebbe una «intromissione nelle indagini», mentre al capo dei pm capitolini preoccupa «la possibilità di offrire palcoscenici, ulteriori palcoscenici a qualcuno che di palcoscenici in passato ha fatto largo uso, persino per usi diversi da quelli della giustizia» riguardo al caso di Emanuela.

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