Viaggio nella Lazio da record, il gruppo di Inzaghi si piazza alle spalle della squadra di Cragnotti

Viaggio nella Lazio da record, il gruppo di Inzaghi si piazza alle spalle della squadra di Cragnotti
di Alberto Abbate
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Mercoledì 3 Maggio 2017, 07:30
Grande, finalmente grande, troppo grande. Persino più grande dell’ingiustizia arbitrale perpetrata in un derby, capovolto da un gruppo maturo e spietato. Questa Lazio non si piega più niente e nessuno, né ad Orsato né al destino. Questa Lazio è nella vetta della sua storia: 67 punti e 20 vittorie alla 34esima giornata, è il terzo record di sempre dopo lo scudetto e il secondo posto dell’era cragnottiana. Inzaghi c’era da giocatore, 17 anni dopo fa il fenomeno da allenatore.

 
Non conta il modulo, Simoncino ha trasmesso in campo il suo spirito. E’ moderno, inutile fare i paragoni solo con i predecessori di Formello. Ha il veleno di Conte, la duttilità tattica d’Allegri nel suo copione, impossibile (anche se più bello) non pensare all’ex compagno (semifinalista di Champions) Simeone. Inzaghi è allo stesso modo intelligente e talvolta anche più divertente. E’ partito dal 4-3-3, adesso è big col 3-5-2. Fuori il malconcio (ieri ancora a letto con l’influenza) Immobile (al suo posto, geniale la mossa Lukaku), in questo assetto addirittura meglio di Ciro, il capocannoniere (8 centri) Keita. Cinque gol nelle ultime due giornate, il Balde giovane ormai non conosce più fermate: «E’ meno male che non era decisivo dall’inizio», il cinguettio polemico dell’agente Calenda. Ammazzabig, il senegalese, ora rimpianto pure a Barcellona. All’andata un suo centro aveva segnato col Napoli (1-1) l’inizio di una maturazione in maratona. Adesso, dopo la batosta in Coppa, l’1-3 in casa della Roma, settimo risultato utile consecutivo in trasferta. Questo processo di crescita sembra insomma completato, ma a giugno stavolta guai a ripartire da capo: «Mi auguro che questo sia l’inizio di un ciclo con giocatori giovani ed esperti importanti», la speranza del leader Parolo.

SPONSOR: È UFFICIALE
E forse anche un messaggio alla società per non perpetrare il dolo. Bisogna provare a trattenere tutti per fare il salto di qualità, il discorso non vale solo per Keita. In ballo ci sono ancora i rinnovi di de Vrij e Biglia: «Quello che dobbiamo fare, faremo», giura Lotito. Se però non dovesse riuscire nell’impresa, sarà fondamentale trovare sostituti all’altezza. D’esperienza e non più di prospettiva, per evitare di ritrovarsi - come due anni fa - di nuovo ai nastri di partenza. Oggi tuttavia è più facile credere al presidente, da Peruzzi allo sponsor Seleco dopo 10 anni (ufficiale la firma per la prossima stagione - con opzione per le successive - a 4 milioni), in società forse si è capito davvero quali erano i malanni. 

LA FINALE
Voglia di grandezza. Quindi magari non sentiremo più dire a Tare che questa squadra «è difficilmente migliorabile», basti vedere lì davanti cosa ha significato l’innesto d’Immobile. Anche in porta è il momento di prendere una decisione (in ballo soprattutto Perin e Sirigu) per il futuro, anche se Strakosha nella stracittadina ha dimostrato di poter diventare più sicuro. Domenica aiutato da una difesa super e ora ancora di più goleador. Anche per Basta, di sinistro, il primo gol con la maglia biancoceleste in A (è il 17esimo marcatore della cooperativa d’Inzaghi), tre anni dopo l’ultimo con l’Udinese proprio contro la Roma. Spedita (ora solo a +1 dal Napoli al terzo posto) nel tunnel in sequenza da Keita (su Palmieri), Milinkovic (su Strootman), Biglia (su Totti), Felipe (su Manolas) e (su Rudiger) l’eroe Lulic: «Impossibile pensare alla Champions, ma possiamo prenderci il quarto posto (già con la Samp, ndr) e concentrarci sulla finale». Contro quella Juve alla quale domenica la Lazio ha consegnato lo scudetto. Da ieri i tifosi bianconeri lanciano - su change.org - addirittura una petizione per il gemellaggio. Ma ora anche la Lazio è una rivale “grande” e potrebbe dimostrarlo in Coppa Italia già il prossimo 17 maggio.
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