Concorsopoli, i big del Pd: «Ma quale associazione per delinquere? Tra Marini e Bocci competizione e la rottura dal 2010»

Gianpiero Bocci e Catiuscia Marini inposa per una foto curiosa qualche anno fa
di Egle Priolo
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Martedì 26 Settembre 2023, 07:07

PERUGIA - «Bocci e Marini? Tra loro non è mai stata sanata la frattura delle primarie del 2010». «Associazione per delinquere? Se fare politica significa associarsi per delinquere, allora siamo tutti associati. E va cambiata la Costituzione». Le due ore e spicci dell'udienza del processo Concorsopoli si possono riassumere così, con le parole dei due testimoni chiamati dalla difesa dell'ex presidente della Regione Catiuscia Marini, imputata con altri notabili di quel Pd finito nella bufera con gli arresti del 2019 per l'inchiesta sui presunti concorsi truccati in sanità.

La prima frase è di Mauro Agostini, tra i fondatori del Partito democratico, già tesoriere nazionale nella segreteria di Walter Veltroni, deputato, senatore e sottosegretario, direttore di Sviluppumbria, amministratore della Sase e da sempre veterano della politica a sinistra. La seconda è di Gianfranco Chiacchieroni, già sindaco “bulgaro” di Marsciano, capogruppo del Pd in Regione e verace aggregatore di voti in Umbria. Entrambi ormai in pensione, ieri in aula hanno regalato a Marini per il suo compleanno la verità “terza” che le difese di chi deve combattere contro l'accusa più pesante portano avanti da anni: nessun aiutino, ma soprattutto nessunissima associazione per delinquere. E poco importa se il racconto tratteggia e fa mettere a verbale un partito spezzato da lustri.
Chiacchieroni ricorda con foga l'impegno di Marini come amministratrice e Agostini ribadisce la spaccatura tra i due elementi di spicco di quella che la procura, con i pm Mario Formisano e Paolo Abbritti, definisce invece «rete di sistema» dei concorsi truccati, l'ex governatrice e l'allora sottosegretario agli Interni Gianpiero Bocci. «Tra loro non venne mai sanata la frattura del 2010 e delle primarie. Ne fui protagonista anche io e poi mi ritirai – ricorda in aula Agostini -. Ci fu una conta tra Marini e Bocci, una frattura che credo non abbiano mai superato. E dappertutto si diceva ci fosse una certa competizione, nel lungo periodo in cui Bocci era sottosegretario quando Marini era presidente. Sono due personalità molto diverse, ognuno seguiva un suo percorso». C'era convergenza su qualcosa? chiede Nicola Pepe, avvocato di Marini. «Non lo so», risponde Agostini.

Alla domanda se Marini avesse «nel Pd una sua falange armata, un suo comitato elettorale permanente», l'ex senatore risponde di non aver «mai saputo avesse una sua corrente». I “mariniani”? «Lo scrivevano i giornali, ma che ci fosse una corrente non mi risulta. Mai viste truppe cammellate». 

L'avvocato Pepe insiste su un passaggio politico e ormai non più giudiziario, con la gelata dell'archiviazione relativa all'inchiesta sulle presunte pressioni per le dimissioni di Marini: se ingerenze ci furono, non è comunque emerso alcun risvolto penale. Dimissioni, dopo lo scoppio dell'inchiesta, che Agostini ricorda così: «C'erano altri presidenti di Regione che erano nella condizione di essere sotto indagine. Non ricordo sia stato loro chiesto in maniera pressante di dimettersi. Il caso Umbria fu particolare. Dopo gli avvisi di garanzia, l'esposizione mediatica fu tremenda. Paginate anche nazionali spingevano in quella direzione. A quel punto essendo così pressante la situazione, a mio parere, la presidente doveva andare in consiglio regionale e chiedere alla sua maggioranza di esprimere la fiducia nei suoi confronti e poi, un minuto dopo averla ottenuta, alzarsi e dire Signori me ne vado. Ma che le condizioni fossero tali da giustificare la dimissioni della presidente della Regione e lo scioglimento del consiglio regionali mi è parso un fatto assolutamente abnorme. Lo dico da cittadino».
Pepe poi si sofferma sui rapporti con Valentino Valentini, all'epoca consigliere politico della presidente, ma testimone chiave - per l'accusa - del presunto passaggio degli argomenti di una prova a una candidata. Agostini ricorda «momenti di profonda irritazione» tra i due per le notizie che volevano Valentini pronto a diventare capo della segretaria del nuovo segretario nazionale nel caso di successo di Nicola Zingaretti, lo stesso che anche in tv in quei giorni pesantissimi sollevò la necessità che Marini si dimettesse. Frizioni tra fazioni opposte, l'ombra di pressioni e dichiarazioni interessate, sullo sfondo di un processo che oggi vede in aula i testimoni della difesa di Bocci. Con la maledizione di dover dimostrare di essere amici oggi nel confermare di essere sempre stati nemici ieri.

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