Orvieto. Droga in carcere nascosta negli involtini di bresaola, in tre denunciati dalla Polizia di Stato

L’attività di indagine, lunga e laboriosa, è proseguita per diversi mesi ed ha portato al deferimento di tre persone per traffico di sostanze stupefacenti.

Orvieto. Droga in carcere nascosta negli involtini di bresaola, in tre denunciati dalla Polizia di Stato
di M.R.
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Martedì 28 Marzo 2023, 10:32 - Ultimo aggiornamento: 15:03

La cooperazione tra Polizia di Stato e Polizia Penitenziaria, sotto la direzione della Procura della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Terni, ha consentito di individuare tre presunti responsabili di un traffico di sostanze stupefacenti verso il carcere di Orvieto.

L’indagine è iniziata diversi mesi fa con la consegna, tramite corriere, di un pacco contenente generi alimentari e destinato a un detenuto di origini nordafricane, recluso presso la locale Casa Circondariale. Agli agenti della Polizia Penitenziaria il pacco ha fatto nascere subito dei sospetti, in quanto il detenuto non risultava avere parenti in Italia così si è proceduto al controllo dell’involucro ed è emerso che, avvolti in un’abbondante quantità di involtini di bresaola, si celavano quasi 130 grammi di sostanza stupefacente del tipo hashish e marijuana.

La Polizia Penitenziaria ha quindi informato di quanto accaduto il personale della Squadra Anticrimine del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Orvieto, che ha immediatamente informato la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Terni, che ha assunto la direzione delle indagini. É iniziata così una serie di accertamenti, che hanno consentito di individuare la persona che aveva spedito il pacco e di risalire alla moglie di un altro detenuto italiano, anch’egli in custodia nel carcere ad Orvieto.

L’attività di indagine, lunga e laboriosa, è proseguita per diversi mesi ed ha portato al deferimento di tre persone per traffico di sostanze stupefacenti.

I tre presunti autori del reato sono il detenuto di origini nordafricane che ha fatto da tramite, il detenuto italiano reale destinatario del pacco e la moglie di quest’ultimo, per averlo spedito. A carico dell’italiano vi è anche l’accusa di "accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti" in quanto, durante le indagini, è emerso anche l’utilizzo all’interno del carcere di un telefono cellulare, poi sequestrato.

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