Umbria Mobilità, ora l'inchiesta guarda
ai soldi spesi per salvare enti e società

Umbria Mobilità, ora l'inchiesta guarda ai soldi spesi per salvare enti e società
di Luca Benedetti e Italo Carmignani
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Giovedì 25 Luglio 2013, 22:44 - Ultimo aggiornamento: 26 Luglio, 00:00
PERUGIA - Nascosta dal clamore della crisi di Umbria Mobilit che ogni giorno fa trasparire situazioni al limite del paradosso, si muove l’inchiesta per il quasi default (o crac?) dell’azienda regionale dei trasporti. Senza dare nell’occhio, dopo aver fatto la mossa obbligata delle acquisizioni di carte e bilanci giusto tre mesi fa, il lavoro del pm Manuela Comodi, della squadra mobile diretta da Marco Chiacchiera e del super esperto, la professoressa Daniela Saitta, si concentra non solo sul dubbio di partenza.

Ma si posa su alcune domande che diventano un passaggio chiave per capire dove l’indagine, aperta per truffa e ai danni dello Stato o di un altro Ente pubblico, possa arrivare. Per esempio. Perché nel capitale che ha fatto nascere prima la holding regionale dei trasporti e poi Umbria Mobilità, non è stato apportato quello dei treni Minuetto della Fcu come quota della Regione? Possibile che quei 17 milioni di valore non potevano essere utili per dare gambe forti all’azienda che posava su colonne d’argilla (i bilanci di almeno due società in affanno) sin dal primo vagito? Un dubbio legittimo che, da quasi un anno, è anche al vaglio della magistratura contabile. Perché chi ha messo una valanga di carte sul tavolo del procuratore della Corte dei Conti Agostino Chappiniello ha messo anche quella semplice contabilità che sembra sfuggire alla logica. Ed ecco che quei numeri, pur essendo le due indagini logicamente separate, tornano all’attenzione dell’inchiesta più rumorosa. Che, secondo i bene informati, ha sul tavolo, e quindi all’ordine del giorno dei lavori, anche altro.

In testa la partita dei mutui. Per esattezza la storia di cinque anni di esposizioni bancarie che gli investigatori stanno interrogando per capirne la genesi all’interno di ogni società che ha dato vita a Umbria Mobilità e come l’azienda unica abbia gestito le scadenze rispetto alla crisi di liquidità che stava nascendo perché esplodeva la crisi di liquidità romana. E l’occhio di chi indaga incrocia, a proposito di Roma, le fidejussioni che Umbria Mobilità ha garantito per il Comune di Roma e per la Regione Lazio per i contratti che hanno fatto saltare il banco. Ma c’è altro che viene indagato da Procura e squadra mobile. Per esempio l’acquisto delle quote Sipa che ha garantito liquidità al Comune di Perugia appena uscito dalla vicenda del buco di bilancio. La verifica è d’obbligo perché il nocciolo dell’inchiesta che si muove per abuso d’ufficio e truffa ai danni dello Stato, non può fermarsi a quanto ipotizzato per l’acquisto, da parte di Umbria Mobilità, dell’intero capitale della Sira Srl. Cioè che quelle azioni siano finite nel portafoglio dell’azienda pubblica di bus e treni «per importi ben al di sopra delle corrispondenti quote di patrimonio netto, sostenendo costi apparentemente privi di giustificazione economica…». Così scrive il pm Manuela Comodi riferendosi all’esercizio 2011. Ed è logico che se la Procura ha quel dubbio per la Sira srl, voglia estendere la sua attenzione a tutte quelle operazioni che possano sembrare gemelle. Nelle scelte e nel modo di metterle in pratica. Possono anche quelle scelte aver terremotato la stabilità di Umbria Mobilità? Ecco il cuore del dubbio.
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