L'odissea di un bambino orvietano che deve rimanere a casa: per lui né Materna né Primaria

L'odissea di un bambino orvietano che deve rimanere a casa: per lui né Materna né Primaria
di Monica Riccio
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Giovedì 17 Settembre 2020, 09:13 - Ultimo aggiornamento: 17:47

In questi giorni frenetici di inizio anno scolastico le famiglie degli studenti che cambiano grado, o dei piccolissimi che entrano per la prima volta in un'aula, stanno vivendo da un lato la paura del sempre possibile contagio Covid, dall'altra l'affascinante e emozionante ingresso in una nuova scuola. A Orvieto c'è però un bambino che, a tre giorni dall'inizio delle lezioni, ancora non sa quale sarà la sua scuola, se quella dell'Infanzia o quella della Primaria. Giuseppe (nome di fantasia) ha compiuto 6 anni in estate, è iscritto alla Primaria di una scuola che fa capo al comprensivo Orvieto-Baschi ma non ha vissuto ancora il suo primo giorno di scuola.


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Piccoli segnali


Tutto inizia lo scorso anno quando il bambino comincia a manifestare dei problemi, piccoli segnali che qualcosa non va nel suo sviluppo neurologico. I genitori, che hanno anche un altro figlio adolescente, si attivano subito e chiedono una riunione dopo che le prime visite condotte da specialisti hanno confermato un disturbo del linguaggio e un problema a livello cognitivo da monitorare. In quella sede, era il dicembre 2019, la famiglia riferisce quanto suggerito dai medici, ovvero che sarebbe stato opportuno per il bambino essere scolasticamente fermato un altro anno alla Infanzia invece di passare alla Primaria. La dirigente Antonella Meatta, prende atto della situazione ma non ritiene di dover prendere alcun provvedimento in tal senso, mancando il riconoscimento della disabilità tramite Legge 104.

In marzo arriva il Covid, tutto si ferma, e Giuseppe non può essere visitato, nessuno può dunque certificare nulla su di lui. Sul finire del mese di agosto la famiglia di Giuseppe riesce a essere ricevuta a Roma, dal professor Stefano Vicari, docente universitario alla "Cattolica" e primario del reparto di Neuropsichiatria Infantile dell'ospedale “Bambino Gesù” e anche lui è concorde, e lo scrive nel referto che consegna ai genitori del piccolo, che si debba fermare il bambino alla Infanzia. La dirigente però ha le mani legate: “Il fermo scolastico di un bambino alla Infanzia – spiega – è regolato da apposite norme che prevedono, come requisito necessario e indispensabile, che allo studente sia stata riconosciuta la 104. E anche in quel caso – aggiunge – è molto raro che si dia parere favorevole al fermo. Il bambino è in età sotto obbligo scolastico e pertanto deve frequentare la prima classe della Primaria. La scuola è disponibile a trovare soluzioni ma non al di fuori della legge ." 
 
La famiglia, che riferisce al contrario di non aver percepito alcuna disponibilità da parte della scuola, non ci sta, si rivolge a un legale che contatta la dirigente la quale risponde a suon di sentenze e precedenti, la situazione non si sblocca: Giuseppe non può tornare all'asilo, deve andare a scuola. La mamma non ha ancora comprato il grembiule celeste che si usa a Orvieto alla primaria, ma non ha ancora messo via quello a quadretti che si usa alla Infanzia. Non sa chi sarà la maestra di suo figlio, né quali compagni avrà accanto a sé.

Da una parte c'è una rete di norme che limita una dirigente, dall'altra una famiglia con in mano una diagnosi che, a quanto pare, pur se stilata da uno stimato professionista di fama internazionale, che tra l'altro sconsiglia l'avvio della 104 che potrebbe far sentire il bambino "diverso" ancora di più, conta poco o nulla se non riporta in calce il timbro Inps e in mezzo c'è un legale, il cui unico scopo è tutelare la salute e il benessere di un bambino che, nonostante ciò che raccontano le carte bollate, ha tutti i diritti di crescere con i suoi tempi, spazi e modi.

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