Ron: «Salmo ha fatto una cosa orrenda, il rimedio per il caos è la testa e non la pancia»

Ron: «Salmo ha fatto una cosa orrenda, il rimedio per il caos è la testa e non la pancia»
di Mattia Marzi
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Domenica 5 Settembre 2021, 09:27 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 11:20

Le canzoni sono tante. I ricordi più delle canzoni stesse. Il tour con Dalla e De Gregori e I ragazzi italiani. Il successo come interprete e la cover in italiano di The Road di Danny O' Keefe (resa celebre da Jackson Browne), Una città per cantare. Il rilancio negli Anni 90 e la vittoria al Festival di Sanremo 1996, in coppia con Tosca, con Vorrei incontrarti fra cent'anni. La scomparsa di Lucio Dalla e quell'ultimo regalo dell'amico di una vita, sotto forma di un testo appuntato su un bigliettino incastrato tra le corde della chitarra prima di partire per un lungo viaggio: «L'ho trasformato in canzone. Pur non avendo avuto alcun riscontro a livello discografico, per me rimane importantissima. È un amuleto che mi accompagna ovunque», racconta Ron, vero nome Rosalino Cellamare. Il 68enne cantautore questa sera farà tappa con il suo tour estivo a Castelnuovo di Porto.
Di quale brano parla?
«America, che incisi nel 2014 per l'album Un abbraccio unico. Lucio scrisse il testo nel 92, raccontando il malessere interiore che provavo io in quel periodo».

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Cosa la tormentava?
«Stavo vivendo un momento difficile. I miei dischi non vendevano, il pubblico mi aveva dimenticato. Una sera mi sfogai con lui, che mise in rima quei pensieri: Ascolta il silenzio, il vuoto che hai dentro, recitava il testo».
Fece tesoro di quelle parole?

«Eccome. Capii che per superare quel vuoto dovevo trasformare le delusioni in energia creativa, senza lasciarmi affossare dalle vendite deludenti di un album, dalle invidie, dalle frustrazioni. Quelle parole mi hanno guidato anche in questi ultimi anni, che sono stati difficilissimi».
Perché?
«Per una serie di progetti che non sono andati come ci si aspettava. In mezzo ci sono stati anche due Festival di Sanremo da dimenticare. Quello del 2014 con Sing in the Rain, arrivato penultimo, e quello del 2017 con L'ottava meraviglia, eliminato addirittura prima della finale».

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Non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore: in oltre 50 anni di carriera le sue soddisfazioni se l'è prese, o no?
«Sì. Ma Sanremo resta sempre Sanremo. Lì tutto viene ingigantito, a partire dalle delusioni: la classifica, le aspettative, i giudizi. Sono state batoste durissime».
Le ha digerite?
«Ora sì. D'altronde lo dicevo anche in “Una città per cantare”: nella vita di un artista possono esserci anche momenti bui. L'importante è trovare la forza di rialzarsi».
Lei dove l'ha trovata?
«Nelle canzoni del nuovo album, che uscirà a gennaio. Sarà il mio primo disco di inediti dopo sette anni. Ho voluto dare un'opportunità ad autori giovani e talentuosi ancora sconosciuti, vestendo i panni di interprete».
Ne suona qualche anticipazione, stasera?
«Sì, il singolo Abitante di un corpo celeste, uscito prima dell'estate. L'ho scritto insieme a Guido Morra, autore di successi come I migliori anni della nostra vita».
La canzone più cantata ai suoi concerti?
«Non abbiam bisogno di parole: fatica a restare indietro nel tempo. Forse ha più successo ora che quando la pubblicai, nel 92. La suono piano e voce: le persone la cantano dall'inizio alla fine».
E quella che a lei piace ricordare?
«I ragazzi italiani. La scrissi quando De Gregori mi chiese di curare gli arrangiamenti di Banana Republic, il tour con Dalla. Piacque tantissimo a Loredana Bertè, che nel 2005 volle inciderne una cover contro il volere dei suoi discografici».
La pensa come De Gregori sul concerto di Salmo a Olbia?
«No. Mi spiace, ma non condivido quello che ha detto Francesco. Salmo ha fatto una cosa orrenda, mettendo a repentaglio la sicurezza di tutte quelle persone.

In questo momento storico ci vuole testa, non pancia».

 

Castelnuovo di Porto, Piazza Vittorio Veneto. Stasera, ore 21.30 (ingresso gratuito, prenotazione al numero 3663402758).
 

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