Uomini che uccidono le donne, 13: le bugie di Marco e l'arma del delitto

Uomini che uccidono le donne, 13: le bugie di Marco e l'arma del delitto
di Roberto Costantini
6 Minuti di Lettura
Venerdì 19 Agosto 2016, 13:12 - Ultimo aggiornamento: 22 Agosto, 12:34
IL THRILLER
BALISTRERI E MARCO RUBINI
Marco Rubini e Nadia Giacobbe, sedevano a un lato del tavolo, io e l'agente che verbalizzava di fronte. Corvu era già a casa di Rubini per la perquisizione. Conoscevo la Giacobbe e la stimavo molto, come avvocato era brava e come difensore delle donne oppresse ancora di più. Che ci faceva lì, a difendere quel delinquente? Ma avevo fretta, non avevo tempo per pormi queste domande e dopo i convenevoli legali passai subito ai fatti.
Allora, signor Rubini, non perderò tempo. Il 3 Giugno, circa due mesi fa, lei e la Bianchi eravate sul treno delle otto da Roma a Milano, stessa carrozza, seduti accanto. Lei si è presentato come Marco Diamanti, il nome che ha dato al ristorante sopra il Colosseo. E il lunedì 6 Giugno, dopo aver fissato un appuntamento via Skype vi siete visti a piazza di Spagna. Abbiamo ricostruito tutto: l'acquisto dello scialle, la passeggiata in carrozza, la cena sopra il Colosseo, l'acquisto dei due completini intimi, l'auto noleggiata da Anna che lei ha pagato in contanti alla Hertz della stazione. Tante persone hanno già riconosciuto la sua foto. Dai tabulati del cellulare di Anna abbiamo individuato moltissimi contatti Skype con un Internet point tra San Pietro e casa sua. Il titolare ha riconosciuto la foto del signor Rubini.
Lui guardò Nadia Giacobbe che annuì. Era ora di ammettere qualcosa.
Va bene, la conoscevo. Che c'è di male?
Lo guardai negli occhi.
Anna era incinta. Lei lo sapeva?
Lui rispose immediatamente come il suo avvocato gli aveva suggerito. Ammettere la conoscenza, negare il movente.
Assolutamente no, ma di chi era il bambino?
Lo fissai senza nascondere lo schifo che provavo per lui.
Ce lo dirà il suo Dna. Comunque la gravidanza è iniziata proprio due mesi fa, come la vostra relazione. La sua collega al negozio dice che l'ha scoperto lunedì all'ora di pranzo. La sera vi ha visto abbracciati in mezzo a piazza di Spagna e poi vi ha visto prendere un taxi. Cosa è successo dopo?
Lui fece un gesto vago, come se stessimo parlando di insulsaggini.
Abbiamo preso qualcosa da bere in un bar vicino alla stazione Termini. Poi da lì Anna ha ripreso la metro per casa sua e io la mia auto per casa mia.
Ora ero preoccupato. Era troppo sicuro di sé.
Va bene, signor Rubini. Ora parliamo di martedì sera, quando la Bianchi è stata uccisa. Lei dove si trovava tra le nove e mezzanotte?
Lui mi fissò, quegli occhi furbi ma non intelligenti.
Ero a casa mia, con mia moglie. Non mi sono mai mosso da lì, chiedetelo a Giulia.
Mi bastò la lieve contrazione della bocca di Nadia Giacobbe per essere certo che, come sempre, Rubini mentiva.
BALISTRERI
Arrivai in via Cicerone in venti minuti.
Mi aprì la colf Filippina. Un appartamento borghese, pieno di mobili, quadri, oggetti collezionati nei viaggi, foto. E librerie a tutte le pareti, libri dovunque.
Signola Giulia non c'è, ma io chiama, lei tolna subito.
Mi introdusse in un salottino in penombra, fresco e silenzioso.
Lei vuole bele qualcosa signole?
No Edith. Ma già che sei qui vorrei chiederti una cosa. Il signor Marco ha comprato un regalo per la signora Giulia, in questi giorni. Un completino di pizzo verde, reggiseno e mutandine. Tu l'hai visto?
Accadde qualcosa di assolutamente imprevedibile. Fu come se l'avessi colta sul fatto mentre rubava i gioielli della padrona di casa. Si portò le mani al volto e cominciò a singhiozzare.
Io no colpa, signole io in Italia tanti anni, no ploblema, niente con Polizia
Le posai una mano sulla spalla.
Edith, sono certo che tu non abbia fatto nulla di male, volevo solo sapere se
Completino signola Giulia io messo cassetto, ma altro reggiseno.
Feci in tempo a fermarmi, prima di mostrare il mio stupore.
Certo, dimmi dell'altro reggiseno.
Semple pizzo verde, identico. Solo seno più grande.
Ho capito Edith. Dove lo hai trovato?
