Rio 2016, Bolt a spasso verso il mito

Rio 2016, Bolt a spasso verso il mito
di Carlo Santi
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Mercoledì 17 Agosto 2016, 10:36 - Ultimo aggiornamento: 14:29
dal nostro inviato
RIO DE JANEIRO Usain Bolt entra nel firmamento dei grandissimi dello sport. Sebastian Coe, il baronetto olimpionico dei 1500 metri a Mosca '80 e oggi presidente dell'atletica mondiale, dice che il Fulmine è un'icona sportiva. «Più bravo di lui, per carisma e qualità, vedo solo Muhammad Ali». Bolt è un dio che corre e lo fa sempre al massimo. Sabato notte ha strapazzato tutti nella finale dei 100 metri e adesso si appresta a farlo anche nei 200. Ieri in batteria non si è spremuto, una corsetta d'allentamento, 2028 rallentando prima di filare via aspettando la semifinale (in gara ci sarà anche l'azzurro Matteo Galvan) che si correrà quando in Italia saranno le tre di giovedì mattina. «Sono sempre io», ha detto il Lampo giamaicano dopo il trionfo nei 100 dove ha messo sull'attenti Justin Gatlin. Il campione di Brooklyn, che lo stadio Olimpico di Rio ha fischiato per le sue storie di doping e di squalifiche, sperava di diventare di nuovo il re dopo esserlo stato ad Atene nel 2004, addirittura dodici anni. Niente da fare neppure questa volta, forse l'ultima visto che l'età avanza e Gatlin di anni ne ha già 34. Impensabile sia competitivo a Tokyo, nel 2020. Terzo di questa bellissima finale dei 100 metri è stato il giovane canadese Andre da Grasse con 991, quarto il giamaicano Blake con lo stesso tempo, quinto il sudafricana Simbine con 994. Per Bolt il 981 di Rio è il crono più lento con il quale ha vinto i Giochi: a Pechino corse in 969 (record del mondo) e a Londra in 963. Nella notte illuminata da van Niekerk con il suo fantastico record del mondo dei 400 (4303), Bolt ha portato l'Olimpiade in orbita. «Bolt Bolt Bolt», ha gridato lo stadio quando è apparso prima della semifinale e l'entusiasmo è cresciuto per la finale. Ha giocato più che corso, il Fulmine: 986 rallentando e scrutando i rivali. Un'ora e mezza più tardi, con una maglia diversa, metà gialla e metà nera, Bolt era pronto per la grande recita. Prima i sorrisi e le smorfie con il pubblico, poi la gara. Gatlin era un palla di cannone, subito davanti. Usain, uscito dai blocchi non benissimo, mica s'è scomposto: ha controllato le frequenze, ha aspettato, ha raggiunto il rivale ai 70 metri prima di sorpassarlo come una furia, con il turbo. Nove secondi e ottantantuno centesimi, otto meno di Gatlin. Come dire: un metro tra loro due.
IL GRANDE SHOW
Era pazzo di gioia, il giamaicano. «Questo è per te, Giamaica ha urlato Alzati, questo oro è per il mio popolo». Ha corso, ha ringraziato tutti, il pubblico brasiliano, gli amici, ha firmato autografi, non si è sottratto ai selfie. Poi s'è tolto le scarpe. Ha detto: «Sono un ricordo, sono quelle delle mie ultime gare olimpiche». Tre volte d'oro nei 100 metri: come lui nessuno: solo due atleti sono riusciti, ma due e non tre ori, a realizzare il bis, Charles Archie Hahn nel 1904 e nell'edizione non ufficiale del 1906, quindi Carl Lewis nel 1984 e nel 1988 quando si prese l'oro dopo la squalifica di Ben Johnson. Bolt è il re, il padrone delle Olimpiadi. «Lo è perché, al di là dei risultati, è un simbolo ha detto ancora Seb Coe e lo è per quello che rappresenta. Lui è l'essenza dello sport». Un protagonista attento. Sul prato lo ha intervistato una tivù ma, in diretta, vedendo accanto a lui van Niekerk si è fermato per abbraccialo e congratularsi.
UNA STELLA UNICA
Bolt adesso cerca in bis con il successo nei 200 metri - dove è sempre in cerca del primo -19 - per una fantastica doppietta, la terza alle Olimpiadi dopo gli ori vinti a Pechino e Londra dove è stato primo anche con la 4x100. Vincesse anche qui 200 e staffetta, il triplete sarebbe fantastico e con nove medaglie d'oro raggiungerebbe, in questa classifica, Carl Lewis. «Sono venuto per vincere l'oro e adesso che è mio sono una leggenda vivente. Sì ha sussurrato Bolt sono il più grande atleta di sempre». Lui rimane sempre nello sport, un marziano imprendibile che non vuole fermarsi. Quest'anno, come era stato anche nel 2015 alla vigilia del Mondiale di Pechino, non aveva convinto; poche gare, tempi non brillanti. Ma nell'attimo decisivo, quando non si può perdere, Bolt ha detto ci sono. Del resto, il Fulmine che domenica, ultimo giorno dell'Olimpiade brasiliana festeggerà trent'anni, è imbattibile. Il rivale? Solo se stesso.