Le ultime preghiere, ecco il romanzo di Enrico Gregori: «Non pensavo di riuscire a scrivere un giallo ambientato in una parrocchia»

La copertina del libro di Enrico Gregori
di Redazione Web
3 Minuti di Lettura
Domenica 2 Luglio 2017, 17:05 - Ultimo aggiornamento: 6 Luglio, 19:26
Con “Le ultime preghiere” (Historica Edizioni) Enrico Gregori, ex giornalista del Messaggero,  propone dopo numerosi libri, il suo secondo romanzo sulle avventure dell’investigatore privato V alerio Lojodice.

A differenza del precedente “Le identità di Cleo”, questo nuovo libro appare maggiormente rivolto all’aspetto psicologico dei personaggi. Ma questo particolare non fa passare in secondo piano la tensione e l’intrigo della storia investigativa. Lojodice continua a essere in bilico tra la sua professione e la vita privata sembrando spesso confuso in entrambi i settori. Personaggi importanti, come la stessa Cleo e il maggiore dei Carabinieri Massimo Bucci tentano in qualche modo di spronarlo verso un equilibrio che Valerio in realtà raggiunge solo raramente. Ma chiediamo all’autore se può spiegare meglio il suo approccio alle storie e ai personaggi.

Nel primo romanzo della serie c’era un personaggio forte e presente, l’avvocato Magrini. Perché in questo nuovo romanzo non compare più?

«In effetti mi sono reso conto che l’avvocato riscosse la simpatia dei molti lettori. Paradossalmente l’ho eliminato anche per questo motivo. Dato che io non sono un best-seller, ho come obbiettivo mettermi alla prova e tentare di migliorare. Per cui ho voluto provare a cavarmela anche senza un personaggio accattivante. Inoltre in questo secondo romanzo di personaggi molto presenti ce ne sono abbastanza e credo che un’ulteriore presenza forte sarebbe stata ingombrante.»

Lei è un giornalista che per quasi quarant’anni si è occupato di cronaca nera e giudiziaria. Quanto le è utile questo nella scrittura dei suoi romanzi?

«Le storie sono tutte frutto di fantasia, nel senso che non mi piace sfruttare nei romanzi episodi veri ai quali mi sono dedicato per motivi professionali. Di sicuro il mio mestiere è fondamentale per descrivere in maniera appropriata gli ambienti e i ruoli degli inquirenti. Ovviamente non faccio trattati di tecnica investigativa, metto semplicemente le persone giuste al posto giusto»

Sembra di cogliere una velata critica verso altri autori. È così?

«Mi avvalgo della facoltà di non rispondere»

Ci sono autori illustri che scrivono sciocchezze circa il ruolo degli inquirenti?

«Sì. Ma alcuni di loro sono talmente geniali e bravi nello scrivere che è comprensibile che possano avere un grande successo»

Da autore, lei può sottolineare le differenze principali tra “Le identità di Cleo” e “Le ultime preghiere”?

«Posso parlare solo di questioni formali, perché per me l’autore deve pubblicare e poi “scomparire”. Posso dire che di solito una storia investigativa si snoda in ambienti torbidi, dove agiscono criminali incalliti. In “Le ultime preghiere” racconto una vicenda nella quale l’epicentro è una parrocchia dove Don Vittorio è riuscito ad amalgamare una comunità di preghiera devota e solidale. Onestamente non pensavo di riuscire a portare a termine il racconto però, come spesso succede. è stata la storia a guidare l’autore. Ovviamente la sentenza sui risultati spetta ai lettori»
© RIPRODUZIONE RISERVATA