La pianista Beatrice Rana in concerto a Viterbo: «La musica non appartiene soltanto alle grandi città»

La giovane e grande pianista Beatrice Rana interrompe la sua tournée europea per un recital, il 30 settembre alle 20.30, nella basilica di Santa Maria della Quercia, a Viterbo. «l’Italia è piena di piccoli, preziosi, centri che possono essere riscoperti e rilanciati grazie a festival e rassegne»

La pianista salentina Beatrice Rana, 30 anni
di Simona Antonucci
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Sabato 30 Settembre 2023, 00:05

Anversa, Liegi... Tuscia. La giovane (30 anni) e grande pianista italiana Beatrice Rana interrompe la sua tournée europea per un recital, il 30 settembre alle 20.30, nella basilica di Santa Maria della Quercia, a Viterbo. «Ho suonato nella stessa chiesa l’anno scorso e sono rimasta incantata. Ci tenevo molto a tornare. Mi piace uscire dai circuiti main stream. La musica deve appartenere a tutti, anche ai piccoli centri. E l’Italia è piena di piccoli, preziosi, centri che possono essere riscoperti e rilanciati grazie a festival e rassegne».

Salentina, eccellenza italiana nel mondo, Rana è la star del Tuscia Festival, manifestazione che fino all’8 ottobre con concerti nelle basiliche, palazzi storici e teatri, a Sutri, Viterbo, Bassano Romano, Tarquinia, Vitorchiano, Bagnaia e Bolsena, accende i riflettori nei territori che custodiscono le memorie etrusche della penisola. Da un’idea di Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura, e del pianista Massimo Spada, direttore artistico della manifestazione (con il sostegno la Fondazione Terzo Pilastro e la collaborazione organizzativa ATCL, Circuito Multidisciplinare del Lazio), la Tuscia diventa palcoscenico per l’autore Stefano Sabelli e lo scultore Ettore Marinelli impegnati in un omaggio a Dante, per Pupi Avati (Tuscia e il Cinema), Barbara Alberti (amore) e Dario Salvatori (musica e streaming), e poi il teatro di Domenico Iannacone e la musica con Ian Bostridge e Beatrice Rana.

Che  programma ha scelto?

«Va da Aleksandr Skrjabin (Fantasia in si minore op. 28) a Franz Liszt (Sonata in si minore S178), attraversando Mario Castelnuovo-Tedesco (Cipressi, op. 17) Claude Debussy (La Terrasse des audiences au clair de lune, Ce qu’a vu le vent d’ouest, L’Isle Joyeuse. Lo stesso repertorio che porto in tour in questo periodo: è un cammino dantesco dalla dannazione, alla redenzione».

Liszt, Debussy e Dante?

«La sonata di Liszt mi accompagna da tempo.

Tra l’altro è il brano con cui mi sono diplomata. Lo riprendo spesso perché ha un impianto narrativo ricchissimo che procede come la Divina Commedia dentro gironi emotivi. La dannazione, appunto. Poi una parte centrale contemplativa, prima del riscatto, la liberazione finale. Tre momenti che sviluppo con gli altri tre compositori: la Fantasia di Skrjabin, fortemente drammatica; la riflessione con i Cipressi di Castelnuovo-Tedesco e poi la selezione da Debussy che termina con L’Isle Joyeuse, esplosione di colori e di gioia».

La sua rassegna estiva, Classiche Forme, nel cuore del Salento, è animata dallo stesso desiderio, quello di valorizzare il patrimonio italiano?

«Assolutamente sì. Quest’anno abbiamo avuto la settima edizione e c’è stato un vero exploit. Siamo sempre andati molto bene perché il pubblico cerca le cose belle. Ma ora abbiamo tanti turisti che programmano le vacanze nel Salento anche in base al calendario dei nostri concerti. Ci è voluto del tempo per convincere le persone che non si trattava di un’avventura stagionale, che la cultura può generare anche lavoro e aiutare l’economia. E soprattutto che non c’è bisogno, per avere successo, di fare riferimento a mete rinomate, da Grand Tour, o a repertori musicali ultra conosciuti. Si può anche osare. Nel Salento sta funzionando. E mi auguro che sarà così anche nella Tuscia. Me lo auguro, anche perché il direttore artistico è il mio compagno, il pianista Massimo Spada».

Due pianisti in casa: troppi?

«Parliamo molto di musica e ci accapigliamo spesso quando abbiamo idee diverse. Capita anche di suonare insieme. Ma soprattutto ci supportiamo a vicenda». 

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