Ercolano, scoperto scheletro mutilato dal fuoco: «L'ultimo uomo in fuga dall'eruzione del Vesuvio»

foto ANSA
di Laura Larcan
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Venerdì 15 Ottobre 2021, 15:23

Cercava la salvezza dalla pioggia di lapilli e dalla furia dei flussi piroclastici. Il Vesuvio era alle sue spalle, il mare a pochi metri. La spiaggia era la sua ultima chance di fuggire. Un riparo nell'attesa di essere portato in salvo dalla flotta. Pompei ardeva, Ercolano veniva già travolta, in quella notte-alba del 79 d.C. E' questa la scena che viene evocata dall'ultima incredibile scoperta che arriva da Ercolano, lo scheletro parzialmente mutilato di un uomo che la valanga di fuoco e gas sputata dal Vesuvio in eruzione ha fermato a un passo dal mare. Rimasto per secoli sotto un muro di pietra alto più di 26 metri. «Un ritrovamento da cui ci aspettiamo moltissimo», sottolinea con l'emozione nella voce il direttore Francesco Sirano, dal 2017 alla guida del Parco Archeologico patrimonio dell'Umanità. E il ministro della cultura Dario Franceschini soddisfatto parla di «scoperta sensazionale». Il teatro della scena è quello dell'antica spiaggia della cittadina, dove sono ripresi nell'ultimo anno le campagne di scavo dopo le indagini degli anni '80 e '90 con l'obiettivo di allestire un percorso per la monumentale Villa dei Papiri ripercorrendo quella che nella città antica era la passeggiata sul lungomare. 

CHI ERA?

Le analisi antropologiche hanno rivelato che siamo di fronte ad un maschio di età matura, tra i 40 ed i 45 anni. Era riverso con la testa all'indietro in direzione del mare e circondato da pesanti legni carbonizzati, persino la trave di un tetto che potrebbe avergli sfondato la testa.

Le ossa appaiono di un rosso acceso, «è l'impronta lasciata dal sangue della vittima», dice l'archeologo spiegando che si tratta di una conseguenza del particolarissimo processo di combustione provocato a Ercolano dalla corrente di magma, cenere e gas arrivata dal Vesuvio. «Gli ultimi momenti qui furono istantanei, ma terribili - sottolinea -. Era l'una di notte, quando il flusso piroclastico esploso dal vulcano raggiunse per la prima volta la cittadina con una temperatura di 300-400 gradi, anzi, secondo alcuni studi anche 500-700 gradi. Una nube bollente che correva verso il mare ad una velocità di 100 chilometri all'ora ed era così densa da non avere ossigeno». 

PERCHE' NON ERA AL RIPARO?

Di certo non si trovava al riparo con tutti gli altri che aspettavano accalcati nei magazzini dei pescatori. Tante le ipotesi al vaglio ora degli archeologi. «Potrebbe trattarsi di un soccorritore, un compagno dell'ufficiale di Plinio che negli anni '80 era stato trovato ad una ventina di metri di distanza da questo punto, sempre sulla spiaggia», ipotizzano dallo staff del parco. Un militare, quindi, che magari stava allestendo una lancia per portare in salvo in alto mare un primo gruppo di persone. «Oppure uno dei fuggiaschi, che si era allontanato dal gruppo per raggiungere il mare sperando di riuscire a imbarcarsi su una delle lance di salvataggio, chissà forse l'ultimo e più sfortunato di un gruppo che era riuscito a prendere il largo», dice. O ancora il poveretto poteva stare di vedetta in attesa delle navi di soccorso, visto che Plinio il Giovane (nipote del grande ammiraglio e studioso che nell'eruzione del 79 d.C perse la vita) racconta che le quadriremi armate dallo zio avevano dovuto rinunciare all'ultimo all'approdo, fermate da un improvviso peggiorare della situazione. 

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