Sergio Parisse rugby Italia, i capitani Massimo Giovanelli e Michele Lamaro: «Sarebbe un piacere averlo ai Mondiali in Francia»

L'ex condottiero dell'Italia insieme all'attuale leader degli azzurri

Rugby, Sergio Parisse, i capitani Massimo Giovanelli e Michele Lamaro: «Sarebbe un piacere averlo ai Mondiali in Francia»
di Paolo Ricci Bitti
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Mercoledì 31 Maggio 2023, 03:12 - Ultimo aggiornamento: 3 Giugno, 18:17

Il leggendario capitano scrive che il giovane capitano afferma che “sarebbe un piacere” avere a fianco il capitano dei capitani ai Mondiali in Francia.

Massimo Giovanelli (leggendario anche secondo il Times) ha scritto sul suo profilo Facebook dell'incontro con Michele Lamaro, il giovane capitano (24 anni) dell'Italia: erano stati invitati all'università di Urbino per parlare di leadership.

Come avrebbe fatto chiunque abbia a cuore il rugby italico, “Giova” ha chiesto al romano “Mitch” che cosa pensasse dell'eventuale presenza alla Coppa del Mondo di Sergio Parisse, 39 anni, capitano per 92 dei suoi 142 caps degli azzurri, semplicemenente il più grande giocatore nella storia del nostro rugby e nel gotha di quello planetario. "Eventuale" perchè il ct Kieran Crowley l'ha escluso.

«No problem, sarebbe un piacere», ha risposto sorridendo il capitano che guiderà gli azzurri dal 9 settembre contro Namibia, Uruguay, Nuova Zelanda e Francia.

Ora Michele Lamaro, che ha appena capitanato anche la selezione mondiale contro i Barbarians a Twickenham,  è una persona quadrata, un predestinato al ruolo di leader: non parla mai senza riflettere, senza seguire un filo logico.

E si è espresso con comprensibile e condivisibile nettezza, sicuro di sé e del gruppo che rappresenta, a proposito di un tema che tiene e terrà banco nel mondo del rugby italiano e in quello internazionale perché la caratura di Sergio Parisse, in eccezionali condizioni di forma a dispetto dell'età, può ancora dare tanto al nostro movimento. In campo, si intende per adesso, poi si vedrà. Parisse è il primo e probabilmente l'ultimo giocatore al mondo e non solo nel rugby che ha la possibilità, come vorrebbe, di partecipare al sesto mondiale, partecipare per merito e non per omaggio a una carriera stellare.

E questa è un'occasione enorme che il rugby italiano non può perdere, perché di occasioni così non capiteranno più e perché di occasioni di brillare così il rugby italiano non ne ha mai avute tante.

“Parisse con l'Italia al sesto Mondiale”, per lo scenario italiano e per quello internazionale, è un titolo formidabile. Anche pensando all'assoluta impossibilità di passare il turno dopo le 4 partite della poule che hanno tutte, in un senso o nell'altro, il pronostico scontato. Anche pensando che si gioca nella Francia che ama e rispetta Parisse.

Allora, Sergio l'altro ieri ha giocato l'ultima partita della sua carriera chiusa con il Tolone ed è stato celebrato come fanno i francesi con i rugbysti che giocano con tanta bellezza lo sport che prediligono. Una settimana prima Parisse aveva vinto con Tolone, sempre con una prestazione da Oscar, la Challenge Cup (l'Europa League del rugby) e anche quella sera fragorose celebrazioni alle quali l'asso, unico italiano in campo, ha participato avvolto con la bandiera verdebiancorossa, simbolo del paese che è stato invece snobbato da alcuni giocatori azzurrabili che l'anno scorso, dall'Inghilterra, dissero “no” all'Italia che li aveva chiamati. Speravano di essere convocati da una nazionale più prestigiosa. Macché, sono stati scartati e così il mese scorso hanno detto: “Ok, possiamo giocare per l'Italia”. In realtà questi giocatori dal patriottismo a gettone, era stato detto dal presidente Marzio Innocenti, non avrebbero mai dovuto fare parte dei piani del ct Kieran Crowley che invece li ha convocati nel gruppo dei 46 fra i quali scegliere la comitiva per i mondiali.

Lo stesso Crowley ha detto di essere andato a Tolone per spiegare a Parisse che la sua esclusione è basata su una scelta “tecnica”, ovvero che Parisse è tecnicamente inferiore agli azzurri selezionati oppure che Parisse non è tecnicamente adatto al suo progetto di gioco. Entrambe le possibilità, distillate con non facile esegesi dalle dichiarazioni di un tecnico che non ha imparato l'italiano dopo una vita passata in Italia, sono rispettabili, ma difficilmente difendibili. E poi è veramente antipatico mettersi a fare confronti “tecnici” fra gli azzurri attuali e Parisse. No, non è questo il livello della discussione. Non è questa la risposta da dare ai cronisti delle altre nazioni che hanno detto e diranno che sarebbe magnifico vedere Parisse al Mondiale. E nemmeno questa vicenda avrebbe dovuto lievitare solo alla vigilia delle convocazioni, innescando tristi sondaggi: “Sì o no a Parisse al Mondiale?”. Non lo merita il rugby italiano, prima ancora di Parisse.

Il campione, si sa, tra tifoni e pandemie, non è riuscito a giocare la partita di addio alla maglia azzurra che merita lui da giocatore e noi da appassionati, e allora era fin dall'inverno che andava pianificata la questione “Parisse&Mondiale” valutando, come Federazione, pro e contro. E studiando degne alternative se proprio alla fine i “contro” avessero prevalso, in verità non si sa come.

Per difendere il “gruppo” da una personalità forte? Abbiamo visto come la pensa Lamaro.

Per tutelare il progetto di Crowley? Ma a novembre sarà ancora lui il ct?

E proprio non serve a questa nazionale l'enorme bagaglio tecnico e di esperienza di Parisse nel contesto mondiale che è casa sua?

A ogni modo una soluzione andava trovata con lui per rispetto del campione, di quello che ha dato all'Italia e di quello che può ancora dare: un match d'addio? Un XV di Parisse contro un XV Resto del Mondo? Insomma, una via condivisa dell'ultimo atto della carriera di un asso, dell'unico italiano che avrebbe potuto giocare per gli All Blacks. Ne avrebbe guadagnato più il movimento italiano che lo stesso giocatore. Al momento l'ultima immagine di Parisse giocatore arriva dalla Francia: nessun italiano a vederlo se non la moglie e i figli. E' quella l'ultima immagine che si vuole consegnare alla storia dell'azzurro più grande di sempre? Che grande dimostrazione di sapienza sarebbe cambiare idea.

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