Truffa alla Regione, chiesto il processo per l'ex assessore Vincenzo Riommi. La difesa: «Pronti a dimostrare la correttezza delle procedure»

Vincenzo Riommi
di Egle Priolo
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Sabato 18 Febbraio 2023, 10:27 - Ultimo aggiornamento: 10:39

PERUGIA - Truffa alla Regione Umbria e malversazione per 97mila euro di contributi pubblici ottenuti ma non destinati – secondo le accuse – ai progetti per cui sono stati erogati. Queste le contestazioni che la procura di Spoleto muove all'ex assessore regionale Vincenzo Riommi e a Nico Valecchi «in qualità di amministratori p.t. della società Palazzo Giusti Orfini srl». In base alle accuse del sostituto procuratore Vincenzo Ferrigno i due, in concorso tra loro, avrebbero indotto «in errore la Regione Umbria in ordine al possesso dei requisiti necessari per accedere» al contributo concesso con una determina dirigenziale del gennaio 2017 «per un importo pari a 139.080,00 euro, corrispondente al 40% dei costi indicati in domanda (euro 347.700,00)». Per cosa? Per il progetto della realizzazione e commercializzazione di uno speciale tessuto, un cashmere tecnico, definito Cashtech, tra gli oggetti dell'attività della società con sede a Foligno.

I contributi, come riassume il pm nella richiesta di rinvio a giudizio, erano erogati in relazione all'Avviso a sostegno delle nuove Pmi innovative del 2016, nell'ambito del Piano operativo regionale 2014/2020 che appunto prevedeva un «sostegno alla creazione e al consolidamento di start up innovative ad alta intensità di applicazione di conoscenza e alle iniziative di spin-off della ricerca».
Ma per ottenere quel contributo, insiste la procura di Spoleto, i due amministratori avrebbe posto in essere «artifici e raggiri» come «costituire la predetta società, priva di una adeguata sede operativa, al solo scopo di percepire i contributi pubblici erogati dalla Regione Umbria; far risultare nella domanda di ammissione al contributo: l'acquisto di macchinari per un importo pari a 106.000 euro, mai effettuato e il deposito del brevetto relativo al tessuto Cashtech, senza in realtà poi procedere alla industrializzazione del brevetto stesso». La procura di Spoleto è quindi convinta che i due indagati non abbiano neanche sostenuto le spese finite invece in sette elenchi riepilogativi e il pm Ferrigno è pronto a chiedere il processo al giudice nell'udienza fissata per  il  28 febbraio.
Nella sua ricostruzione, la società ha ottenuto alla fine (con determine del maggio 2017) 97.356 euro in tre tranche, liquidate a titolo di acconto nello stesso giorno «a fronte di una produzione mai iniziata e senza nessuna commercializzazione del tessuto denominato Cashtech». Da qui l'accusa anche di malversazione, non essendo state rispettate – sempre nella tesi accusatoria – «le finalità descritte nella domanda di ammissione al bando e nella determina di concessione del contributo».
LA DIFESA
I due indagati, difesi dagli avvocati Nicola Di Mario e Guido Bacino, sono invece pronti a dimostrare la correttezza del loro operato e l'estraneità totale alle accuse contestate, come ribadito lungamente in sede di indagini preliminari e nelle varie fasi che hanno anticipato la richiesta di rinvio a giudizio della procura.

E fermo restando che non sono accusati di aver intascato i soldi ma semmai di averli destinati ad altre attività della loro srl. Ora, comunque, i campionari in cui è stato inserito il Cashtech, le carte che documentano tutte le spese effettuate e la destinazione finale dei soldi pubblici ottenuti della Regione arriveranno sulla scrivania del giudice per l'udienza preliminare che in base a tutta la documentazione deciderà se mandare a processo o meno Riommi e Valecchi. Insomma, se convalidare la tesi dell'accusa o certificare la bontà delle prove portate in aula decidendo quindi per il loro completo proscioglimento.

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