Marco Presta e il centenario: «Sorrisi contro l’odio»

Il popolare conduttore radiofonico presenta il suo nuovo romanzo, “Verso l’abisso fischiettando”, che esce domani. Il protagonista è discriminato per la sua età, 133 anni: «La sua vita è uno spaccato della storia del nostro Paese, raccontato da un uomo comune»

Marco Presta, 62 anni
di Andrea Frateff-Gianni
4 Minuti di Lettura
Lunedì 29 Aprile 2024, 08:00

«La mia colpa è essere vivo. Non l’unica, certo, e neanche la più grave, ma è la sola che la maggioranza dell’umanità non riesca a perdonarmi, a quanto sembra. Per di più sto ancora abbastanza bene, cammino, mangio, evacuo, il tutto in maniera più spudorata e disinvolta di quanto una mummia dovrebbe fare». A parlare è Enrico, un uomo placido, tranquillo, che osserva il mondo, guardandolo fuori dalla finestra, comodamente seduto sulla sua poltrona. Una persona comune, come tante, ma con una grandissima particolarità: con i suoi centotrentatrè anni è l’uomo più vecchio del mondo. 

I TEMI
È lui protagonista dell’ultimo romanzo di Marco Presta, in uscita il 30 Aprile per Einaudi, intitolato Verso l’abisso fischiettando, all’interno del quale il conduttore radiofonico del Ruggito del coniglio, uno dei programmi più longevi e seguiti d’Italia, racconta l’epopea di questa specie di Matusalemme ormai costretto a vivere asserragliato nel suo appartamento mentre fuori infuria la tempesta. Al centro del libro, in cui tragico e comico si mescolano alla perfezione, risalta su tutti il tema della diversità: «soprattutto la discriminazione verso la diversità», dice Presta, «una caratteristica specifica dell’essere umano, capace di discriminare qualunque cosa, abituati come siamo a farlo perfino in un condominio, tra gli abitanti della scala A e quelli della scala B. Il tutto è portato qui all’estremo, perché non esiste in natura alcuna minoranza più minoranza dell’uomo più vecchio del mondo».

All’inizio andava tutto bene. La storia del vecchio nonnino aveva interessato tv e giornali, «un’azienda di integratori mi propose di farle da testimonial e lo stesso fece la casa farmaceutica produttrice di una pillola che prometteva erezioni miracolose», ma poi alla lunga, come capita spesso con le storie, anche quella dell’arzillo vecchietto aveva stancato e l’attenzione e la simpatia si erano, in un batter d’occhio, trasformate in odio. L’uomo più vecchio del mondo doveva morire, come tutti gli altri. La sua longevità non poteva più essere tollerata, veniva vissuta come una tremenda ingiustizia, una prepotenza, un abuso. 
«Prima hanno detto che con ogni probabilità sono il risultato di un esperimento russo o forse cinese. Una rivista australiana ha insinuato invece che io sia una creatura sintetica, un androide che sta aprendo la strada a un’invasione destinata a soppiantare la specie umana.

Il leader religioso di una Chiesa del Wyoming infine ha affermato di poter dimostrare con totale certezza che io sono il figlio del demonio, reso immortale dall’intercessione del mio influente genitore. Gli uomini non intendono far finta di nulla di fronte all’intollerabile provocazione della mia vetustà. Se fossi un assassino, probabilmente mi avrebbero già lasciato in pace». 

LE PROTESTE
Da lì infatti erano partite le manifestazioni di protesta, i picchetti davanti alla sua abitazione, i comizi, fino a quando un giorno un gruppo di estremisti turchi, noti con il nome di “Senilità blasfema”, tentano di dar fuoco alla casa e il governo si decide ad assegnargli una scorta e a far piantonare la sua abitazione giorno e notte. Salvo poi, in un secondo momento, decidere di lavarsene le mani. «Una delle cose più gravi che accadono all’interno del romanzo è che perfino la politica ad un certo punto lo molla», aggiunge Presta, «facendo quello che di solito fa la politica, ovverosia badare semplicemente ai suoi interessi. Quando la situazione degenera e sostenerlo diventa addirittura dannoso se ne libera, lasciandolo completamente solo». 

L’ITALIA
E sarà proprio attraverso gli occhi di quest’uomo solo che vedremo raccontata la storia d’Italia. «La vita di Enrico è un piccolo spaccato della storia del nostro Paese dalla fine dell’Ottocento ad oggi», conclude Presta, «narrata però questa volta attraverso le parole non di uno storico o di un addetto ai lavori ma bensì da un uomo comune. Un uomo che questa storia l’ha vissuta sulla propria pelle e la cui quotidianità diventa immediatamente credibile, perché identica a quella dei racconti che ci facevano prima i nostri nonni e poi i nostri genitori».

I TEMI
Un libro straordinario quello di Presta, capace di far sorridere ma allo stesso tempo di portarci a riflettere sulle questioni fondamentali dell’esistenza analizzando il tema della perdita e contemporaneamente quello dell’attaccamento alla vita. «Se la vita continua a piacerci nonostante i guai che ci procura, dev’essere bella davvero. Nel corso della sua durata perdiamo persone che amiamo visceralmente, incassiamo sconfitte e sopportiamo malattie, incontriamo ostacoli di tutti i generi, invecchiamo fino a non riconoscerci più. Però continuiamo a restarci aggrappati come naufraghi a un’asse di legno», dice ad un certo punto Enrico. Non avremmo saputo dirlo meglio. 

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