La criminologa Roberta Bruzzone a Terni racconta: “Quando l’amore diventa una trappola mortale"

incontro presso l'Hotel Garden
di Federica Mosca
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Martedì 3 Maggio 2022, 08:53 - Ultimo aggiornamento: 08:57

Terni - “Quando l’amore diventa una trappola mortale: manipolazione e dipendenza affettiva”. Questo il titolo dell’incontro che la criminologa investigativa e psicologa forense Roberta Bruzzone ha tenuto venerdì scorso all’Hotel Garden, in collaborazione con la FNISM di Terni.
“A che punto siamo per quanto riguarda il contrasto della violenza sulle donne?” è la prima domanda che il professor Fausto Dominici, docente del Liceo Classico G.Tacito ha posto alla dottoressa, che ha spiegato: “Dal punto di vista delle leggi il nostro paese sulla carta è perfetto, ma è nella pratica che ci si perde. Colpa, sicuramente, dell’ impronta patriarcale, che porta tutti a sottovalutare i casi di maltrattamento domestico. A partire da chi di dovere e dal modo in cui si approccia alle segnalazioni - spiega Bruzzone - Ancora troppo spesso le forze dell’ordine, soprattutto nelle realtà più piccole, invece di prendere atto delle denunce, invitano la vittima a tornare a casa e a sistemare il tutto magari cucinando il piatto preferito del maltrattante. Basti pensare che in una città come Roma vengono fatte minimo cinquanta segnalazioni a settimana. Ma c’è da considerare che la maggior parte delle vittime non denuncia. In media solo due casi su dieci vengono segnalati. Senza scordare che quando arrivano i rinforzi, spesso è già troppo tardi. Significa che qualcosa di grave è già avvenuto”.

Poi si rivolge agli insegnanti. La sala è gremita. “La vera sfida è quella culturale e voi sapete bene quanto sia difficile. Ormai siete i nemici numero uno delle famiglie perchè le portate a fare i conti con la realtà ed è molto più comodo puntarvi il dito contro. Il vero problema è che abbiamo un’enorme emergenza di tipo valoriale, educativo e  culturale. Non ci si rende conto che la scuola non deve insegnare ai figli a stare al mondo. Quelli sono i genitori. Cercare di trasformare la scuola in un’agenzia educativa è un’utopia. I genitori sono fondamentali. Spesso giro per le scuole per gli incontri. Le risposte che mi danno alle domande che pongo ai ragazzi mi lasciano perplessa. Alla domanda “Cosa faresti se il tuo fidanzato ti chiedesse di restare a casa mentre lui esce a divertirsi con gli amici?” La media delle risposte di ragazze che hanno appena varcato la soglia nell’adolescenza è: “Se lo fa è perchè tiene a me, perché mi ama. La stessa risposta alla domanda riguardo l’alzare le mani per gelosia. Ma non c’è molto da stupirsi se si pensa a quante famiglie ancora oggi scoraggiano le figlie nella scelta di studi scientifici perché è “roba da maschi”.
Il problema principale, secondo la Bruzzone, è negli stereotipi che ormai fanno parte della società e non fanno altro che riproporsi nelle situazioni di vita quotidiana, dalle più banali.
“Nel mio testo Favole da incubo ho raccontato come si è arrivati a vicende tragiche per colpa degli stereotipi culturali e dell’entourage delle vittime. Si tratta di storie tutte identiche alla base perché piene di stereotipi di genere tragicamente attuali”. Banalmente una madre che prima di punire i figli dice “Ne parliamo dopo con vostro padre”, sta dicendo che anche lei è sotto il dominio del marito. È un modello che abbiamo dentro e non ce ne rendiamo conto. Basta andare in un negozio di giocattoli -continua- e osservare che nel reparto bambina troviamo solo forni, cose per la cura della casa e delle bambole, come a dire: piccole badanti crescono. Come se l’unico progetto educativo per le bambine fosse prendersi cura di qualcuno. In sintesi, come si può parlare di  contrasto quando ancora è diffusa l’idea che la massima realizzazione per una donna sia la maternità? Ed ecco un altro stereotipo di genere. Esisti solo nella misura in cui fai figli e devi esserne felice. E come possiamo pensare di fare squadra tra donne se l’altra è vista come un competitor che, in quanto moglie o amante di, è sempre potenzialmente pronta a rubare il posto? O, peggio, che quando è vittima di stupro o violenza, viene additata dalle stesse donne perché “è stata lei a provocare”?.
E ancora il problema della mancanza di attenzione da parte delle famiglie che, osserva la dottoressa, non si accorgono di quello che accade nella camera accanto dei propri figli. Bambini che, a una media di dodici anni, già fanno uso di droghe pesanti e psicofarmaci, davanti ad una massa di genitori increduli. Porta l’esempio di un caso di dodici ragazzine di tredici anni che gestivano una videochat erotica da casa, nelle proprie camerette, percependo soldi tramite postepay. I familiari non ci credevano finchè non sono stati mostrati loro i video, racconta.
I giovani sono prigionieri dello sguardo degli altri e da qui il problema dell’utilizzo scorretto dei social. “Saranno tutte vittime perché non hanno rispetto di se’. Buttarsi via al giorno d’oggi è facilissimo. Ed è in questo modo che si trasformano piccole donne in vittime.

Convinte che non hanno valore a meno che qualcuno non le scelga – dice la Bruzzone. Bisogna contrastare questo grave scenario”.

Continua la criminologa: «Quello che oggi non aiuta famiglie e scuola sono i modelli proposti dalla tv che fa delle relazioni tossiche la normalità. Bisogna spiegare a ragazzi e ragazze cosa succede quando ci si innamora, ma soprattutto come riconoscere una relazione tossica e i suoi confini, perché i limiti con l’amore vero non vanno d’accordo. Quante volte riteniamo normali delle relazioni sbilanciate? Non ci si rende conto che spesso ci troviamo davanti ad un maltrattamento psicologico che non viene neanche denunciato perchè scambiato per una parte fastidiosa e quindi accettabile del carattere del partner. Ma attenzione: i modelli familiari e generazionali si trasmettono. Come commentare fatti di cronaca, che siano stupri o violenze, davanti ai bambini affermando che “però se l’è cercata” significa solo inculcare nella loro testa questo messaggio e crescerli potenziali vittime o carnefici.Il problema più grande è proprio lì: nella normalità dello stereotipo, nella frasetta. Dobbiamo ribaltare questi ultimi, partendo proprio dal quotidiano.In un mondo che, alla partenza di Samantha Cristoforetti per lo spazio polemizza sul fatto che debba lasciare i figli a casa per sei mesi".

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