La connessione tra l’eccessiva assunzione di marijuana nel periodo dell’adolescenza e la perdita di smalto delle funzioni mnemoniche in età adulta è stata dimostrata dall’equipe americana sulla base di alcune prove cognitive e dell’esame della risonanza magnetica: sottoposti al test, gli ex “irriducibili dello spinello” - oggi lontani dal vizio da circa due anni ma segnati tutti da un passato di consumatori di marijuana al ritmo di una canna al giorno per un triennio ai tempi della scuola - hanno fornito risposte molto inferiori a quelle prodotte da un campione di non fumatori utilizzato come termine di comparazione. Addirittura, il gap è pari a un significativo meno 20 percento, con l’aggravante di pericolose alterazioni strutturali proprio in corrispondenza dell’ippocampo evidenziate inequivocabilmente dalle risonanze.
Come se non bastasse, inoltre, gli studiosi della Northwester University hanno stabilito come in certe patologie schizofreniche il differenziale tra i malati amanti della cannabis e quelli non fumatori arrivi fino a toccare il ventisei percento. Considerato l’innegabile ascendente della “maria” sulla popolazione giovanile mondiale, c’è davvero da preoccuparsi.