Ecco perché il calcio rischia di non poter ripartire

Ecco perché il calcio rischia di non poter ripartire
di Emiliano Bernardini e Romolo Buffoni
8 Minuti di Lettura
Martedì 21 Aprile 2020, 07:30 - Ultimo aggiornamento: 14:31

La settimana decisiva per il calcio italiano si apre con i fuochi d’artificio. Mentre il Consiglio di Lega Serie A conferma all’unanimità l’intenzione di portare a termine la stagione sportiva 2019-20 (ma 8 club chiedono garanzie alla Figc), il ministro dello Sport, Vincenza Spadafora intervenendo a Tg2 Post mette un grosso freno: «Non do per certi né la ripresa del campionato né quella degli allenamenti il 4 maggio». Ora si parla del 13 maggio come nuova data. E non è un caso che il vice ministro della Salute, Sileri dopo una iniziale apertura abbia dichiarato: «Penso ci vorranno ancora un paio di settimane». Due i nodi sotterranei: il rientro dei calciatori dall’estero (dovrebbero arrivare in Italia il 28 aprile) e le partite in chiaro. E questo punto Spadafora lo ha fatto capire a chiare lettere: «Il tema è molto spinoso. Prenderemo seriamente in considerazione questa opportunità». «Per motivi personali» si è poi dimesso dalla commissione medica Figc il dottor Tavana, medico del Torino contrario al ritorno in campo. Ecco gli otto punti che rendono la strada tutta in salita.

1) I dubbiosi - Governo e 7 club poco convinti

Il ministro dello Sport, Spadafora lo ha fatto capire a chiare lettere intervenendo a Tg2 Post: «Non do per certi né l’avvio del campionato né degli allenamenti il 4 maggio, se prima non esistono le condizioni per il Paese». Ora si parla del 13 maggio come nuova data possibile. Non a caso il vice ministro della Salute, Sileri tornando un po’ indietro sulle sue parole ha dichiarato: «Credo ci vorranno ancora un paio di settimane». Intanto anche il numero uno del Coni, Malagò ha dato una nuova stoccata: «La serie A trovi un piano B». Il Consiglio di Lega intanto ha espresso all’unanimità la volontà di giocare. Ma otto presidenti (Parma, Spal, Brescia, Torino, Sampdoria, Udinese, Bologna) hanno firmato un documento in tre punti da sottoporre alla Figc. In particolare si chiede quali effetti giuridici potrebbero subire calciatori o club se il campionato si interrompesse di nuovo per il contagio da coronavirus. 

2) Contratti - Lo scoglio del 30 giugno

La stagione sportiva termina il 30 giugno. È quella la data limite oltre la quale i contratti (dei calciatori e non solo) non hanno più validità. Fifa e Uefa si sono dette disponibili a decretare proroghe, sposstando di conseguenza anche le date di inizio e fine della campagna trasferimenti (tanto più se le Coppe europee dovessero essere portate a termine in agosto). Al di là delle dichiarazioni d’intenti, però, resta lo scoglio da superare per i giocatori concessi in prestito, per quelli che già hanno raggiunto un accordo di trasferimento ad un altro club e per i calciatori che non hanno rinnovato con le squadre di appartenenza e dal 1° luglio saranno svincolati. Urge, ovviamente, decidere in fretta se poter andare oltre la fine di giugno perché sono accordi lunghi da trovare. Basti guardare quanto sta accadendo con i tagli degli ingaggi dove ognuno sta andando per la sua strada.

3) Test e tamponi - Disponibilità dei laboratori

Due tamponi a tutti i gruppi squadra. Solo per la serie A sono oltre i 1500. Che potrebbero aumentare visto che in caso di contagio o sospetto contagio resta l’unico strumento per avere la certezza della positività. Il nodo principale è la mancanza di reagenti necessari per avere i risultati. Alcune squadre si sono mosse acquistandoli privatamente, altre invece hanno stretto delle partnership commerciali. Ma il problema più grande che si pone è quello relativo ai laboratori dove poterli analizzare. Il protocollo sottolinea che «la diagnosi molecolare va eseguita presso i laboratori di riferimento stabiliti dal Laboratorio di Riferimento Nazionale dell’Istituto Superiore di Sanità». Tradotto ci sarebbe un surplus di analisi da fare, soprattutto nei laboratori del Nord dove ogni giorno ce ne sono migliaia da analizzare. Non a caso ieri i calciatori si sono detti disponibili a tornare in campo ma «senza apparire privilegiati o usufruire di corsie preferenziali sui controlli medico sanitari».

