Uomini che uccidono le donne, 14: dentro la mente dell'assassino

Uomini che uccidono le donne, 14: dentro la mente dell'assassino
di Roberto Costantini
6 Minuti di Lettura
Lunedì 22 Agosto 2016, 12:37
IL THRILLER
VENERDÌ, ORA DI PRANZO
BALISTRERI
La notizia dell'arresto di Marco Rubini era sulle prime pagine dei giornali e dei tg. Solite ricostruzioni psicologiche, profili di lui, il marito un po' farfallone peraltro considerato inoffensivo da chiunque lo conoscesse. Come se non fosse esattamente in quell'accoppiamento, farfallone e inoffensivo, il germe della possibile violenza.
Fuori il sole era così caldo da essere offuscato da una cappa di afa umida in cui si muovevano turisti disidratati e Romani esausti. Il piccolo bagaglio per la montagna era in un angolo del mio ufficio, il pullman per L'Aquila prenotato per le quattro del pomeriggio dalla stazione Tiburtina.
Chiuso nel mio ufficio per tutta la mattina con le persiane accostate, firmai tutte le carte necessarie e mi fumai un bel po' di Gitanes. Avrei voluto non pensare più ad Anna Bianchi e Marco Rubini, ma i pensieri arrivano come e quando vogliono.
Come fanno le donne a scegliersi certi uomini? Perché li proteggono? Perché si bevono le loro bugie? Perché diventano i mandanti dei loro assassini?
Quell'ultimo pensiero, lo sapevo, era terribile. Ma era ingiusto? Ingiustificato? Anna Bianchi aveva una piccolissima parte di responsabilità nella sua morte? O era solo destino? Quel destino che l'aveva messa accanto a Marco Rubini su quel treno?
Qualcosa si mosse. Non era esterna, era dentro di me. Una domanda sul destino. Guardai l'ora. Facevo in tempo. Raggiunsi a Regina Coeli il pm e Corvu che stavano completando l'interrogatorio di Marco Rubini che era assistito da Nadia Giacobbe.
Ora, di fronte al biglietto della metropolitana, Marco Rubini sosteneva che sì, era stato martedì sera da Anna Bianchi, che sì, avevano discusso, ma no, non l'aveva uccisa e non aveva portato il coltello da casa. Io non feci nessuna domanda sino alla fine. Solo quando il pm fece per chiudere l'interrogatorio mi rivolsi a Rubini.
Perché scelse proprio quel posto sul treno?
Ebbi la risposta prima ancora che Rubini parlasse: tre sguardi stupiti, uno sguardo atterrito.
Era stato un pomeriggio molto più complicato di quanto avessi previsto. Erano le undici quando suonai alla porta di casa Rubini-Colonna. Suonai più volte, sino a che udii dei passi. Giulia mi aprì, indossava una vestaglia allacciata in vita e pantofole.
Vedo che la carcerazione di tuo marito non ti toglie il sonno.
Lei mi fece strada sino al solito salottino. Si sedette, accavallò le gambe e si accese una sigaretta.
Non stavo dormendo. Cosa vuoi?
La osservai meglio. Era tranquilla, rilassata, fredda. Ecco, fredda. Quello, più di ogni altro, era l'aggettivo che si era fissato nei miei ricordi anni prima. In qualunque momento, lei sapeva ciò che faceva.
Ho pensato al destino, Giulia. Ci penso ogni tanto.
Lo so, me lo ricordo. Nietzsche e tutto il resto. Tu non credi nel destino.
Non credo sempre nel destino. Per esempio il 3 Giugno. Anna e tuo marito seduti accanto in treno.
Lei alzò le spalle.
Nadia, l'avvocato Giacobbe, mi ha detto della tua domanda a Marco oggi.
Lo immaginavo dal suo sguardo quando ho fatto la domanda. Era molto preoccupata.
Lei ignorò il mio commento e sbuffò un po' di fumo.
Sì, è vero, quel viaggio glielo ho prenotato io, lo facevo a volte. Il destino ha voluto che Marco capitasse accanto a quella lì.
Destino. Come quella volta che tornai a casa tua perché mi ero dimenticato il fascicolo? Sai, mi ero sempre chiesto perché non fosse nella mia borsa, ora lo so. Lo avevi tolto tu.
Lei aggrottò le sopracciglia.
Volevo che tu mi sorprendessi a letto con un'altra donna? E perché?
Me lo avevi detto la sera prima il perché. Perché ero un maschilista che considera le donne come esseri inferiori. Ed era vero, ma pensavo scherzassi.
Lei spense la sigaretta.
Non scherzavo affatto, Balistreri. E se hai finito con queste scemenze vorrei tornare di là.
