Rugby World Cup, Twickenham: emozioni e colpi di scena fanno tremare il tempio alla cerimonia di apertura con il principe Harry

Rugby World Cup, Twickenham: emozioni e colpi di scena fanno tremare il tempio alla cerimonia di apertura con il principe Harry
di Paolo Ricci Bitti
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Venerdì 18 Settembre 2015, 21:07 - Ultimo aggiornamento: 23 Novembre, 21:21
dal nostro inviato
LONDRA Ha tremato più volte sotto i piedi lo stadio-tempio-astronave di Twickenham quando davanti a 82mila spettatori, oltre ad almeno due miliardi davanti alla tv, è stata allestita la più fantastica storia dello sport: la nascita del rugby. L'ottava coppa del mondo è iniziata con i boati fragorosi dei fedeli a ogni colpo di scena. E ce ne sono stati tanti con una cerimonia che si temeva potesse sfigurare rispetto alla meraviglia di tre anni sempre qui a Londra per le Olimpiadi.


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Macché: il direttore creativo Kim Gavin non ha nemmeno ricorso al comodo espediente della grande star internazionale e ha subito puntato sulla fenomenale storia di questo gioco nato, vogliono le cronache solo un po' leggendarie, nel 1823 nella scuola dela città di Rugby. Con abiti e divise da gioco d'epoca che qui - chissà perché - non risultano mai posticce come capita spesse alle nostre rievocazioni, ragazzi come William Webb Ellis hanno inscenato l'eresia da cui nacque il football giocato alla maniera di Rugby, ovvero portando la palla con le mani e non solo calciandola.

Il prato della "Fortezza", come chiamano Twickenham, è stato plasmato come se fosse stato sconvolto da un sisma dalle cui profondità era sorto una grande pallone, ovale, naturalmente. E poi sugli schermi i ragazzi versione 1823 hanno cominciato a correre raccordando le 11 città che ospiteranno i match del mondiali. Emozioni da alzarsi in piedi anche perché gli inglesi si sono giocati un altro asso che hanno in pochi: un principe ereditario vero, il principe Harry, realmente una grande appassionato di rugby, che prima ha partecipato come bucolica comparsa (con una zappa tra le mani) al film della rievocazione storica e poi è apparso in carne e ossa e barba rossa sul prato per celebrare in mondovisione i valori di questo sport che dai tempi dell Impero ha fatto e fa tuttora parte dell'educazione della classe dirigente britannica.
Altri boati, altre capelli ritti sulla nuca.

Così, in questo contesto storico e di orgoglio, senza troppi fronzoli, con il buio della sera che ha preso tempo per non guastare la festa, non è apparsa neppure blasfema "la voce di Dio" che dall'alto dei cieli (in effetti così è sembrato anche a chi non aveva già ingollato troppe birre) ha dato il via alla cerimonia: anche qui nessun attore, ma l'asso gallese degli anni 70 e ora giornalista John Taylor. Gloria anche per Paolo Vaccari, l'ala implacabile e implaccabile della nazionale epica di Coste: è stato chiamato a rappresentare l'Italia e sul prato si è trovato con John Eales, Chester Williams e Martin Johnson. Una cerimonia in mondovisione ma in famiglia, quella del rugby che non si è venduta le tradizioni e l'argenteria in nome del professionismo e dello sport-spettacolo.

E dopo questo batticuore, in una strana serata londinese di settembre che permetteva di restare in maniche di camicia, non era ancora finita perché mai questa volta God Save the Queen prima di Inghilterra-Fiji è entrata dentro l'anima, poi subito ripresasi grazie alla travolgente Swing Low. Il Mondiale "troppo grande per perderlo" (Too big to miss) ora può davvero cominciare.
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