Ogni giocatore sogna di vincerlo, è ovvio, ma io non ci perdo il sonno. Ciò che invece vorrei a tutti i costi è la Coppa del mondo, la sogno sempre». Intanto cosa risponde a chi lo definisce un 'cascatorè e agli arbitri che, secondo i brasiliani, non lo proteggono adeguatamente e permettono ai difensori di picchiarlo? «Se mi sento perseguitato? - dice O Ney - Diciamo che è qualcosa a cui mi vado abituando, respiro profondo e dico a me stesso 'andiamo avantì. Non mi posso più stressare con questo, ho già perso troppe volte concentrazione per il fatto che un difensore mi picchia e l'arbitro non vede». «Tutti sanno qual è il mio tipo di calcio - continua -, è fatto di dribbling per saltare le difese e creare occasioni. A nessun attaccante piace subire dei falli e a nessun difensore piace essere dribblato, ma è il calcio. Io non posso dire a un avversario 'permesso, devo fare gol': lui non mi fa passare e quindi io devo dribblarlo. Per caso nel calcio hanno proibito il dribbling? Esiste una regola che prevede il giallo per chi dribbla? Allora questo non è il calcio che io conosco. Non è giusto proteggere di più la il giocatore che aggredisce rispetto a quello che ha dentro l'essenza del football. Non parlo solo di me, ma anche di altri dribblatori come Mbappè, che chiamo Golden Boy e per il quale provo un affetto particolare, Hazard e Messi. Vogliamo dire che questi calciatori che fanno andare la gente allo stadio non dobbiamo proteggerli?». Neymar parla anche della sua vita privata, del fatto che gli piacciano i social e le uscite: ciò rischia di condizionarne la carriera? «Penso proprio di no, e i miei numeri sul campo sono buoni. La vita personale è mia, e continuerò ad uscire anche se non andrò in discoteca la sera prima di una partita. Ma criticatemi solo per ciò che faccio in campo, al resto penso io che ho 27 anni: se mia madre non vuole che io faccia qualcosa ma a me va, io la faccio»
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