Valentina Lodovini: «Io, donna dai mille volti per Montalbano»

Valentina Lodovini: «Io, donna dai mille volti per Montalbano»
di Leonardo Jattarelli
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 1 Marzo 2017, 08:42 - Ultimo aggiornamento: 8 Marzo, 17:48

Quando fa il suo ingresso nel Covo di vipere avverti da subito la presenza di cento donne in una. Come la piccola-grande matrioska che è il suo portafortuna: «Me la regalò il mio maestro Nikolaj Karpov per il compleanno di diversi anni fa. Da allora la indosso e desidero che venga inquadrata in ogni mio film. Rappresenta molto di me e del mio amore per la scuola russa». Ha un timbro di voce scoppiettante, poi fa pause brevi, poi ancora il timbro cambia e diventa profondo, riflessivo. E' così Valentina Lodovini, affascinante, bella «curiosa in continuo movimento, una e centomila che vaga e si è persa un casino di volte ma ha sempre trovato qualcosa di interessante a fine percorso. Se rimani fedele a te stessa, tutto va bene».

 

Attrice versatile che il cinema e poi la tv e prima ancora il teatro hanno scoperto da anni, Valentina nella puntata di lunedì scorso del Montalbano televisivo ha ottenuto una consacrazione monumentale: oltre dieci milioni e mezzo di spettatori per la sua Giovanna dark che mette al tappeto anche l'irreprensibile Montalbano come un Jack La Motta sfinito.

Domanda di rito. Se l'aspettava?
«Non do mai nulla per scontato, c'è sempre un presente da costruire ma se devo dirla tutta già durante la puntata di Un covo di vipere eravamo tutti lì sui social a leggere i primi commenti. Ed erano belli. Poi il botto e la sorpresa la mattina dopo. Felice»

La sua Giovanna, sinceramente, era già un bel personaggio nella scrittura...
«Molto attraente perché è una donna dai mille volti. Misteriosa e oppressa dalla sua pena, ha perso la madre da piccola ed è vittima di un incesto terribile e di un amore vero nei confronti di suo padre. Giovanna è la prima prigioniera di se stessa. Uno dei tanti casi che spesso leggiamo sui giornali e che Camilleri giustamente non giudica ma racconta. C'è una grande umanità nei suoi libri e la tv la restituisce tutta».

E' una appassionata di Camilleri?
«E' una sorta di monumento nazionale e l'ho conosciuto prima per curiosità poi è nata la passione. Ma sono una lettrice onnivora, parto dal fumetto e sconfino nei classici. Ogni sei mesi mi rileggo L'insostenibile leggerezza dell'essere di Kundera poi passo a Pirandello e Shakespeare e alle autobiografie che adoro. E al mio Flaiano...»

Cosa ha imparato dal suo lavoro?
«A non fermarmi e ad essere curiosa di tutto. Sono affascinata dalla danza e dalla musica, ho superato quella mia paura ancestrale grazie a Karpov che mi diceva sei hai paura prenditi gli strumenti per affrontarla. E così a 23 anni ho imparato che può essere trappola e motore e mi sono sempre riproposta l'interrogativo del mio maestro: Avere sempre ragione o essere felici?»

E davanti a quel grande schermo cosa ha sognato?
«Mi sono innamorata di Germi e delle Vite degli altri, della Binoche in Film Blu e di Truffaut e di Madame Bovary. Ma se dovessi eleggere una donna ad archetipo sceglierei la Antonietta di Una giornata particolare».

Oggi il nostro cinema dove va?
«E' sempre più prezioso, c'è un grande fermento e anche il pubblico invia segnali nuovi. Trovo che stiamo vivendo un periodo felice con una nuova ondata di giovani registi e attori e belle opere prime».

Ci parliamo mentre è in pausa su un set...
«Abbiamo iniziato la scorsa settimana. Si tratta di un bel progetto per la tv di Marco Risi, una serie di storie che si intrecciano all'Aquila dopo il terribile terremoto del 2009».

E quando lascia il set e torna a casa?
«Canto, sfoglio libri di fotografia, ripasso un po' di lingue tra inglese, russo e spagnolo ma soprattutto prendo matite e acquarelli e inizio a disegnare. E torno bambina. E siccome sono mancina, spesso mi obbligo ad usare la destra ed escono strane figure bellissime. Insomma, sono o non sono concittadina del mio Piero della Francesca?»

Ma un difetto l'avrà...
«Sono pignola. Forse un po' troppo. Ma fino a quando mi sopportano, non mi fermo».