Truffa alla Regione: la verità dell'ex assessore Vincenzo Riommi

Vincenzo Riommi, ex assessore regionale ed ex vice sindaco di Foligno
di Egle Priolo
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Domenica 19 Febbraio 2023, 09:00

PERUGIA - Nessuna truffa e nessuna malversazione: i contributi pubblici ottenuti per commercializzare il cashmere tecnico made in Foligno sono stati usati per i fini per cui erano stati erogati. Vincenzo Riommi e Nico Valecchi, indagati dalla procura di Spoleto in riferimento a 97mila euro finanziati dalla Regione per il tessuto Cashtech della loro start up Palazzo Giusti Orfini srl, si difendono prima ancora dell'udienza preliminare del 28 febbraio in cui il giudice Federica Fortunati dovrà decidere se mandarli a processo per truffa alla Regione Umbria e malversazione di erogazioni pubbliche.

E, dopo aver già provato a spiegare la correttezza del proprio operato in fase di indagini al pubblico ministero Vincenzo Ferrigno, i due imprenditori sono certi di essere estranei alla accuse, come ribadisce l'avvocato Nicola Di Mario, legale dell'ex assessore regionale prima alla Sanità e poi allo Sviluppo economico (Valecchi è difeso dall'avvocato Guido Bacino). «Le notizie sulla pendenza di un procedimento penale a carico del dottor Vincenzo Riommi - spiega Di Mario - necessitano di alcune doverose puntualizzazioni che varranno ad escludere, all’esito della udienza preliminare, la fondatezza giuridica degli addebiti mossi nei confronti dell’imputato». E l'avvocato entra nel merito, anticipando i temi che saranno dibattuti davanti al giudice: «Va precisato, da subito, che lo stesso Gip presso il Tribunale di Spoleto, a fronte di una richiesta di sequestro preventivo avanzata dal locale Ufficio di Procura, ha escluso, nel febbraio 2022, perfino la astratta configurabilità di uno degli illeciti penali contestati – ricorda l'avvocato Di Mario -. Con riferimento, poi, alle residue censure di truffa e malversazione a danno dello Stato, il Tribunale della libertà di Perugia, a fronte della istanza di riesame avanzata dalla difesa, ha annullato la misura cautelare reale ritenendo insussistenti gli elementi costitutivi di entrambe le asserite violazioni sul presupposto che la società riferibile a Vincenzo Riommi avesse non solo conseguito in modo legittimo i finanziamenti pubblici erogati ma anche impresso, alle somme ricevute, una destinazione di impiego coerente con le finalità previste dal bando». Ma non solo. Perché l'avvocato Di Mario sottolinea un particolare considerato dirimente: «La piena liceità delle condotte tenute da Vincenzo Riommi era già stata riconosciuta dalla stessa Regione dell’Umbria che, preso atto dell’effettivo rispetto del vincolo di utilizzo degli importi assegnati, aveva liquidato, con determina dirigenziale del 15.09.2021, il saldo del contributo a favore della società Palazzo Giusti Orfini».
Saldo di oltre 40mila euro dopo i 97.356 ottenuti in tre tranche nel 2017, quando la Regione aveva stabilito di finanziare «un importo pari a 139.080,00 euro, corrispondente al 40% dei costi indicati in domanda (euro 347.700,00)» per il progetto della realizzazione e commercializzazione di uno speciale tessuto tecnico, che invece – è ancora la tesi della procura – non sarebbero mai avvenute.

La procura, infatti, insiste come i soldi pubblici siano stati erogati «a fronte di una produzione mai iniziata e senza nessuna commercializzazione del tessuto denominato Cashtech», grazie ad «artifici e raggiri» come «costituire la predetta società, priva di una adeguata sede operativa, al solo scopo di percepire i contributi pubblici erogati dalla Regione Umbria; far risultare nella domanda di ammissione al contributo: l'acquisto di macchinari per un importo pari a 106.000 euro, mai effettuato e il deposito del brevetto relativo al tessuto Cashtech, senza in realtà poi procedere alla industrializzazione del brevetto stesso». Tutte accuse che invece i due, indagati in qualità di amministratori della società, rispediscono al mittente. La parola adesso passa al giudice.

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