Berrettini: «Il tennis per me è gioia»

Berrettini: «Il tennis per me è gioia»
di Piero Valesio
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Sabato 26 Giugno 2021, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 27 Giugno, 11:52

Quasi non ci si ricorda più di quando, due anni fa, Matteo Berrettini fu travolto sul Centrale di Wimbledon da Roger Federer. Quello di allora era il ragazzo Berrettini che si affacciava al cospetto dei più grandi. Quello di oggi è stabilmente numero 9 al mondo, campione fra i campioni che non subisce più le personalità altrui. Ai Championships, che iniziano dopodomani, esordirà con Pella.
Matteo, passata l’arrabbiatura di Parigi?
«Quando hanno fermato me e Djokovic per far uscire gli spettatori alle 23 più che altro mi è dispiaciuto. Perché c’era il clima giusto per proseguire la battaglia. Poi è stato tutto diverso. E ho detto: peccato. Ma quando ho visto che invece la gente, nonostante il coprifuoco, l’hanno lasciata lì nella semi fra Nole e Nadal allora mi sono arrabbiato davvero».
E ne aveva ben donde.
«Un cambio di trattamento senza senso. Ma ormai non ci penso più. Certo che quelle urla di Nole sono state motivo di orgoglio per me».
Perché?
«Mi sono detto: però, quanta tensione gli ho fatto crescere dentro. Per sfogarsi in quel modo...».
A proposito: il suo menàge di coppia con la Tomljanovic come procede? Litigate ogni tanto?
«Ammazza. Più che altro è successo durante il lockdown quando siamo rimasti tre mesi “bloccati” in Florida. Mica facile restare insieme sempre e sotto lo stesso tetto. Però quelle liti ci sono servite parecchio a far crescere il rapporto. Stiamo proprio bene, insieme».
Non siete una coppia social. Anche se proprio ieri è circolato un microvideo di un suo cocktail con Ajla e Donna Vekic.
«Usciamo anche noi ogni tanto... Ma non siamo per nulla schiavi dei social. Ci vediamo appena è possibile, quando ci riusciamo ci piace stare per conto nostro. Non esibire».
Più difficile restare in lockdown con la propria compagna o migliorare il rovescio?
«Svelo un segreto: nella mia vita ho trascorso molto più tempo ad allenare il dritto che il rovescio».
Spieghi, please.
«Si era capito subito che i miei punti forti erano il servizio e il dritto. E allora ci siamo detti: dobbiamo imparare a portare a casa più punti possibili con queste che sono le mie armi. Il resto possiamo migliorarlo ma su quei due fondamentali devo diventare devastante».
Beh, obiettivo raggiunto. Anni fa un bimbo le chiese: diventerai numero 1 al mondo? E lei rispose: sto lavorando per questo.
«Era per infondere autostima nel bimbo... Però una certezza ce l’ho: adesso non parto battuto con nessuno. L’ho capito contro Djokovic. A volte mi dico: guarda dove sono arrivato».
A vincere il Queen’s. Mica bruscolini.
«Lì ho sentito proprio il profumo della Storia con la S maiuscola. Quello non è un luogo come gli altri. Bisogna esserci per capirlo. Quando ero bambino io avevo i miei sogni: ma un conto è sognare di vincere su quell’erba, altra questione è riuscirci. Lo dico sinceramente: mai avrei pensato di arrivare così in alto. Sorrido quando ci penso».
Ah, il sorriso: quello più amato dalle mamme italiane.
«Glielo hanno detto loro?».
Ogni giornalista ha le sue fonti.
«Allora mi fa piacere. Sarà perché io vengo da una famiglia dove col sorriso abbiamo sempre avuto, come dire, confidenza. Se oggi sono ciò che sono è perché ho respirato quell’aria e ho avuto genitori che mi hanno indicato la strada giusta per vivere bene».
Il complimento più dolce che le ha fatto sua madre.
«Che è orgogliosa di me. Ma non per quello che vinco, se vinco, o per come gioco. Per ciò che sono».
Questa andrebbe scritta all’ingresso di tutti i circoli.
«Far felice la mia famiglia è fonte di gioia. Non dimentichiamo mio fratello Jacopo, tennista pure lui: non riusciamo a vederci granché, però ci sentiamo spessissimo. Abbiamo bisogno l’uno dell’altro. E fra esseri umani o c’è questa cosa o non c’è».
Come è la vita a Wimbledon in tempi di variante Delta?
«Una meraviglia. Scherzo, ovviamente. Siamo tutti in un hotel del centro di Londra e ogni giorno ci sciroppiamo un’oretta di viaggio per arrivare a Wimbledon e un’oretta, se non di più, per tornare. Tampone obbligatorio ogni due giorni».
Aspettando la rivincita con Djokovic che potrebbe arrivare solo in finale.
«Certo la prospettiva di giocare nel Centrale pieno senza che se ne vada nessuno... Non sarebbe male».
Così farà innamorare anche le mamme d’Inghilterra.
«Intanto ringrazi quelle italiane, a nome mio».

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