Il fumo(geno) fa bene
a Umbria Jazz

Carlo Pagnotta, direttore artistico Umbria Jazz
di Italo Carmignani
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Lunedì 23 Luglio 2018, 23:09 - Ultimo aggiornamento: 24 Luglio, 15:33
PERUGIA - Non potendosela prendere con i soliti noti, stampa e amministratori, con la gentilezza di un tritafrunfole, l’ottantacinquenne Carlo Pagnotta se l’è presa con la sua creatura più preziosa, Umbria Jazz. Stavolta però non è un gioco dell’irreverenza guascona dell’imperturbabile e fantastico inventore del Festival. Perché a ricevere l’insulto è stato il pubblico di Uj, quelle quattromila persone che qualche notte fa hanno affollato il concerto dei Chainsmokers, due giovinastri americani che si fanno chiamare "fumatori incalliti" impegnati con luci stroboscopiche, musiche pompatissime, fumi scenografici, "fuochi" (come li chiama Pagnotta) e cui offrono tutta la loro devozione masse di diciottenni. Quei quattromila al Santa Giuliana hanno anche offerto 50 euro cadauno (biglietto unico), due litri di sudore e i timpani dati loro da madre natura.
Contro quei sordi, ma felici, domenica Pagnotta ha schierato «quello è solo rumore» e «mi scuso per questa scelta infelice». Che detto da Peppino del bar ci sta, pronunciato da chi guida, in qualità di direttore artistico, il primo festival musicale italiano, il cui vanto è intercettare le tendenze, le contaminazioni e la scoperta di talenti, segna la fine di un’epoca. Perché non siamo neanche sicuri che il geniale Pagnotta apprezzi i Massive Attack, splendidi antipatici cui si deve il pienone numero uno dell’Arena. E perché il giudizio sferzante a vantaggio di musica che lentamente si estingue, non ci fa sperare nel futuro fatto proprio da quei diciottenni che a Bologna hanno affollato lo stadio con dentro i Chainsmokers più che a Perugia solo perché costava meno. Musica o rumore, ormai non basta più chiamarsi Pagnotta per sfamare tutti.
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