L'11 agosto del 1943
di Alvaro Valsenti:
Non basta una corona»

Alvaro Valsenti
di Alberto Favilla
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Martedì 11 Agosto 2020, 10:00 - Ultimo aggiornamento: 14:23
I ternani, soprattutto quelli più anziani, non dimenticheranno mai quello che accadde l'11 agosto del 1943 quando la città fu bombardata per la prima volta erano le ore 10 e 29 minuti - dai 44 caccia bombardieri anglo-americani. Quel raid aereo, fu il primo ma non di certo l'unico, causo un massacro umano, circa 1.000 morti, e non risparmiò nessuno. Caddero, infatti, vittime furono lanciate sulla città circa 500 bombe - anche anziani, malati e bambini.
La città dell'acciaio fu quasi rasa al suolo. Tra gli edifici presi di mira e devastati, la stazione ferroviaria, la caserma dei Carabinieri, il Municipio, il Palazzo di Giustizia, l'ospedale, la Fabbrica d'armi in viale Brin. 10 mila e 600 vani distrutti e oltre 31 mila danneggiati. Quel giorno se lo ricorda bene Alvaro Valsenti, un ex partigiano sopravvissuto ai bombardamenti. «Quel giorno a Terni accadde davvero un finimondo che distrusse l'intera città» spiega, lucidissimo, Valsenti che oggi ha 96 anni e noi oggi dobbiamo fare qualcosa di importante per ricordare tutte quelle vittime, nostri concittadini. Troppo poco mi sembra una piccola commemorazione anche perché la guerra è sempre dietro l'angolo e la pace va difesa con le unghie. A pagare fu la gente comune. L'Italia di Mussolini aggiunge Valsenti - era entrata in guerra a rimorchio della Germania nazista e noi, che non la pensavamo come loro, eravamo costretti alla clandestinità».
Era una bella mattina, calda e afosa, quella dell'11 agosto del 43 anche se l'aria che si respirava in città non era tranquilla. Il timore che Terni ( la città in quegli anni contava 45 mila abitanti) potesse essere bombardata esisteva. Alvaro Valsenti ricorda bene quei minuti tragici. Lui, che non riesce a declinare al passato quei momenti, si salvò quasi per miracolo.
«E' proprio così. Riuscii a salvarmi buttandomi dentro una formetta prospiciente al canale di via del Sersimone spiega Valsenti molti invece non ebbero la mia stessa fortuna come il mio compagno di lavoro Eriberto Bosico a cui è intitolato l'oratorio di San Francesco. Molti furono presi di sorpresa nel secondo bombardamento, intorno a mezzogiorno. Tanti ternani furono colpiti agli ingressi dei rifugi, lungo le strade, nei posti di lavoro. Una città morta divenne Terni dopo quel giorno maledetto anche perché tanti sfollarono».
Stamattina, come ogni anno, in via Lanzi, dietro a Piazza San Francesco, ci sarà la cerimonia commemorativa di fronte alla lapide che ricorda tutti i nomi 1018 - dei caduti durante quei bombardamenti.
«Ma non basta depositare una corona. A mio avviso bisognerebbe realizzare una mostra permanente conclude Valsenti, che nel '43 aveva solo 19 anni e poi facciamo suonare le campane, le sirene delle fabbriche simbolo della nostra città. Insomma, che nessuno dimentiche quel triste giorno e che il suo ricordo sia davvero di insegnamento per i più giovani».
 
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