A Caracalla arriva "Giulietta e Romeo" di Peparini: «Una lotta tra bande con ballerini breakers»

Giulietta e Romeo di Peparini a Caracalla
di Simona Antonucci
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Sabato 20 Luglio 2019, 22:18
I Capuleti? «Breaker da combattimento». I Montecchi? «I ballerini del Teatro dell’Opera che hanno imparato ad alzare le mani». Frate Lorenzo è chiuso in gabbia e al posto del balconcino, video proiezioni. Shakespeare arriva a Caracalla, rivisto e corretto da Giuliano Peparini, 43 anni, romano, coreografo, regista teatrale e ballerino. Il suo Giulietta e Romeo (prodotto dal Costanzi) torna in scena dal 30 luglio al 4 agosto con étoile e corpo di ballo del Teatro dell’Opera.

Nei ruoli principali Rebecca Bianchi e Susanna Salvi, Claudio Cocino e Michele Satriano. David Levi sul podio. Autore del musical
Giulietta e Romeo - ama e cambia il mondo, prodotto nel 2013 da Zard e direttore artistico per cinque anni del talent show di Canale 5 Amici di Maria De Filippi, Peparini ora è pronto per nuovo il debutto romano.

La tv aiuta o “confonde” la danza?

«Il responsabile della confusione non è la tv, ma chi non spiega ai ragazzi che cosa succede fuori. In un programma sei al centro dell’attenzione. Ma quando esci e sei nella giungla devi essere in grado di fare da solo».

Lo stile televisivo è meno “nobile”?
«Gli anni in cui sono stato in tv ho cercato di mettere sotto i riflettori diversi universi. Hip hop, classico, contemporaneo. Rolando Petit, che mi ha insegnato tutto, mi diceva sempre che dal cabaret alla scuola delle accademie russe, bisogna saper fare tutto. E dare il massimo. I cataloghi uccidono la fantasia».

Ma i ballerini dei teatri sono in grado di interpretare tutto?
«Tutti possono, se vogliono. Mentre ero all’American Ballet studiavo hip hop. E grazie ai corsi di recitazione a New York ho imparato a ridurre all’essenziale la mia gestualità pomposa da danzatore».

La sua propensione a utilizzare tutti i linguaggi dello spettacolo dal vivo è stata vincente anche nei templi della classica: lo Schiaccianoci pop e hiphop che ha presentato nelle scorse stagioni al Teatro dell’Opera è stato campione d’incassi. Merito anche della popolarità televisiva?
«Se la tv è servita da specchietto per le allodole e a portare a teatro chi non ci aveva mai messo piede prima, meglio così».

Che bagaglio si porta dietro dopo tanti anni in tv?

«Io ho usato la platea dello schermo anche per far passare altri messaggi. Argomenti fondamentali per i ragazzi. Di cui si parla molto poco. O molto male».

Droga? Bullismo? Sesso?
«Io sono stato vittima di bullismo. La mia infanzia, durissima. Sfottuto, emarginato e altro. Mi considero un Billy Elliot dei Colli Albani. E credo di poter dare una mano a chi ha vissuto quello che è successo a me. Ho cominciato a frequentare la scuola di danza quando avevo otto anni. La stessa di mia sorella, l’unico maschio della classe. Ci accompagnava mamma. Ma finita la lezione, prima di poter uscire e tornare a casa dovevamo aspettare che fossero tutti andati via».

Un uomo ballerino continua a essere recepito come un diverso?
«Certo, effeminato e fragile. Le cose per me sono cambiate soltanto quando ho cominciato a lavorare. Venni scelto per Fantastico 9, con Bigonzetti. Ora mi diverto quando torno a casa e incontro i reucci di Colli Albani...».

E di che cosa altro parla ai ragazzi?
«Protezione sessuale. Non sa quanti considerano ancora il profilattico un alien, un nemico. Zard era un complice assoluto. Cercavamo sempre, negli spettacoli che abbiamo fatto insieme, di far passare altro, insieme con il divertimento».

Il kolossal “Giulietta e Romeo”, che ha diretto per Zard, è stato in tour anni. E ora per la stagione estiva del teatro dell’Opera a Caracalla un nuovo “Giulietta e Romeo”. Un caso? Una passione? O un’ossessione?
«All’inizio, quando Zard me lo propose, non mi andava granché, ma gli avevo già detto di no a Tosca e a Dracula. Quindi ho accettato e ci siamo messi al lavoro. Ora è un pezzo di me. Una storia culturale e sociale, dentro c’è tutto. Il romanticismo e la disperazione. L’ebbrezza di poter fare e l’impotenza. Con Zard abbiamo fatto un musical. A Caracalla sarà un balletto. Diverso, senza le parole di Shakespeare, è tutto diverso. L’amore sarà il pretesto per raccontare anche l’odio. Insomma, ho trovato una nuova via».

Quale?
«Le tensioni le racconto usando il linguaggio della danza. Breakers contro ballerini classici. Capuleti contro Montecchi. Che se le danno di santa ragione. È uno spettacolo nello spettacolo assistere alla fusione di due gruppi che erano estranei fino a un momento prima. L’arrivo di una nuova comunità contamina l’ambiente. Lo arricchisce».

Un sogno?
«Firmare una regia d’opera.
Tosca, Traviata, il Barbiere. O La Damnation de Faust, che sarebbe proprio nelle mie corde. Non sono un esperto di musica lirica. Ma ho molte idee e qualcosa da dire». 
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