Giornata mondiale dell’autismo. Da Torre Maura a Tor Bella Monaca, la forza e l’impegno sociale di Michele Daini: “L’inclusione in periferia è possibile”

La storia nella Capitale

Michele Daini
di Alessia Perreca
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 22 Marzo 2023, 11:53

Sei chilometri di distanza separano Torre Maura da Tor Bella Monaca. Percorrendoli in macchina si respirano i malumori di una borgata abbandonata a se stessa. Abitanti costretti ogni giorno a fare i conti con il degrado, con un alto tasso di disoccupazione ed incidenza di reati. Tor Bella Monaca, altra borgata del quadrante est della Capitale, non è poi cosi lontana. Il traffico congestionato, sin dalle prime luci del mattino, mette alla prova la clemenza di ogni romano. Dici Tor Bella, Torre Maura, Torre spaccata e pensi alla criminalità, alla droga, alla violenza che permane nei vicoli delle periferie. Strade larghe che narrano storie di cronaca, di proiettili vacanti, di spaccio, di povertà estrema, di vittime innocenti. Di persone vogliose di cambiamento. Di minori, di diversamente abili, di diritti. Della necessità di riscatto. 

L’incontro con Michele Daini

L’appuntamento con Michele è per le 10, ai giardinetti di Largo Ferruccio Mengaroni. “Il cielo è grigio come il colore dei quei palazzi popolari”, osserva Michele. Michele Daini, giovane ventottenne, ha diversi sogni da realizzare. Una vita vissuta interamente in periferia, a Cinecittà Est. Dagli storici studi - culla del cinema italiano - alle strade di Torre Maura, dove trascorreva gran parte dei suoi pomeriggio con i ragazzi del quartiere. Un' infanzia spesso ostacolata da momenti di rabbia incontrollabile, di crisi con reazioni aggressive  e conseguenti difficoltà relazionali. All’età di 22 anni, Michele scopre il mondo dell’autismo. “La diagnosi ( disturbo della personalità con sindrome Asperger, ndr) è arrivata quando ero grande, ma le difficoltà erano già presenti nella mia adolescenza.”

Ci sediamo all’interno di un bar a poche centinaia di metri da Largo Mengaroni. Nel locale ci sono diversi rumori e c’è confusione, ma Michele sembra esser ben “allenato”: “bisogna essere bravi e soprattutto supportati per superare i momenti di frustrazione. Ora sono tranquillo anche in un ambiente come il bar e cerco di sopportare il rumori.” “E’ una sfida grande da riconoscere e sapere trattare”, spiega ancora Michele e aggiunge: “Non ho avuto una presenza costante dei miei genitori e questo - nonostante le mie difficoltà - mi ha portato a voler fare del bene ai grandi e alle persone bisognose.” 

Michele è davvero un ragazzo speciale. Ha una passione per le date, per i numeri, tatuaggi ed una grande voglia di vivere, superando ogni ostacolo e correndo più veloce della sua diagnosi. Dal lavoro - come Operatore Educativo ai bimbi con disabilità ( Opeac, ndr) - al teatro, fino al suo impegno politico e sociale al Polo Ex Fienile, uno spazio di integrazione, cultura ed incontro, a Tor Bella Monaca. “Il Polo - specifica Michele - è il simbolo di Tor Bella Monaca e nasce da un’idea di Piero Vereni, Professore di Antropologia dell’Università di Tor Vergata.

Da qui è poi nato il Laboratorio di Pratiche Etnografiche, Lape, un progetto di ricerca etnografia sul territorio che vuole aiutare la popolazione del nostro quartiere.” Con l’intento di costruire un percorso per i più fragili spesso inghiottiti nell’abisso della microcriminalità partendo proprio dallo studio della comunità di Tor Bella Monaca. Dalla riorganizzazione del tessuto sociale alla riqualificazione degli spazi pubblici inutilizzati per favorire una maggiore coesione sociale ed incoraggiare quel senso di appartenenza. Scuole, associazioni di quartiere, proposte culturali e lavorative sono elementi fondamentali e di prevenzione alla lotta alla criminalità.

“Il problema della criminalità è serio qui a Tor Bella”, spiega Michele. “Sotto i palazzi di viale dell’Archeologia - dove facevo assistenza domiciliare ad un bimbo affetto da una forma di tretraparesi spastica - ho incontrato un ragazzo. Diciotto anni, con un “ruolo” da vedetta. Mi sono avvicinato e ho deciso di parlare con lui.” “Mi ha detto - prosegue il racconto Michele - che con quel lavoro riusciva a portare a casa uno stipendio. Ma se qualcuno gli avesse offerto un lavoro onesto, lo avrebbe certamente accettato. Offrire loro opportunità di vita e prospettive future significa liberarli dal ricatto criminale.” Secondo Michele, crescere in periferia “non è così semplice”. E se quella borgata è disagiata, la sfida più grande sarà quella di uscirne indenni, senza fedina penale macchiata. 

Negli anni la cronaca ha riportato alla ribalta storie di giovani criminali che ben presto sono arrivati ad occuparsi di spaccio, di intimidazioni di detenzione di armi e delitti su commissione. Ma c’è anche un altro volto della periferia: quello fatto di persone e dell’ascolto dei bisogni reali del quartiere. 

“Il racconto di Tor Bella Monaca - afferma Michele - non può racchiudersi attorno al tema del crimine. C’è tanto da scoprire, ci sono narrazioni bellissime e la possibilità per tutte le famiglie e bambini di spazi sempre attivi.” Proprio come l’Ex Fienile, un polo nato come risposta alle carenze sociali della città e dove la ghettizzazione prodotta dal disagio sociale è superata con attività culturali, laboratori, luoghi di incontro. “Perché nessuno deve sentirsi emarginato.  Nemmeno le persone con disabilità”, sostiene Michele che guarda al futuro con ottimismo. “Credo che l’inclusione sia possibile anche in periferia. Sono molto fiducioso."

“Quando si affronta il tema dell’autismo, spesso, non tutti sono comprensivi. Il mio desiderio -  conclude Michele Daini - è di avere una famiglia tutta mia. Di essere compreso e di non restare mai solo. Perché nessuno deve vivere il dramma della solitudine.”

© RIPRODUZIONE RISERVATA