L'impegno di Avati e un Paradiso delle signore per sognare

di Micaela Urbano
4 Minuti di Lettura
Sabato 5 Dicembre 2015, 17:33
Schizofrenica fiction Rai, che lunedì 7 dicembre propone Le nozze di Laura, rivisitazione di Pupi delle Nozze di Cana, e che martedì 8 presenta Il Paradiso delle Signore, una nuova serie che sposa commedia e feuilleton nell’Italia degli Anni Cinquanta. Un unico film tv, quello di Avati, «una storia che supera il possibile, che si ispira al primo miracolo di Gesù. Il vino che finisce, il vino che prodigiosamente ricompare durante una notte di festa. Pensando alle luci, alla musica, ha preso forma piano piano il racconto di un altro matrimonio al giorno d’oggi. Un racconto soprattutto rivoluzionario perché tratto dal Vangelo, la più grande lezione di amore assoluto nei secoli dei secoli», dice il regista
Chi l’avrebbe detto che quel giovane autore di tendenza degli Anni 70 che, capelli lunghi e eskimo, girava pellicole di genere, come Thomas e gli indemoniati o Balsamus, l’uomo di Satana, sarebbe giunto a contestare l’oscurantismo del presente armato dei sacri testi? Dopo aver segnato con il suo stile e con tanti film (da Una gita scolastica a Regalo di Natale, a Il papà di Giovanna e Una sconfinata giovinezza) il cinema del Novecento e del nuovo Millennio, raccontando la grande storia del Paese attraverso piccole, intime storie familiari, Avati continua la sua guerra privata contro i «cosiddetti intellettuali, il conformismo, l’egoismo dilagante, il dio quattrino». Combattendo con il libro dei libri. Che ai giorni nostri, sembra il racconto della vita di un fuori branco, di un uomo probabilmente ingenuo che non ha capito non si vive d’amore, ma per il potere, e per il denaro...
Le Nozze di Laura è interpretato da Marta Iagatti, Valentino Agaru (scelti su provino), e con Lina Sastri e Neri Marcorè. La vicenda è quella di un immigrato, un principe del Ciad, che sbarca in Italia e che, per mantenersi agli studi a Bologna, va a raccogliere le arance in Calabria. Lei è una ragazza brutta, e quindi penalizzata dalla non avvenenza - tema già affrontato da Avati nel Papà di Giovanna - spedita dal padre benestante a Roma nella speranza che lei riesca a trovare uno straccio di marito. Ma nella Capitale, lei riesce solo a farsi mettere incinta da qualcuno che, appena commesso il fattaccio, scappa a gambe levate. E a lei non resta che tornare in Calabria...
Martedì 8 invece, la Rai scende in campo più spensieratamente. Con un prodotto di vera evasione, Il Paradiso delle signore. Che abbraccia il cinema di Camerini che rese popolare Vittorio De Sica (da Gli uomini, che mascalzoni a Grandi Magazzini), e l’Italia che corre verso il boom economico, ma ancora divisa tra un Sud ostinatamente avvinghiato alla terra e alle proprie tradizioni e un Nord che ingrana la marcia verso il progresso. Non dimenticando i piccoli e i grandi sogni, le delusioni, gli amori di un Paese che si vuole lasciare alle spalle l’incubo della guerra.
Liberamente (e molto) ispirata al libro di Emile Zola, la serie in dieci parti prodotta da Aurora tv per Raifiction e diretta da Monica Vullo è interpretata da un bravo Giuseppe Zeno (da L’Onore e il Rispetto al Clan dei camorristi), attualmente in teatro nel ruolo di Nanni Lasca al fianco di Lina Sastri nella Lupa. Al suo fianco c’è una fresca, solare Giusy Buscemi. E con loro, Giulia Vecchio, Lorena Cacciatore e Silvia Mazzieri, l’efficace Marco Bonini (chissà perché troppo spesso dimenticato da cinema e tv), Alessandro Tersigni e Christiane Filangieri nell’inedito ruolo di una direttrice rigida e zitella, e Valeria Fabrizi nel ruolo di un’incontentabile contessa.
Tutto ha inizio in un paesino della Sicilia, con una ragazza, Teresa che, tradita dal fidanzato, lo pianta in asso proprio nella piazza principale del paese. Se ne infischia, Teresa, di fare un matrimonio di convenienza. Meglio chiudere con usanze barbare, mariti galli e mogli sottomesse. Meglio ricominciare daccapo. A Milano. E là, appena arrivata, incontra qualcuno che da quel momento cambierà la sua vita...
La sua voglia di cambiare, di osare, di correre verso il futuro, è la stessa che contagia l’Italia del 1956. E nel grande emporio che dà il titolo alla saga televisiva si vendono gonne a pieghe e vanità, bikini, profumi, fiabe, bellezza, sicurezza, femminilità.
Girato come un feuilleton, Il Paradiso delle signore è un prodotto piacevole che fa desiderare di tornare a quei tempi, di ricostruzione, di grandi speranze.Dice Giuseppe Zeno: «Quella era l’Italia del sogno. Oggi purtroppo è l’Italia della crisi. Hai voglia a dire che la ripresa è in atto. Io, per lo meno, non me ne sono ancora accorto».