Psichicamente, per molti, il ritorno dalle vacanze può essere un momento difficile.
Segnato da quella che spesso viene chiamata “sindrome da rientro”.
Stress, stanchezza, svogliatezza, irritabilità, ansia, disagio e leggera depressione i segnali più evidenti che si manifestano al termine del periodo di ferie, più o meno lungo. Al centro di tutto c’è il cambio dello stile di vita, in particolare del ritmo sonno-veglia che è la principale causa di tutte le problematiche relative alla fine del periodi di vacanza. Molti studi mettono in evidenza l’importanza di questa particolare condizione che riguarda non solo la quantità ma anche la qualità del sonno. Più che le ore di sonno in sé (definite anche in base a variabili individuali), è importante la qualità: è quella che definisce la discrepanza dell’orologio interno del corpo e il “programma” del sonno. Una sorta di jet lag. Il jet lag, appunto, è solo una delle cause dell’alterazione sonno-veglia, ma è anche condizione necessaria in caso di spostamenti in Paesi lontani. Non a caso vi sono regole per gestirlo e far si che i ritmi biologici del nostro sonno siano ingannati e non se ne accorgano o se ne accorgano il meno possibile.
LE DIFFERENZE
Un lag che può essere dovuto non solo a viaggi in aereo, ma anche in lunghi spostamenti in auto, a cambi di clima, di stili alimentari e di vita. Un jet lag alterato da comportamenti individuali, quello “sociale”, che ci costringe ad orari biologi invertiti indipendentemente dagli spostamenti. Ad esempio quando in vacanza o nei fine settimana invertiamo gli orari sonno veglia. Il social jet lag si verifica quando c’è una discrepanza tra l’orologio interno del corpo e il programma di sonno, ad esempio dormendo meno durante la settimana e dormendo di più ma rimanendo svegli più tardi durante il fine settimana. In sostanza si simula un jet-lag senza spostarsi. Il lag sociale, la differenza di tempo cioè che si registra tra i modelli di sonno nei giorni di riposo rispetto a quelli di lavoro, è stato studiato dai ricercatori dell’Università dell’Arizona Health Sciences. Il team di ricerca è stato guidato da Michael A. Grandner, PhD, direttore del “Programma di ricerca sul sonno e la salute”.
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