Droga sul mezzo del Comune di Perugia, aumenti del 25% e pagamenti «in natura»: ecco come funzionava lo spaccio

Droga sul mezzo del Comune di Perugia, aumenti del 25% e pagamenti «in natura»: ecco come funzionava lo spaccio
di Egle Priolo
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Venerdì 9 Febbraio 2024, 11:56

PERUGIA - Dal grossista al dettagliante il prezzo sale del 25 per cento e il trasportatore viene pagato con un baratto tra merce e servizio. Un sistema economico collaudato, con un business plan seguito perfettamente dalla banda di detenuti che spacciavano droga a Perugia con l'aiuto di un dipendente comunale e del mezzo che l'amministrazione gli aveva fornito per lavorare come operaio. È quanto emerge dall'ordinanza di applicazione di misure cautelari con cui il gip Lidia Brutti ha disposto quattro arresti in carcere, uno ai domiciliari e un obbligo di firma nei confronti delle sei persone accusate di spaccio dalla guardia di finanza.

Il gip riprende le richieste della procura e in 46 pagine ricostruisce diversi episodi di cessioni di stupefacente: il Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Perugia è riuscito a documentare, con video, foto e intercettazioni, cessioni pari a 1,7 chili di hashish e 8 etti di cocaina, mentre durante le perquisizioni nell'abitazione perugina di uno degli indagati sono stati sequestrati un altro chilo di hashish e banconote per un totale di 1.250 euro, oltre - in un bar di Ponte San Giovanni, gestito da uno degli inquisiti - 100 grammi di hashish e 900 euro.
Tra questi episodi, anche i passaggi avvenuti tra Alexander Pereyra Arias (fruitore di benefici carcerari e destinatario della custodia in carcere insieme a Lucien Covarelli, Vincenzo Auricchio e Giuseppe Di Filippo, detenuto per cumuli di condanne legate alla droga e ammesso al lavoro esterno), lo stesso Di Filippo e Luciano Iacovone, imbianchino dell'Unità operativa Opere pubbliche del Comune e già licenziato: era lui – secondo le accuse - a fare da autista al capo banda con l'autocarro comunale fornito da palazzo dei Priori per svolgere i suoi incarichi. E i magistrati riassumono così uno dei passaggi: «Alexander cede 50 grammi di cocaina a Di Filippo Giuseppe al prezzo di 2.000 euro (40 euro al grammo); successivamente, Di Filippo trasporta, unitamente a Iacovone Luciano ed utilizzando l'automezzo di proprietà comunale, il predetto quantitativo, per poi cederlo a Covarelli Lucien, al prezzo di circa 2.500 euro (50 euro al grammo). Nel contempo, Di Filippo cede 3,5 grammi di cocaina a Iacovone, quale corrispettivo del servizio di trasporto, realizzato attraverso il predetto automezzo».
Eccolo qui il sistema della banda, sempre in base alle accuse della procura diretta da Raffaele Cantone e passate al vaglio del giudice per le indagini preliminari Lidia Brutti che ha disposto le misure perché «vi è il concreto pericolo di reiterazione del reato; la natura dei delitti, la ripetitività ed abitualità degli episodi, i legami che gli indagati principali hanno stretto fra di loro fanno ritenere l'attualità delle esigenze cautelari».

Il gip ricorda anche come Di Filippo (considerato «il soggetto più attivo, il collante con gli altri»), Pereyra Arias e Auricchio fossero «attualmente ammessi alla fruizione di benefici carcerari», tra affidamento ai servizi sociali e ammissione al lavoro esterno al carcere. Benefici davanti alla prosecuzione di attività illecite, insiste Brutti, che sottolinea nei loro confronti la mancanza di «alcuna rieducazione, né emenda. L'opera di rieducazione sociale ha fallito». Mentre Iacovone era incensurato ma avrebbe fornito «un contributo causale effettivo e nella piena consapevolezza dell'attività delittuosa alla quale, quindi, ha concorso e dalla quale traeva benefici, ricevendo a volte, per il “disturbo”, la cocaina da consumare per sé». Accuse ora da dimostrare o smentire.

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