Per lei Massimo Bochicchio era solo «zio Massimo», quello di cui era innamorata e di cui aveva stima. Un uomo «gentile e sornione», capace «di far sentire sempre a proprio agio», di «prendere in giro tutti». Quello con cui si scherzava e si parlava anche di politica e psicologia, passando da un argomento all'altro con estrema semplicità e naturalezza. Per lei era lo zio che, durante le vacanze a Capalbio - in quella casa tanto cara - al mattino le faceva una «carezza sui capelli» quando era il momento della colazione. Non poteva essere altrimenti per quella ragazzina abbastanza grande da capire che gli adulti possono sbagliare, ma non per questo disposta a rinnegare un affetto sincero che neanche una morte improvvisa potrà cancellare.
Bochicchio, la lettera della nipote
La nipote è stata l'unica a salire sull'altare per leggere una lettera indirizzata allo zio Massimo, mentre la zia Arianna le teneva la mano per darle coraggio. «Ricordo i giochi insieme, il commissario Montalbano, ricordo di essere cresciuta con il mantra di essere come mio zio, le chiacchierate sulla nostra famiglia, le confidenze, i consigli.