Uomini che uccidono le donne, 9: quell'unica traccia un foglio da bruciare

Uomini che uccidono le donne, 9: quell'unica traccia un foglio da bruciare
di Roberto Costantini
7 Minuti di Lettura
Venerdì 19 Agosto 2016, 13:10 - Ultimo aggiornamento: 13:23
IL THRILLER
BALISTRERI
Dalla finestra ben chiusa del mio ufficio vedevo sciami di turisti e romani che si riversavano nei pub e ristoranti, come se fossimo ancora a Luglio. Dovevo sbrigarmi con quell'indagine e partire per raggiungere Bianca in montagna venerdì sera.
«Allora Corvu, possiamo velocizzare?»
Ovviamente lui si era già dato da fare, efficientissimo come sempre.
«Per l'autopsia il PM ha disposto l'urgenza, non ci sono parenti diretti da avvertire, Coletta la farà domani mattina alle otto.»
«Ci vado io. E la Scientifica?»
«Domani avremo il rapporto preliminare coi reperti messi agli atti. Questa è la lista degli oggetti che hanno trovato nella casa della ragazza. Ho evidenziato quelli che mi hanno colpito.»
Corvu era davvero il prototipo dell'impiegato pubblico come dovrebbe essere.
«Ti ascolto.»
«Primo, ripiegato con cura in fondo a un cassetto, sotto la biancheria, abbiamo una carta da pacco di un negozio di articoli di abbigliamento intimo di via Cola di Rienzo. Sabato scorso era il trentesimo compleanno di Anna. Questa carta è nuovissima e sopra c'è scritta a penna una A.»
«Va bene, al negozio ci andrò io domani mattina dopo l'autopsia. Continua.»
«Poi c'è uno scialle di seta. Un capo completamente fuori dal budget di Anna Bianchi. Una marca esclusiva, la vende solo una boutique di via Borgognona. Se vuole ci vado io.»
«Così poi passi lì accanto ad interrogare di nuovo miss tramezzino e prosecco?»
Corvu arrossì violentemente.
«E' sollo per risparmiarre il suo tempo, dottorre! Lei devve partirre Vennerdì serra e io cerco di aiutarla!»
Le consonanti doppie del dialetto Sardo volevano dire che avevo colto nel segno.
«Hai ragione, Corvu. Vai tu per lo scialle e passa anche da miss prosecco. Altro?»
«Le pillole anticoncezionali. La ricetta di prescrizione del medico è del 7 Giugno. E la relazione della Bianchi con quell'uomo è iniziata proprio allora, secondo Monica.»
«Monica?»
Lui arrossì di nuovo.
«Scusi, la signorina Rinaldi.»
«Ho capito, Corvu. E allora?»
«Niente, dottore. Solo per confermare che Mon... la signorina Rinaldi, dice il vero.»
Corvu non lo avrei mai voluto come figlio, era troppo imbranato con le donne e non lo avrei mai sopportato. Ma lo avrei voluto come genero, era uno dei pochi uomini affidabili sulla faccia della terra. Era ora di incoraggiarlo.
«Non ho mai dubitato di Monica. Aveva a cuore Anna. E' una brava ragazza.»
Il sorriso di Corvu si aprì. Perché diavolo avesse bisogno della mia benedizione per lanciarsi era un mistero per me inspiegabile.
«Hai trovato altro, Corvu?»
«Ho trovato quello che non ho trovato.»
Un tempo, quando se ne usciva con quelle frasi criptiche, lo minacciavo di rispedirlo sui monti della sua Sardegna a pascolare le capre. Ma oggi c'erano Bianca e Linda ad allenare la mia pazienza.
«Dimmi cosa manca.»
«Il cellulare ce l'hanno tutti. In questa lista non c'è. E quindi l'assassino se lo è portato via. Mon... la Rinaldi, mi ha detto il numero e ho già chiesto al PM l'autorizzazione per avere dal gestore il traffico telefonico.»
«Bravo. Allora siamo a posto. Domani mattina io vado all'autopsia e poi a via Cola di Rienzo al negozio di intimi. Tu a via Borgognona per lo scialle e poi da Monica Rinaldi. O vuoi che ci scambiamo?»
Sorrise.
«Sa dottore, anni fa lei scherzava così poco. Invece ora è così simpatico, da quando ha conosciuto Bian...»
Lo interruppi brutalmente.
«Attento Corvu, non ti scordare mai dei tuoi monti e delle tue capre.»
