E già, per accontentare un mio amico che voleva ripetere i fasti di 25 anni fa e arrivare in cima al monte Fumaiolo, sono ritornato in quei luoghi in sella alla fedele Pinarello, qualche anno in più sul groppone, ahimè, ma per fortuna forte di un migliore allenamento. E se infatti un quarto di secolo fa, complice la scarsa preparazione e la poca conoscenza delle strade, avevo guardato poco più della mia ruota anteriore, questa seconda visita si è rivelata una meraviglia sia ciclistica che ambientale. Consiglio questo giro anche su 4 ruote ovviamente, purché senza fretta di arrivare “altrove” . Per dirla con il poeta Kavafis “quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga...” è così quella che per noi umbri è stata sempre e solo una deviazione faticosa può diventare l’occasione per la scoperta di luoghi bellissimi a due passi da casa. Da Sansepolcro la strade sale dolce e continua per una ventina di chilometri fino al Valico di Viamaggio. Qui il ristorante che ricordavo, pullulante di motociclisti e con le belle siepi curate, è tristemente chiuso. Si scende verso Badia Tebalda e poi, dopo quattro chilometri circa, in assoluta solitudine,si svolta a sinistra per risalire verso Pratieghi, pedalando in boschi ombreggiati e profumo di resina fino alle scogliere di arenaria del Verghereto. L’aria trasparente e la luce calda aprono la vista su quinte azzurrine di montagne. A Balze tutto ricorda il passaggio del giro d’Italia, a differenza di quanto succede in Umbria dove siamo abilmente riusciti a non asfaltare la strada per accogliere una tappa a cronometro e a togliere precipitosamente tutti i cartelli (di legno scheggiato) che ne segnalavano il tracciato.
La salita al Monte Fumaiolo, ultimo tratta da Balze (circa 3 km) è veramente dura per il ciclista, ma confortata dall’ombra cupa degli alberi altissimi. Non posso rinunciare a scendere di sella per vedere il cippo alle sorgenti del Tevere “sacro ai destini di Roma” come recita la marmorea lapide con tanto di aquila. Nasceva in Toscana, ma nel 1923 furono modificati i confini della provincia di Forlì perché fiume e “condottiero” avessero i medesimi natali. Se volete assaporare la meraviglia delle vecchie strade italiane, concedetevi un giro da queste parti senza scalpitare per il “rientro” in E45 che tanto non arriva mai. E’ un mondo arcano e misterioso di falci di arenaria, di vento e silenzio, di case antiche orgogliosamente rinserrate tra siepi arruffate di rose. Ogni tanto, lontanissimi, i viadotti giganteschi della E45, ma il rombo degli autoarticolati a 18 ruote non arriva fin qui. Che cosa non farebbero di queste strade (se ne avessero!) fuori dai nostri confini! Il visitatore di un giorno può apprezzare la solitudine e l’abbandono, ma, senza progetti ottusi e faraonici, con un minimo di lungimiranza e aiuti mirati a chi resiste a vivere qui, si potrebbe arginare lo spopolamento. Meglio non sognare e non immelanconirsi e concentrarsi sulla discesa lunghissima del ritorno e, non posso nasconderlo, sul piatto di tagliatelle e zabaione che mi aspettano a San Piero in Bagno rigorosamente alla trattoria del Ponte…. slurp!
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