Tredici mesi al Polo Sud, il Diario dall'Antartide dei ricercatori italiani

Stagione invernale, l'ultimo spicchio di Sole lascia il Polo Sud
di Enzo Vitale
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Giovedì 6 Giugno 2019, 16:43 - Ultimo aggiornamento: 18:23

Sono in tredici e sono gli esseri più isolati dal mondo. Si trovano alla stazione italo-francese Concordia al Polo Sud. I sette italiani, i 5 francesi e il medico danese dell'Esa sono arrivati in Antartide sette mesi fa e resteranno  operativi fino al prossimo novembre.
Ora stanno affrontando le freddissime temperature antartiche in un periodo in cui il Sole non fa mai capolino. Qualche giorno fa la temperature è arrivaa a meno 102 gradi, un vero record.

LO STATION LEADER
A coordinare i nuovi “inquilini” della Base a  75°06'06''Sud - 123°23'43'' Est (queste le coordinate) c'è Massimiliano Catricalà, lo Station leader.
Insieme a lui Bertrand Laine (responsabile tecnico della Base), Daniele Giambruno (chef), Gianluca Ghiselli (medico) Nadja Albertsen (medico), Damien Beloin (meccanico),  Thibault Gillet (elettricista), Alessandro Mancini (tecnico informatico), Giuditta Celli (glaciologa), Ivan Bruni (astrofisico), Julien Le Goffe (idraulico), Julien Moye (chimico) e Megane Louise Christian (fisico dell'atmosfera).
 



A Catricalà chiediamo subito in cosa consiste il suo ruolo
«Sono responsabile della base nella sua operatività, del coordinamento del personale e della supervisione dello stato psicologico e sociale delle persone in accordo con il medico. La convivenza all’interno di spazi ridotti per un lungo periodo può portare una persona a isolarsi o ad avere reazioni contrastanti con gli altri. Qui il fattore gruppo è fondamentale».

Per il ricercatore del Cnr è la prima volta in Antartide, «Sì, e credo che sarà sicuramente un’esperienza che mi segnerà».

LA PREPARAZIONE
Le fasi preparatorie per un luogo così lontano da tutto, per gli italiani, sono organizzate dall'’Enea (Agenzia per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo sostenibile) con corsi di ambientamento sul Monte Bianco e sulla sicurezza presso la sede del Brasimone. Mentre la missione si svolge nell’ambito del Pnra (Programma Nazionale di Ricerche in Antartide), che ogni anno viene finanziato dal Miur. L’Enea ha il ruolo di selezionare il personale, pianificare e realizzare materialmente le spedizioni. Il Cnr (Consiglio Nazionale delle Ricerche), invece, coordina i progetti scientifici. L’Ipev (Istituto polare francese Paul-Émile Victor) prepara il personale francese.

Catricalà come definirebbe il suo gruppo?
«Un bellissimo gruppo di professionisti. Abbiamo anche una ricercatrice australiana che lavora per il Cnr. Ricordo pure che durante l’inverno, nelle varie basi del continente, ci sono circa 700 persone».

Quanto tempo rimarrete isolati a Concordia?
«Da febbraio a novembre prossimo».

Ci saranno scambi e visite con le altre basi del Polo?
«In un continente grande tre volte l’Europa (durante l’inverno arriva ad esserlo cinque volte per l’espansione dei ghiacci sui mari), le distanze sono considerevoli. La più vicina a noi è la base russa di Vostok a 600 km ma ovviamente irraggiungibile d’inverno a causa delle temperature che non permettono l’utilizzo di mezzi a motore».

La spedizione che vi ha preceduto ha anche simulato, in un certo senso, un viaggio verso Marte. Più che altro ha testato gli aspetti psicologici di un gruppo umano in un luogo così isolato...
«La permanenza a Concordia in totale isolamento, è assimilata ad una missione spaziale su Marte. Per tale motivo l’Esa studia gli “equipaggi” invernali di Dome-C. I test e le analisi sono molteplici: dagli esami sul sangue per vedere gli eventuali cambiamenti bio-umorali legati proprio alla condizione di isolamento e stress, ai test cognitivi che ripetiamo una volta al mese durante i quali ci vengono valutati i riflessi e le nostre capacità logiche soprattutto con test visivi e di abilità manuale».

Il test più singolare?
«Sicuramente quello che ci vede periodicamente nel simulatore di volo della Soyuz che abbiamo qui. Siamo stati istruiti su come pilotarla, dobbiamo dimostrare di mantenere nel tempo le nostre abilità di attracco alla Iss».

In caso di emergenze cosa succede?
«Dal punto di vista psicologico, in caso di necessità, abbiamo un supporto da remoto sia in Italia che in Francia. Insomma ci sentiamo abbastanza osservati!».

Per il cibo come siete organizzati?
«Ogni sabato “andiamo a fare la spesa”: in base abbiamo scorte per 7-10 giorni, poi ogni tanto dobbiamo uscire e andare al nostro “supermercato”, ovvero dei container suddivisi per tipologia di alimento, all’interno ci sono le provviste fino a novembre prossimo».
Fate compere senza i carrelli della spesa però....
«Sì, lei scherza, però in effetti la cosa simpatica è che partiamo in gruppo, seguendo le indicazioni dello chef, il nostro carrello è la slitta che trainiamo noi stessi».

Come fate a scegliere i prodotti?
«Diciamo che è un momento di vita comune divertente, perché, come al supermercato, quando vedi qualcosa che ti attrae ti viene la tentazione di prenderla. E questo capita spesso, ma sono trasgressioni che il nostro Daniele Giambruno (lo chef, ndr), ci perdona».

La prossima puntata riguarderà proprio lui.
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