Galleria Borghese, riscoperto capolavoro di Ribera. La direttrice Cappelletti: «In mostra nella Sala di Caravaggio»

Il Ritratto di Mendicante di Ribera alla Galleria Borghese
di Laura Larcan
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Mercoledì 2 Dicembre 2020, 11:43 - Ultimo aggiornamento: 12:51

Lo sguardo diretto incalza lo spettatore con una disperazione composta. La pelle, piagata dalla sofferenza, compare a tratti, emergendo a colpi di riverberi dall’oscurità che avvolge l’intera figura. L’umanità è d’un naturalismo spietato, in quelle mani che spingono il cappello in primo piano a chiedere l’elemosina. Tanto antico quanto attuale, il “Ritratto di mendicante”. Pensare che questa tela seicentesca, conservata nei depositi della Galleria Borghese, è rimasta anonima fino agli ultimi studi che ne hanno riscritto la storia (1611-1612), riconsegnandola al talento di Jusepe de Ribera detto lo Spagnoletto, considerato maestro sommo e virtuoso del naturalismo caravaggesco.

 

Un capolavoro che ora può prendersi la sua rivincita, conquistando la ribalta di una esposizione permanente nella Sala di Caravaggio. La scoperta di documenti inediti sul soggiorno romano di Ribera, la vicinanza a Caravaggio, il confronto stilistico tra gli artisti, le indagini incrociate con gli inventari della collezione Borghese, ne fanno un tassello prezioso per arricchire il percorso espositivo del famoso museo statale. Se l’emergenza del Covid tiene chiuse le porte dei musei (per la loro riapertura secondo il decreto governativo si dovrebbe attendere oramai l’inizio del 2021), all’interno fervono i lavori capitanati dalla nuova direttrice, la storica dell’arte Francesca Cappelletti.

E che lavori, verrebbe da dire, visto che per la Sala di Caravaggio si parla già di una piccola grande rivoluzione nel suo allestimento con fior di sorprese, come anticipa la Cappelletti: «Il Ritratto di mendicante di Ribera sarà esposto vicino al Bacchino malato di Caravaggio.

La sua immagina sembra uscita dalla lettura che Caravaggio concepisce della figura singola ritratta che si confronta in modo diretto, schietto e ravvicinato con lo spettatore». Pensare che negli antichi inventari della famiglia Borghese il Mendicante era attribuita ancora a Caravaggio. Poi, l’oblio.

Per motivi stilistici il quadro è stato ricondotto a Ribera, complici gli ultimi studi sui documenti relativi all’astista spagnolo. «Di lui si pensava che fosse stato a Roma essenzialmente tra il 1613 e il 1616 - racconta Francesca Cappelletti - attraverso altri documenti ritrovati di recente, si è capito che lui invece era arrivato a Roma molto giovane, quindicenne, già nel 1606. Questo ci ha fatto capire meglio quello che dicevano le fonti a lui contemporanee, che parlavano di Ribera come di una specie di nuovo Caravaggio, di personaggio centrale a Roma per la pittura naturalistica». L’inserimento del Mendicante di Ribera nella Sala del Caravaggio diventa strategica: «La Sala, com’è noto, racconta bene tutta la vicenda artistica di Caravaggio, attraverso le fasi cronologiche del suo genio. Il Mendicante di Ribera apre una nuova finestra sulla posterità del Caravaggio».

Niente più anonimato per il Mendicante di Ribera. Ma cambierà anche un’altra didascalia nella Sala del Caravaggio. Quella del maestro del Giudizio di Salomone, l’altra tela rimasta fino ad oggi nell’aura del maestro anonimo. «Perché anche quest’opera è da far rientrare nella produzione del Ribera», avverte Cappelletti. Stesso autore, stessi anni romani. La soluzione dell’enigma-Ribera arriva da un lavoro sulle carte d’archivio: il Giudizio di Salomone della Galleria Borghese è stilisticamente vicino al quadro con Cristo fra i Dottori, oggi conservato in Francia, ma originario della collezione Giustiniani, nel cui inventario era attribuito proprio a Ribera. Se si considera che anche la Deposizione di Raffaello è tornata al suo posto dopo un lungo lavoro di indagini diagnostiche sulla tavola (intervento voluto dall’ex direttrice Anna Coliva), la Galleria Borghese davvero punta a regalare emozioni. Per dirla con la Cappelletti: «Il museo sara ancora più bello».

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