Pianeta Blu. Il consumo di una risorsa limitata. Soldini: «L’ho visto riscaldarsi fino a sembrare brodo»

Per il navigatore in solitaria ormai “Non basta sperare nell’azione, serve proprio l’azione”

Pianeta Blu. Il consumo di una risorsa limitata. Soldini: «L’ho visto riscaldarsi fino a sembrare brodo»
di Alessandro Terradura
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Venerdì 5 Aprile 2024, 08:47 - Ultimo aggiornamento: 13:54

​Per avere una immagine completa della Terra, che consenta di definire distintamente l'intero globo, è necessario arrivare quanto meno ad un’altitudine di 16.000 km. Se fotografassimo l’Oceano Pacifico, coprirebbe completamente la Terra. Un Pianeta blu, fatto di 1.386.000.000 chilometri cubi di acqua. E gli oceani ne contengono circa il 96,5%. Il rapporto fra le attività umane e il naturale alternarsi di stagioni climatiche, più o meno calde, è un equilibrio precario che rischia di entrare in crisi. È inutile rimarcare che dal mare dipende gran parte della nostra esistenza, dall’influenza sulle correnti marine all’innalzamento del livello delle acque, dal clima alle precipitazioni. Non volendo emettere giudizi, né in un senso né nell’altro, ma affidandoci all’esperienza di chi vive il mare, di chi vede il mare, ci possiamo “almeno” fermare e ascoltare per un momento chi è un osservatore sul campo. Senza pregiudizi, campanilismi o complottismi. Giovanni Soldini è un navigatore per definizione. Innata attitudine per le “solitarie”. Sfida nelle regate ma soprattutto con sé stesso. In mezzo al nulla. Spirito libero appassionato della natura, le prime traversate in solitaria degli anni novanta e poi i tanti record conquistati. Venticinque anni di regate oceaniche, due giri del mondo in solitaria. L’Around Alone, vinto nel 1999 e noto alle cronache anche per il salvataggio di Isabelle Autissier, il Boc Challenge del 1995, secondo nella classe 50 piedi. Nel 2014 conquista il primo posto alla Cape2Rio, stabilendo anche il nuovo record in 10 giorni, 11 ore, 29 minuti, 57 secondi. In mezzo tanti record e trofei, sfide vinte preparandosi a quella più impegnativa. Raccontare il Pianeta Blu. Adesso!

Soldini, cosa rappresenta viaggiare per mare per lei?

“In barca hai la grande libertà è poter andare da un posto all’altro utilizzando solo l’energia della natura. Cosa c’è di più bello? Ho cominciato a navigare proprio perché mi entusiasmava l’idea di viaggiare così”.

Nel 2016, dopo un intenso triennio sul Vor70 Maserati, per Giovanni Soldini e il suo Team è iniziata la nuova sfida con Maserati Multi 70. Nel 2018 conquista il record della Rotta del Tè sulla tratta Hong Kong-Londra, percorrendo 15083 miglia in 36 giorni, 2 ore, 37 minuti e 12 secondi. Nel 2019 partecipa alla 11a edizione della RORC Caribbean 600 vincendo e conquistando il record per i multiscafi, 1 giorno, 6 ore, 49 minuti e 0 secondi. Nel 2021 ha fissato cinque nuovi record. Nel 2022 ha raggiunto la Line of Honour della RORC Transatlantic Race. Il 2023 si apre con il record di velocità alla RORC Transatlantic Race e si conclude con una competizione molto più impegnativa.

Confrontarsi con la “pazzia” dell’agire umano.

Regate in equipaggio o in solitaria, differenti esperienze differenti emozioni. Cosa prova quando è solo in mezzo al mare.

“Nelle navigazioni in solitaria, le grandi compagne di viaggio sono la barca e la natura selvaggia. Con la prima si sviluppa un rapporto simbiotico, si impara ad ascoltarla, ogni rumore e scricchiolio, ogni rollio può guidarti e mantenerti vigile.

Con la natura, nell’amplificazione che la solitudine comporta, il rapporto si fa più profondo, ogni incontro ti colpisce e ti commuove, ti fa esultare e sentire vivo.

Quando si naviga da soli il grande assente è il confronto, prendere decisioni è più difficile e maggiore è anche lo sforzo di valutare oggettivamente le situazioni: è una condizione in cui i sensi si acuiscono così come la concentrazione e tutto risuona più forte, a cominciare dai dubbi.

Del navigare in equipaggio mi piace molto, l’incontro di esperienze diverse, è motivo di continuo arricchimento, ne esci migliorato come marinaio e come uomo”.

Soldini intraprende un viaggio intorno al mondo di oltre 44mila miglia a bordo del suo trimarano Multi 70 Maserati per una inusuale sfida, un laboratorio in cerca di dati e storie, che viene condivisa on line tappa dopo tappa, su aroundtheblue.org, per diventare un punto di riferimento per le tematiche relative alla sostenibilità dei mari.