4) Calendario - Rischio match ogni tre giorni

Rudi Garcia, allenatore del Lione ed ex tecnico della Roma, lo ha detto chiaramente: «Sarà difficile giocare ogni tre giorni dopo due mesi di inattività». Sì, d’accordo: i giocatori si stanno allenando da soli con le tabelle consegnategli dagli staff tecnici. Ma poi il presidente del Brescia Cellino ci ha raccontato che due dei suoi si sono subito stirati alla prima corsetta sul campo di allenamento. La riatletizzazione non sarà una cosa semplice da raggiungere per “motori” abituati ad andare a mille e spenti da un giorno all’altro e per così tanto tempo. Nemmeno in caso di infortunio grave succede la stessa cosa. Giocare ogni tre giorni sarà praticamente quasi scontato visto il numero di partite da completare (124 per la serie A), nel poco tempo a disposizione. Portare le sostituzione a 5 per squadra, con cooling break necessari perché come ha ammesso il Papu Gomez dell’Atalanta: «Sarà dura giocare con temperature di 30 gradi».

5) Rientri e ritiri - Gli stranieri tornano il 28

Uno dei problemi più grandi è legato al rientro dei giocatori dall’estero. A causa di alcuni problemi non riusciranno a rientrare in Italia prima del 28 aprile. Dovendo poi fare 15 giorni di quarantena non sarebbero pronti prima della metà di maggio. E su questo si è fatta pressione proprio per posticipare l’avvio degli allenamenti al 13 di maggio. Il protocollo medico-scientifico messo a punto dalla Figc invita come prima cosa a individuare e definire il Gruppo Squadra, per poi sottoporlo a tamponi e test e, una volta accertata la negatività, mandarli in ritiro blindato per almeno 2 settimane con la terza “facoltativa”. Questo il modo per isolare le squadre rendendole virus free. Ma cosa succede appena comincerà la stagione? Bisogna muoversi, andare in trasferta anche se si giocasse (ipotesi estrema) solo al Centro-Sud. Treni, pullman e aerei dovranno essere sanificati ogni volta. E non bisognerà avere contatti con gli altri viaggiatori.

6) Focolai - Stop al primo nuovo contagio

Si giocherà sul filo, come gli equilibristi. Nei prossimi mesi e fino alla scoperta di un vaccino, dovremo convivere con questo coronavirus. Anche se l’indice R0 resterà sotto l’uno e quindi l’epidemia sarà da ritenersi sotto controllo, non è possibile escludere nuovi contagi. Se dovesse accadere a un calciatore di infettarsi la giostra rischierà quindi di fermarsi di nuovo, con l’eventualità di dover far scendere ancora tutti giù per terra. Nel malaugurato caso, infatti, non sarebbe possibile alimentare il pericolo di nuovi focolai della malattia: il giocatore positivo andrà quindi curato e posto in isolamento. Ma il quesito che ci si pone è: anche i suoi compagni di squadra e gli avversari sfidati nei 15 giorni precedenti dovranno osservare almeno 2 settimane di quarantena? Se sì il campionato s’interromperebbe di nuovo. Senza contare il rischio per i club di vedersi arrivare una denuncia dal calciatore infettato.

7) Diritti tv - Sconto di 300mln e partite in chiaro

I diritti tv sono un altro dei nodi cruciali per la ripresa. Nel Consiglio di Lega di ieri hanno partecipato anche Sky, Dazn e Img. Oggi il tema verrà affrontato in assemblea. La proposta fatta dai broadcaster è di avere uno sconto di circa 300 milioni di euro su questa stagione. La controproposta della Lega è la proroga del contratto per altri tre anni. In più ieri il presidente del Brescia, Cellino in cui chiede che la parte dei compensi ossia la percentuale che viene divisa in base ai tifosi allo stadio venga equiparata per tutti viste che si giocherà a porte chiuse. Poi c’è un’altra partita legata alle gare in chiaro. Il ministro Spadafora in diretta su Rai 2 lo ha fatto capire chiaramente: «Ho provato a far fare le partite in chiaro ma ho avuto scontro con Sky e la Lega di A. Io credo che se il campionato riprenderà prenderemo seriamente in considerazione questa opportunità».

8) Arbitri e Var - Le sale video vanno adeguate

Devono riaccendere il motore anche gli arbitri e i guardalinee che, è bene ricordarlo, hanno qualche annetto in più rispetto ai calciatori ma devono correre forse anche di più in campo. Il protocollo medico-scientifico messo a punto dalla commissione allestita dalla Figc è valido anche per loro. Quindi: tamponi e test per tutti; poi ritiro isolato per tutta la “squadra” dei fischietti. Ma gli arbitri non sono professionisti e, se le misure restrittive lo consentono, devono o dovranno ricominciare a svolgere le rispettive attività. Impossibile isolarsi.
Un discorso a parte merita il Var piazzato o in una sala dentro lo stadio, o in un pulmino all’esterno.

Davanti ai video si sistemano l’arbitro Var, l’arbitro Aiuto Var e almeno due operatori che li aiutano nella scansione rapida delle immagini. Sono, quindi, almeno in quattro a dover rispettare il “distanziamento sociale”. Difficile sistemarli.

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