Ciro paga il grande amore per la maglia azzurra

Ciro paga il grande amore per la maglia azzurra
di Emiliano Bernardini
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Domenica 19 Novembre 2017, 12:30
La stanchezza. Ciro d'Italia paga l'azzurro. Immobile segna il rigore che riapre la gara e lo lascia in testa alla classifica dei marcatori (15 reti) ma manca terribilmente la sua vena. Fiaccata dalla cocente mancata qualificazione dell'Italia al mondiale e da quella coscia che lo tormenta da quasi un mese. Stringe i denti, prova a lottare e trascinare la Lazio ma più di così non ne aveva. Comprensibile per uno che meno di una settimana fa era seduto a testa bassa nello spogliatoio di San Siro con una vistosissima fasciatura. Affaticamento. Avrebbe dovuto rimanere a riposo assoluto dopo il rinvio della partita con l'Udinese che avrebbe già giocato in non perfette condizioni. Non ha potuto. L'inno d'Italia e la responsabilità sulle spalle. Il ct Ventura e non solo si aggrappa a lui. Due gare difficili contro la Svezia e il rientro a Roma. Un solo allenamento e cure mediche per provare ad essere al top. Ci è arrivato con il fisico a pezzi e il morale sotto i tacchi. Niente antidolorifici (presi già in abbondanza in azzurro) né fasce protettive. Ciro lì davanti corre e ma punge poco. Ad onor di cronaca va detto che stavolta non è stato ben assistito da mago Luis Alberto che non ha mai pescato il jolly dal suo cilindro. Dopo pochi minuti Lulic lo serve e Ciro va in gol ma è fuorigioco. Poche palle giocabili, di quelle che lo fanno impazzire. Non era facile. Ci ha provato.

Nella pancia dell'Olimpico ha il cappellino calcato sul volto e nonostante la sconfitta è sorridente. Come stai? Storce un po' la bocca. Zoppica un pochino. «E' la fasciatura che non mi fa camminare bene» spiega. Sa di aver dato tutto quello che poteva, certo il risultato gli brucia e non poco. Continua la maledizione dell'attaccante biancoceleste che in campionato non ha ancora vinto un derby. L'influenza intestinale lo aveva messo ko il 30 aprile 2017 quando la Lazio vinse grazie all'intuizione di Inzaghi che puntò su Lukaku. E pensare che la mossa gli stava riuscendo nuovamente. Tardivo l'ingresso del belga che sulla corsia di sinistra ha messo in grossa difficoltà la Roma. Non bene neanche Milinkovic. Sergej è giocatore di classe e temperamento. E' risultato irritante. Dopo il giro del mondo per la sua prima convocazione con la maglia Serbia, ha passeggiato per l'Olimpico senza mai usare il carattere. Inzaghi lo ha arretrato in mezzo al campo per frenare con il suo fisico l'impeto dei centrocampisti giallorossi. Lo ha fatto ma poi si è lasciato andare a leziosismi inutili. Troppi tocchetti. Troppo fioretto e poca sciabola. In partite come queste serve altro, soprattutto quando la stanchezza è l'avversaria in più da dover combattere.

 
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