PERUGIA - Martedì 3 ottobre, mattina. L'aula del Capitini ospita le ultime tre ore di udienza del processo Concorsopoli. Le accuse per i presunti concorsi in sanità con l'aiutino sono anche gravi, dall'associazione per delinquere alla rivelazione del segreto d'ufficio, da una «rete di sistema» ai favori agli amici di amici, tra liste colorate e pizzini. Eppure ieri a difendersi e insieme ad attaccare è stata l'unica vera protagonista dell'inchiesta che ha terremotato l'Umbria nel 2019: la politica. Quella che comunque non paga perché sulla carta è innocente e alta, per definizione. Sempre presente e mai uscita dallo sfondo, detta il timing di un processo che tende a sfiancare anche gli appassionati e nella sua esplicitazione più popular serve anche solo a levarsi qualche sassolino da scarpe non abituate all'inattività.
Ed è così che sul banco dei testimoni arrivano un'ex vicepresidente della Regione e un'ex assessore della giunta di Catiuscia Marini: a chiamare Carla Casciari e Fernanda Cecchini è stato Nicola Pepe, avvocato dell'ex presidente finita nell'inchiesta insieme a vertici del Pd e della sanità in Umbria a.C., avanti Concorsopoli. Il senso della sua strategia difensiva Pepe lo ha spiegato in aula: «diritto di difesa e riabilitazione». E allora si capiscono le domande sulla figura istituzionale di Catiuscia Marini: «precisina e sgobbona», «preparata anche più delle persone a cui delegava le questioni». Governatrice di quelle che non devono chiedere mai. Tanto meno favori: «Mai successo», ha confermato Casciari, pur ribadendo che non avrebbe avuto comunque motivo di chiederli a lei. Ingerenze o pressioni? Mai e poi mai, dal banco dei testimoni la voce è una sola.
Eppure le contestazioni sulle correnti, le mozioni, le divisioni – compresa la crisi di giunta del 2016 per le nomine in sanità – fanno alzare il dito a Marini e Gianpiero Bocci, ex sottosegretario e segretario regionale dem. Dichiarazioni spontanee su leggi, normative, ma in fondo c'è sempre lei: la politica. E la “amicinimicizia” tra due alti esponenti del partito che dal 2010 «non si parlavano nemmeno più» e oggi devono dimostrare che “c'eravamo tanto odiati, come la facevamo insieme un'associazione per delinquere?”. Dritto per dritto in aula non lo dice nessuno, ma il senso è quello. Tanto che farebbe gioco sottolineare le riduzioni giornalistiche che all'epoca parlavano di correnti, di mariniani e bocciani. E invece in una partita a scacchi mai così sopraffina (è la politica, bellezza), si finisce per negare gli schieramenti contrapposti, se non con le parole di Bocci che parla solo di «maestri diversi» per lui e Marini.
L'ex presidente prende il microfono, quasi sfora i venti minuti, racconta la crisi con l'ex assessore alla sanità Luca Barberini e spiega il sistema delle nomine in Regione: «Le abbiamo fatte con le due giunte, nel 2013 e 2016.