Odette & Diana: «Ci vuole passione, i risultati arrivano se ci credi davvero»

Odette & Diana: «Ci vuole passione, i risultati arrivano se ci credi davvero»
di Alessandra Camilletti
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Lunedì 29 Agosto 2016, 15:38
IL COLLOQUIO
ROMA Due anni di allenamento all'interno del centro olimpico, di judo e di vita, per Odette. Una carriera tra podi e maternità per Diana, il cui destino era già nel nome. L'unica medaglia d'oro (rosa) a Rio ci sorride su: «Ha portato fortuna». I Giochi hanno detto bene anche all'argento vivo Giuffrida: «Mi allenavo per Tokyo, come Fabio Basile, poi ci siamo qualificati e abbiamo bruciato le tappe». E c'è scappato il podio: lui oro, lei argento. Due diverse storie di donne. Odette 22 anni il prossimo ottobre, Diana 33 compiuti. Lo sport come denominatore comune.
IMPEGNO COSTANTE
«Il risultato è la punta di un iceberg - dice Odette -. Sotto ci sono tante ore di allenamento, dedizione, passione. Io e il mio allenatore, Dario Romano, ci abbiamo sempre creduto nonostante l'età. Zero vacanze, allenamento anche a Natale, ma non mi è mai pesato. Non amo chiamarli sacrifici, perché per me è un piacere. un'emozione grande e allo stesso tempo l'amaro in bocca». Amaro? «Sogno l'oro olimpico, spero che questo sia solo l'inizio della mia carriera, una spinta in più per Tokyo», risponde la Giuffrida. È pronta la nuova generazione degli sportivi azzurri? «Dipende dallo sport. Nel judo ora c'è un ricambio molto buono. I primi anni di qualificazione saranno tosti. Io per i primi due anni preso solo botte, nel vero senso della parola: per imparare a darle, prima bisogna prenderle». Vita quotidiana? «Gli ultimi due anni li ho passati interamente al centro olimpico. Pur essendo di Roma vedevo i miei solo la domenica. Sveglia alle sei, corsa, alle 10 due ore di judo, pranzo alle 12.30 e due ore di allenamento. Cena alle 19.30 e alle 22 stanchi a letto. Se non hai passione è una vita che non puoi sopportare. E credo sia così per tutti gli atleti. Dietro ad ognuno, c'è una storia pazzesca. Lo ha detto Campriani: si arriva quasi a odiare il proprio sport. Ma alla fine prevale l'amore». Diana ha iniziato a sparare a 14 anni, nel percorso caccia. «A 18 ho voluto cambiare e ho provato lo skeet - racconta la Bacosi, che già guarda al Campionato italiano del 10 e 11 settembre -. La gavetta, l'entrata in nazionale, le gare, le Coppe del mondo e gli Europei: si arriva a questi risultati con talento, passione e determinazione. Ma ci vuole anche un pizzico di fortuna». Odette invece è salita sul tatami a sei anni «e non sono più voluta scendere». Racconta: «Ho provato tutti gli sport, compreso un provino per la danza classica, ma non faceva per me. Mio fratello Christian gioca a calcio, per poco tempo è stato anche alla Roma, Salvatore faceva judo e tornava a casa sempre felice. Ho pensato: sai che c'è?». E il rientro a Roma dopo Rio? «Sono tornata tre giorni dopo la squadra. Nel campeggio di Torvaianica dove trascorro le vacanze sin da piccola ho trovato tutti in piazzetta: mio nonno emozionato, cartelloni, foto. E ora non vedo l'ora di iniziare di nuovo ad allenarmi».
MAMMA SKEET
Ma ci sono difficoltà aggiuntive per l'essere donna? «Non come donna, ne ho vissute più come madre - dice Diana Bacosi -. Mi sono presa tutto il tempo possibile. Quando ho saputo di essere incinta ho smesso di sparare e mi sono dedicata a mio figlio e alla mia salute. Mi sono goduta il primo dentino, la prima parola, i primi passi». E poi? «Forse sono troppo premurosa, ma se mio figlio ha la febbre io rientro dal raduno. È come chiamassero una normale madre che sta al lavoro o a fare la spesa. Saluto e me ne vado, anche se in passato non sono mancate le chiacchiere, ma si lasciano correre, non importa. Sono stata la prima nel gruppo dello skeet ad avere un figlio, non tutti capivano. Ma ora che sono tutte mamme, corrono anche loro». E adesso? «L'oro viene da due anni intensi di impegno ed è un punto di ripartenza. Vivo il momento dell'appagamento, ma nel mio palmarès mancano il Mondiale individuale e l'Europeo individuale. Ma lo skeet è sport longevo. Benelli ha vinto l'Olimpiade a 45 anni. I risultati arrivano con la maturità che si acquisisce come persone. Ognuno ha una caratteristica a sé, basta scoprirla». E tutte queste medaglie dal tiro? «C'è una grande cultura nel Paese rispetto alle discipline del tiro, fatte con passione e con umiltà».