Immunità di gregge in Italia a fine settembre, ma non per tutti: Lombardia ad agosto, Lazio ad ottobre

Immunità di gregge in Italia a fine settembre, ma non per tutti: Lombardia ad agosto, Lazio ad ottobre
di Francesco Malfetano
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Mercoledì 5 Maggio 2021, 21:38 - Ultimo aggiornamento: 6 Maggio, 17:27

Entro luglio secondo l’Europa, entro agosto per il governo ed entro settembre (ma non per tutti) stando ai dati delle vaccinazioni. La prospettiva dell’immunità di gregge è tornata a guadagnarsi la scena. Con la campagna vaccinale italiana che ha toccato le agognate 500mila dosi al giorno infatti, se ne riparla per identificare la luce in fondo al tunnel dell’intera Penisola. D’altronde, quantomeno sulla carta, raggiungere la soglia del 70% della popolazione vaccinata con entrambe le dosi limiterebbe la circolazione del virus, proteggendo così anche chi è ancora in attesa del proprio turno. Ed è per questo che l’immunità di gregge è considerato il punto d’approdo di tutte le campagne di vaccinazione. 

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Non a caso ieri il governatore del Lazio Nicola Zingaretti, alludendo ovviamente alla sua Regione, ha dichiarato: «Se corriamo e andiamo avanti con l’arrivo dei vaccini penso che (l’immunità di gregge ndr) sia un obiettivo raggiungibile in tempi brevi».

Ancor più netta la posizione dell’assessore al welfare e vicepresidente del Pirellone Letizia Moratti. La Lombardia sarà «la prima regione che raggiungerà l’immunità di gregge» ha affermato la donna in un tweet che ha fatto esultare i suoi cittadini. 

Ebbene numeri alla mano, in questo momento, bisogna dar ragione alla Moratti. Dopo tutte le difficoltà note, il modello lombardo ha ormai preso a correre e, mantenendo i ritmi attuali con una media di più di 95mila dosi inoculate al giorno (calcolata sui dati dell’ultima settimana), la data da cerchiare sul calendario è addirittura il 21 agosto. Ben in anticipo rispetto al dato nazionale che, forte di una media di circa 428mila somministrazioni giornaliere, rimanda tutto al 27 settembre (si tratta di un dato che, in questo caso, non tiene conto delle differenze regionali). E meglio anche del Lazio che, sempre utilizzando come unità di misura il ritmo tenuto dalla campagna di vaccinazione nell’ultima settimana, raggiungerebbe la soglia del 70% di immunizzati con entrambe le dosi il 19 ottobre. Due mesi, settembre e ottobre, che in realtà sono il punto d’arrivo per quasi tutte le regioni italiane. Anche con peculiarità come la Calabria prima dello stesso Lazio ad esempio, dettate da una popolazione che è quasi il triplo. In ogni caso, stando ai dati attuali, solo la Sardegna e la Sicilia scivolerebbero a novembre (rispettivamente il 24 e l’11 del mese), mentre la provincia autonoma di Bolzano addirittura al 16 dicembre.

AFFIDABILITÀ
Ovviamente queste date sono poco più che bandierine. Non solo perché come dimostra il caso Lombardia con una decisa accelerazione nelle somministrazioni il “giorno x” si avvicinerebbe con rapidità, quanto soprattutto perché il concetto stesso di immunità di gregge non è considerato da tutti così affidabile. Tra i sostenitori di questa inattendibilità, c’è l’immunologo americano Anthony Fauci. Il consigliere della Casa Bianca per la pandemia l’ha definita a più riprese «un concetto sfuggente» o «una soglia mitica», dando ancora maggior corpo a quella fronda di scienziati che dubitano dell’efficacia di quello che è e resta un limite variabile. Tant’è che, come ha ben spiegato il New York Times nei giorni scorsi, la soglia da raggiungere nel tempo si è alzata: all’inizio era stimata intorno al 60% della popolazione ma poi, soprattutto a causa delle varianti (quella inglese, predominante, è il 60% più trasmissibile), si è alzata ad almeno il 70%. E non è escluso che possa salire ancora (per qualcuno è già l’80%, ma potrebbe arrivare al 90%), soprattutto se dovessero svilupparsi nuove mutazioni più contagiose, se si dovesse scoprire che le persone immunizzate possono ancora trasmettere il virus o se le difese immunitarie dei vaccinati calano in maniera imprevedibile sul lungo periodo.

FOTOGRAFIA
Se quindi è certo che le date e le cifre analizzate non possano raccontare una verità esatta, lo è anche che però restituiscono una fotografia puntuale di ciò che accade oggi in Italia. 

Ovvero che dopo il picco del mezzo milione di vaccinazioni raggiunto il 29 aprile (521.774 le dosi somministrate) e toccato anche il 30 (518.521), non siamo più riusciti neppure ad avvicinarci alla soglia (il punto più alto sono le 427mila dosi inoculate 1 maggio). Eppure, quello del mezzo milione di somministrazioni, è proprio il numero magico che invochiamo da tempo. O meglio che hanno invocato l’Europa, il governo italiano e il Commissario Figliuolo quando hanno fissato prima l’obiettivo di vaccinare il 60% della popolazione entro fine luglio e poi il 70% entro agosto. Per farlo d’altronde, considerando le 21 milioni di dosi già inoculate, bisognerebbe viaggiare ad un ritmo di circa 580mila somministrazioni al giorno. Mentre, considerando la soglia dell’immunità di gregge raggiunta con il 70% entro agosto, bisognerebbe riuscire ad attestare la cadenza giornaliera media attorno alle 530mila dosi. Non troppo distante vero, ma pur sempre ancora un miraggio. 

Ma perché non riusciamo a tenere il ritmo? Non per l’assenza della materia prima. I vaccini ormai ci sono. Ieri ad esempio, come ha fatto sapere la struttura commissariale, ne sono arrivate altre 2,1 milioni di dosi Pfizer e 360mila di Moderna sono attese per oggi all’hub nazionale di Pratica di Mare. Quindici milioni ne sono attesi solo per il mese di maggio. Il problema quindi, più che dall’incostanza dei rifornimenti (che pure è una variabile), è dato dalla macchina organizzativa e dalle scelte della varie Regioni. Non solo per le decisioni prese da alcuni governatori di rispettare priorità diverse - il caso delle isole covid free della Campania è il più eclatante - rispetto a quelle definite da Figliuolo, ma anche per una differente gestione del caso AstraZeneca. Al netto di limiti anagrafici e precauzioni, il vaccino anglo-svedese è parte integrante della nostra campagna e, soprattutto, è fondamentale per raggiungere e superare le 500mila iniezioni al giorno e quindi l’immunità di gregge.

Per questo d’altro canto prima alcune Regioni (Lazio e Campania in testa) e poi il Commissario, stanno spingendo per aprire le vaccinazioni con AstraZeneca anche ai volontari under60 dopo aver completato l’immunizzazione dei fragili. Ora infatti Vaxzevria, il vaccino di Oxford, viene somministrato a troppe poche persone: la media giornaliera è di circa 82mila dosi al giorno, un’inezia rispetto alle 1,9 milioni disponibili in frigorifero.

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