Da Nadia Giacobbe?
Lei mi guardò dritto negli occhi.
Nel caso, non sono affari tuoi.
Mi è venuto un pensiero, Giulia. Ora che Marco ha ammesso di essere andato a casa di Anna Bianchi, neanche te hai un alibi.
E perché mai dovrei avere un alibi? Io non sapevo che quella ragazza esistesse sin quando Marco me lo ha raccontato dopo il delitto.
Non è vero. Anna aveva preso la targa della BMW di Marco e da quella era risalita al cognome di lui e al vostro indirizzo. Era venuta sotto il vostro palazzo e si era appuntata con una biro sull'interno del polso i vostri cognomi. Rubini-Colonna. E aveva messo un punto interrogativo subito dopo.
Davvero. E perché?
Perché conosceva una cliente della boutique di cognome Colonna. Era quella che le aveva parlato bene di Sabaudia, quella che le aveva procurato il colloquio di lavoro a Milano il 3 Giugno e che dal PC del negozio l'aveva persino aiutata a prenotare il treno e a scegliere il posto. Ah, l'altra commessa, Monica, ha riconosciuto la tua foto. Li hai messi accanto tu su quel treno, Anna e tuo marito.
Ma che cosa carina, Michele. E pensi anche che gli abbia spiegato come sedurre la ragazza?
Non ce n'era bisogno. Sapevi che è l'unica cosa in cui è bravo quell'idiota di tuo marito. Tu gestivi persino la sua Carta Freccia di accumulo punti e sapevi tutti i viaggi veri e quelli inventati. Conoscevi i suoi meccanismi con le amanti, due o tre mesi al massimo. Hai messo nella testa di lei Sabaudia, hai dato a lui l'occasione andandotene a Londra e dicendogli di andare a pulire la villa e hai avuto il colpo di genio.
Quale colpo di genio?
Indicai il reggiseno verde che indossava sotto la vestaglia.
Edith mi aveva detto del reggiseno di quarta taglia trovato nel trolley di Marco dopo Sabaudia, quello che lui le aveva chiesto di distruggere. Avevamo dato per scontato che fosse di Anna, finito lì dentro per sbaglio. Ma oggi pomeriggio ho ricontrollato la lista della Scientifica. Quello di Anna era a casa sua, con gli slip. Il terzo era in più.
Un reggiseno misterioso?
Non è misterioso. Hai chiesto quel regalo e hai seguito Marco al negozio di Cola di Rienzo. Lui ha fatto quell'idiozia e tu hai comprato un reggiseno identico a quello di Anna che hai messo nel trolley di Marco quando è tornato da Sabaudia.
E perché mai?
Perché il suo tempo era scaduto, come il mio a suo tempo. Ora vuoi stare solo con Nadia e vuoi tenerti tutti i soldi. Un giochetto semplice, tutte le prove necessarie per ottenere una separazione per colpa di quel fesso di tuo marito. Se la chiedessi tu per stare con Nadia Giacobbe sarebbe difficile tenersi i soldi.
Lei non disse nulla e io continuai, era ora di farla finita.
Avevi previsto tutto. Tranne che Anna restasse incinta. Ora il guaio era troppo grande, Anna avrebbe scoperto tutto, anche il tuo ruolo, la tua reputazione era in grave pericolo. Bisognava metterla a tacere, ma ovviamente per questo non potevi contare su tuo marito.
Sentii dei passi leggeri nel corridoio, ma continuai.
Dopo la finta telefonata di sua sorella lo hai seguito col tuo motorino. Hai aspettato che se ne andasse da casa di Anna e sei salita, ti eri portata il coltello, quella poveretta ti ha aperto, un colpo al cuore e via. Poi sei tornata qui prima di lui. Vedrai che la Scientifica lo troverà il tuo Dna in casa di quella povera ragazza. E quello taglierà la testa al toro, perché lì tu non dovresti averci mai messo piede.
I suoi occhi erano gelidi, gli occhi di un'assassina. Dalla porta del salottino entrò Nadia Giacobbe. Anche lei in vestaglia, e con una piccola pistola in mano puntata su di me. Poi si sentirono altri passi. Corvu e cinque agenti armati apparvero dietro di lei. Non aspettai che le ammanettassero. Avevo fretta e non mi andava. Mi alzai e me ne andai. Senza salutare Giulia Colonna, come le altre volte.
Cinque minuti dopo ero in strada, deserta nell'afa di mezzanotte. Salii sull'auto e chiamai Bianca.
Sto partendo adesso.
Preso l'assassino, Balistreri?
Certo. Come sempre.

14-fine