Sgalla (Cgil): «Ora serve un progetto o l'Umbria resta indietro per sempre. Marini? Ha governato male»

Vincenzo Sgalla
di Federico Fabrizi
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Mercoledì 27 Novembre 2019, 11:45 - Ultimo aggiornamento: 11:47
PERUGIA - Europa, sinistra, Umbria ed Emilia. Il segretario della Cgil Vincenzo Sgalla mette a fuoco problemi e prospettive della regione con un imperativo: «La nuova giunta disegni un progetto per l’Umbria o restiamo indietro per sempre».
Sgalla, ricorda quando un anno e mezzo fa la Marini vi convocò per dare uno scossone al finale di legislatura?
«Era il 19 marzo 2018, due settimane dopo le politiche, la presidente convocò le parti sociali per discutere un piano complessivo che tenesse insieme lavoro, welfare, fondi europei e ricostruzione. Nei fatti, col vicepresidente Paparelli abbiamo discusso la parte finale della programmazione europea 2013-2020».
Pochino insomma.
«Il bilancio di quel settennato sarà che l’Umbria non avrà speso tutte le risorse che poteva spendere e soprattutto che quelle risorse non hanno creato lavoro. Questo la gente lo percepisce ed è una cosa che fa inc... diciamo arrabbiare tanti».
Ora si apre la partita per i fondi 2021-2027.
«L’Umbria sarà tra le regioni “intermedie”, quindi potremo accedere a maggiori risorse: sarà un passaggio decisivo».
Segretario, come giudica i 9 anni di Catiuscia Marini presidente? È noto che non siete sempre andati d’accordo.
«Il giudizio lo hanno dato gli elettori. Io dico questo: in Umbria la sinistra ha governato per 50 anni e sentire dire che sono stati 50 di malgoverno è fastidioso e sbagliato. L’Umbria è stata il paradigma del buon governo. Quanto agli ultimi 9 anni, in un primo momento è stato necessario fare il pronto soccorso di fronte alla crisi, nella seconda parte a mio avviso la giunta ha governato male».
Un pugno nello stomaco. Spieghiamo.
«La crisi da noi è arrivata un po’ più tardi rispetto ad altre realtà, ma quando è arrivata sinceramente era difficile fare altro da quanto s’è fatto, poi però è mancata una vera idea progettuale di come doveva essere l’Umbria. Dal nostro punto di vista era decisiva la coesione sociale».
La colpa di Catiuscia Marini è stata di non ascoltarvi?
«Nel 2014 Bonaccini in Emilia venne eletto con un’affluenza al 37 per cento e il 49 per cento dei consensi, distanziano il centrodestra di quasi 20 punti. Nel 2015 l’affluenza in Umbria fu del 55 per cento, la Marini fu eletta col 42 per cento, 3 punti di vantaggio sul centrodestra. Bonaccini una settimana dopo il voto convocò tutti per fare un grande patto sociale, noi avevamo chiesto alla Marini di fare lo stesso».
La politica non ha capito l’emergenza?
«Diciamo la verità: siamo all’interno di dinamiche mondiali in cui non si può chiedere a Marini o Tesei d’invertire la rotta, persino un Presidente del Consiglio ha un ruolo relativo in certi contesti, però il punto è quale strada intraprendere. I processi di cambiamento in corso saranno così radicali che chi non si attrezzerà resterà indietro per sempre. Ora io credo che l’Umbria possa giocare la sua partita, però...».
Però?
«Però non puoi ostinarti ad affrontare certe sfide con strumenti come Gepafin o Sviluppumbria vecchi di quarant’anni... Oggi abbiamo difronte agli occhi una realtà chiara: si è poveri pur lavorando e questo va cambiato. Noi alcune idee ce le abbiamo, ma abbiamo piattaforme diventate ormai piattaferme».
Caliamo qualche carta, segretario.
«Metter mano alla legge sugli appalti: basta col massimo ribasso. Rilanciare un modello di sanità universalistica e di welfare allargato. Un intervento choc sulle infrastrutture: strade, treni e dico anche aeroporto, non possiamo rassegnarci all’idea che sia il trentaduesimo in Italia... ma anche lì: serve un progetto».
Le fa strano confrontarsi con un presidente di regione di centrodestra? È una prima volta di tante cose.
«Beh ora non ci sono più alibi per nessuno. Ma sia chiaro: Donatella Tesei è la presidente della Regione Umbria e noi siamo pronti al confronto. Certo, sui principi io e Salvini siamo lontani».
Obiezione scontata: siete lontani, ma gli operai votano Lega.
«Quando noi abbiamo parlato in certi termini di lavoro, sviluppo e disuguaglianze da colmare le nostre manifestazioni erano piene, quindi c’è uno spazio per la sinistra per recuperare terreno».
Qualcuno vi vede come un pezzo del sistema.
«Se sistema c’è stato, noi non ne abbiamo fatto parte: questo garantisce gli oltre 100mila iscritti alla Cgil dell’Umbria».
Tocca a voi ora rimettere in piedi la sinistra?
«Non abbiamo l’ambizione di sostituire i partiti. Io penso un’altra cosa: che nei gruppi dirigenti, tutti, serve un’apertura vera, ma oggi non la vedo. Quel voto di un mese fa è complessivo e riguarda tutti, anche al Cgil».
A proposito di confronto con il centrodestra: lo fate già nei Comuni, da Perugia a Terni.
«Non c’era commistione prima e non c’è conflitto adesso. Però se citiamo Perugia e Terni, io dico che le amministrazioni non sono tutte uguali. Quanto all’amministrazione della città in cui vivo, noto molta continuità col passato e penso al ragionamento fatto prima: chi amministra deve avere il coraggio di mettere in campo un progetto, possibilmente che vada oltre il solo buon buonsenso. Per età e non solo a Romizi spetterebbe essere protagonista».
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