RUBINI E COLONNA
Nadia Giacobbe non era mai piaciuta a Marco Rubini. Era un' avvocatessa quarantenne dall'aria angelica ma tostissima che sua moglie aveva incontrato in uno di quei gruppi di donne con cui faceva yoga e meditazione, e ogni tanto degli autentici ritiri spirituali in luoghi improbabili dove lui non aveva mai messo piede. Il fatto che la Giacobbe fosse un ottimo avvocato penalista che da un lato faceva assolvere ricchi bancarottieri per ricchissime parcelle e dall'altro assisteva gratuitamente come parte civile donne oggetto di violenza, la rendeva agli occhi di Giulia una specie di moderno Robin Hood, mentre per lui era solo l'ennesima donna che sfruttava la sua femminilità sul lavoro.
Marco Rubini aveva chiare due cose: lui si era messo in guai molto grossi e la sua salvezza dipendeva da quelle due donne. Nadia sedeva sul divano nel loro salotto, Giulia accanto a lei. E lui su una sedia davanti a loro, l'imputato. Aveva raccontato di nuovo tutta la storia con Anna Bianchi, sino al lunedì sera.
«Lei aveva scoperto di aspettare un bambino.»
Nadia Giacobbe lo bloccò con un gesto.
«Il bambino non ci interessa. Ci interessano solo le tracce che puoi aver lasciato in giro in questi due mesi del tuo rapporto con la vittima. A Sabaudia ti ha visto qualcuno con lei?»
«No, la villa è isolata e non siamo mai scesi in spiaggia. L'auto a noleggio l'ha guidata lei, ho sempre pagato in contanti, mai dato un documento, non le ho mai dato il mio cellulare.»
«Bene» disse Nadia, «dovremmo fare dei corsi nelle scuole alle ragazze per essere meno stupide. E Lunedì sera?»
«Ci siamo lasciati lì al bar vicino alla stazione Termini, le ho detto che andavo a prendere il treno delle nove per Milano. Solo che Anna è rimasta lì in giro e mi ha visto uscire dal garage sulla mia BMW. Io non l'ho vista, ma lei si deve essere segnata la targa su questo biglietto.»
Tirò fuori dalla tasca un pezzo di carta a quadretti e fece per porgerlo alle due donne. Ma Nadia lo bloccò.
«Non voglio né vederlo, né toccarlo. E neanche Giulia. Dove lo hai preso?»
«Ieri sera, a casa di Anna. Lei me lo ha sbattuto in faccia. Insieme a tutto ciò che aveva scoperto.»
Vide lo sguardo di disprezzo di Nadia Giacobbe e pensò che se lo assisteva era solo grazie a Giulia, per evitare che io trascinassi anche lei nel fango dello scandalo.
«Come sei andato dalla Bianchi?» chiese Nadia.
«Ovviamente non ho preso la BMW, lo so che ci sono telecamere dovunque. All'andata ho preso un taxi in piazza Cavour e al ritorno ho preso la metro alla Piramide e il resto a piedi.»
Giulia annuì.
«Dormivo, ma ti ho sentito rientrare. Che ora era?»
«Non so, ci ho messo tanto a tornare, verso l'una, credo.»
Nadia non aveva finito con le domande.
«Ci possono essere tue tracce sul coltello con cui è stata uccisa Anna Bianchi?»
Lui scosse il capo.
«No, assolutamente. Ma in quella casa certamente sì.»
Nadia Giacobbe mi guardò e pensai che se avesse potuto disintegrarmi lo avrebbe fatto volentieri.
«Questo non ha alcuna importanza. Se arriveranno a te, cosa che potrebbe non accadere mai, ammetterai la relazione e sarà ovvio che ci sono le tue tracce lì, tanto le tracce non hanno età. E distruggi subito quel biglietto con la targa, brucialo.»
«E se per caso trovassero un collegamento tra me e Anna? Se chiedessero dove ero martedì sera?»
Giulia si sporse verso di lui. Aveva occhi che lui non era mai riuscito a vedere. Occhi di una donna forte che difende il suo territorio, il suo status, sé stessa, non lui.
«Sei stato sempre a casa con me ieri sera. Fai conto che sia vero, convincitene e cancella tutto il resto.»
Nadia Giacobbe intervenne subito.
«Te lo sconsiglio vivamente, Giulia. E' una follia.»
Ma Giulia alzò le spalle.
«Un tempo l'avrei fatto per te, Marco. Oggi non lo faccio per te, ma per me. Correrò il rischio.»
Marco Rubini aveva sempre saputo di poter contare più su sua moglie che su sé stesso, anche se non lo avrebbe mai ammesso. Ora che la guardava non più con gli occhi del marito annoiato si rendeva conto che lei non era vecchia, non era piatta, non era scialba. Era una donna di 38 anni, forse un po' troppo magra e che non dava troppo peso al trucco per coprire le rughe. Ma aveva un corpo ben fatto, lineamenti delicati, occhi che erano sia dolci che intelligenti. Oltre a ciò che aveva sempre saputo di lei, che era un cavallo vincente. Solo che lui era un fesso che aveva avuto in mano la puntata su quel cavallo e l'aveva buttata via.

9-continua
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