Valigia signol Marco dopo tolnato da Sabaudia. Io tlovato, detto lui
Certo, il reggiseno di Anna Bianchi era finito, per caso o non per caso, nel trolley di Marco Rubini alla fine del weekend a Sabaudia.
Dove è questo reggiseno, Edith?
Lei riprese a piangere più forte.
Lui detto io no dice signola Giulia, dice io butta spazzatula.
La guardai.
Ma tu non l'hai buttato, vero?
Scosse il capo e tirò rumorosamente su col naso.
Costa molti soldi. Io ho nipote femmina con seno glosso, dato a lei.
Va bene, Edith. Non dirlo a nessuno. Appena stacchi lo vai a prendere e lo porti alla Polizia, in un bel sacchetto di plastica.
Sentii i passi, i tacchi, poi lei apparve sulla porta del salottino. Per un attimo pensai che fosse un fantasma. Lei non si scompose, non si scomponeva mai.
Vai pure, Edith. Ciao, Michele.
Erano passati gli anni. Tanti, non avrei saputo dire quanti. Forse quindici. Lei allora era una giovane studentessa in lettere che sognava di diventare scrittrice. Io ero già un pezzo grosso alla Omicidi e la prima parte della mia storia con Bianca Benigni era finito. Mi ero buttato in mille relazioni per dimenticare Bianca e lei allora era giovane, bella, brillante, intelligente, fantasiosa. Non mi ricordavo il suo cognome, forse non lo avevo mai saputo. Ma ricordavo come era finita e perché.
Ciao Giulia.
Lei sorrise. Era calma e tranquilla come l'ultima volta in cui l'avevo vista. Me la ricordavo quella volta. Avevamo passato la notte insieme a casa sua vicino alla Sapienza. Al mattino ci eravamo alzati presto, lei mi disse che andava all'università e io dovevo andare alla Mobile per interrogare un sospettato. Ero arrivato alla Mobile e mi ero accorto di aver lasciato a casa di Giulia il fascicolo con gli appunti per l'interrogatorio. Ero tornato indietro, avevo aperto con una copia delle chiavi che lei mi aveva dato. Era un monolocale, Giulia era nel letto, nuda, con una donna. Calma e tranquilla. Avevo preso il fascicolo, lasciato le chiavi e me ne ero andato. Fine.
Perché? Quando ero giovane avevo fatto di tutto e di più. E allora perché?
Era ovvio. Perché quelle cose, se dovevano accadere, le decidevo io. Non lei.
Si sedette su una poltroncina e mi fece cenno di sedermi.
Indicai la casa, i mobili.
Da dove vengono i soldi? Hai ereditato?
Sempre bravo a denigrare le donne, Balistreri. Sì, diciamo che ho ereditato un po' di talento. Sai una cosa, Michele? È stato dopo la storia con te che ho deciso di sposarmi con Marco.
Non disse con un uomo come lui, uno che non vede chi sono davvero e non sparisce, uno che al peggio ammazza una ragazza ma che avrà sempre bisogno di me.
L'ho fatto mettere in stato di fermo. Sai perché, vero?
Fece un piccolo gesto, come se il perché fosse insignificante.
Lui non si è mai mosso da qui la sera in cui è stata uccisa quella ragazza.
Davate una festa?
No, una cena a due, una cosa intima. Succede anche dopo tanti anni di matrimonio ma immagino che tu non mi creda.
Mi alzai e me ne andai. Senza salutare, come la prima volta. Tornai alla Squadra Mobile. Corvu stava riesaminando i reperti della perquisizione e il suo sorriso diceva tutto.
Trovato qualcosa di interessante?
Non trovato. E quindi trovato.
Corvu, le capre ti aspettano sempre in Sardegna!
Rubini e Colonna hanno un servizio costoso per bistecche. Otto forchette e otto coltelli seghettati. Ne manca uno. Gli altri sono identici a quello trovato accanto al corpo.
Lo guardai, quasi incredulo.
Ma come hai fatto.
Tra i documenti della Scientifica c'era la lista sottoscritta da Anna Bianchi col proprietario quando aveva preso in affitto quel monolocale semiarredato. E non c'era alcun coltello costoso da bistecca.
Lo abbracciai, mentalmente. Ma non aveva finito!
E non basta, dottore. Abbiamo trovato nel sacco della spazzatura un biglietto di metropolitana da Ostiense-Piramide, Martedì sera alle 23 e 48.
Quel coltello e quel biglietto portavano Marco Rubini all'ergastolo. Non solo lo collocavano sulla scena del delitto, ma l'arma se la era portato da casa, Omicidio premeditato.
Guardai Marco Rubini mentre gli comunicavano la trasformazione del fermo in arresto prima di portarlo in carcere. Il suo bel volto era rigato dalla goccioline di sudore che dalla fronte gli scendevano sugli occhi e lungo le guance. Era proprio così: colpevole e vigliacco.
13-continua
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