Una rotta scientifica per andare alla scoperta degli Oceani, che sono il cuore e la culla della vita, regolatori del clima e produttori di ossigeno, per conoscere lo stato di salute di una immensa ma non illimitata risorsa.

L’Oceano copre il 70% della superficie del pianeta e il suo stato potrebbe mettere in serio pericolo l’equilibrio della Terra.

Il mare sembra infinito come lo ha visto cambiare negli ultimi anni?

“L’ho visto cambiare eccome, riscaldarsi fino a sembrare brodo, riempirsi di plastica monouso e rifiuti di ogni genere. Ormai gli impatti con oggetti galleggianti anche in mezzo all’oceano più estremo sono all’ordine del giorno: molti sono residui della pesca, boe, reti, galleggianti e cime, ma ci è capitato di schivare scaldabagni e, una volta, anche una cabina telefonica”.

La conservazione e la protezione dell’Oceano sono tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.

È necessario osservare, misurare e quantificare i cambiamenti in atto, perché il mare fornisce ossigeno, assorbe l’anidride carbonica, ed è fonte di cibo per milioni di organismi, compreso l’uomo, contribuendo in maniera determinante alla regolazione delle temperature e del clima delle varie regioni continentali.

Perché è importante misurare la quantità di co2 sulle acque?

“Su Maserati Multi70 ho installato l’Ocean Pack, una macchina capace di raccogliere dati in superficie tra cui la temperatura, la salinità e la CO2. L’ho fatto perché il trimarano viaggiava molto, su rotte non commerciali, e mi sembrava utile mettere la barca al servizio di un programma di monitoraggio. Il mare è ancora poco conosciuto rispetto alle dimensioni e al ruolo che gioca nella vita del pianeta e questi sono tutti dati preziosi per la comunità scientifica che affronta la sfida di mappare le criticità e studiare le opportune cure, ma sono dati complicati da avere perché non c’è altro modo che raccoglierli sul campo. E il campo è sterminato e sotto monitorato”.

Lei vive da sempre in mare ed è un osservatore privilegiato. Il problema della plastica e degli oggetti galleggianti, che impatto hanno su un sistema così delicato?

“Un impatto devastante, avvelenano, soffocano la vita condizionando la capacità che il mare ha di regolare il clima e i fenomeni atmosferici che infatti sono in tilt”.

E la pesca intensiva nelle acque internazionali come influisce sull’equilibrio del nostro ecosistema?

“Immaginiamo il mare come una riserva infinita e questa percezione non potrebbe essere più sbagliata. Soprattutto i paesi più ricchi sfruttano le risorse in modo spregiudicato e incontrollato invece di darsi il comune orizzonte di tutelarlo e amministrarlo con giudizio e lungimiranza”.

I nostri mari sono sempre più caldi.

Il calore prodotto dall’effetto serra è assorbito in gran parte dalle acque che bagnano il pianeta. L’oceano assimila gran parte dell’anidride carbonica prodotta dalle attività umane, ma con quali conseguenze ancora non lo sappiamo.

Facendo appello alla sua esperienza di navigatore, l’aumento della temperatura dell’acqua come influisce sui cambiamenti climatici del pianeta?

“Gli oceani svolgono da sempre un ruolo fondamentale nel mitigare l’impatto dei gas serra: assorbono oltre il 25 per cento della CO2 atmosferica. Oggi, però, questa funzione è in crisi e l’aumento della concentrazione di CO2 acidifica i mari. Con l’acqua più acida è difficilissimo lo sviluppo della vita, e se viene a mancare il livello primario della catena alimentare, il mare muore”.

Ma siamo già ad un punto di non ritorno?

“Siamo senz’altro al punto di rottura, serve un cambio radicale di modelli di sviluppo.

La lotta al cambiamento climatico non è più solo una sfida culturale: è politica. Bisogna cambiare il nostro modo di produrre, consumare, viaggiare, rivedere le nostre abitudini, ed è vero che ognuno deve fare la sua parte, ma occorre che questa rivoluzione sia priorità dei governi, con leggi, tutele, investimenti. Con cura”.

Salvare il mare è salvare il pianeta?

“Il mare copre il 70% della superficie della Terra, non serve neanche fare i calcoli”.

Cambiare rotta, anche dopo i deludenti risultati della COP28, è un’utopia o ancora ci si può sperare?

“Non basta sperare nell’azione, serve proprio l’azione”.

E' necessario attuare strategie di adattamento controllo e mitigazione.

È un problema poco sentito dalla massa, lontano dai rumori del traffico, ma è necessario cambiare la cultura attraverso la comunicazione, la divulgazione, per attivare sui Governi la necessaria pressione al cambiamento.

Di fronte all’emergenza climatica non esistono ruoli né confini, ognuno nel suo piccolo deve fare la sua parte.

“Ogni minuto che lasciamo passare senza cambiare rotta, ci costerà caro”.

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