Tari Roma, è svolta: cittadini rimborsati per il caos raccolta

Tari Roma, è svolta: cittadini rimborsati per il caos raccolta
di Laura Bogliolo
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Giovedì 20 Febbraio 2020, 08:18 - Ultimo aggiornamento: 13:36

Se i secchioni sono pieni di rifiuti la colpa non è dei romani. L'accusa era stata lanciata dal Comune e dall'Ama nelle migliaia di lettere di risposta indirizzate ai cittadini che chiedevano il risarcimento della Tari. Se le strade sono piene di immondizia e i secchioni non vengono svuotati è a causa dell'inefficienza del servizio offerto. Ad affermarlo per la prima volta è la Commissione Tributaria di Roma che ha accolto il ricorso presentato dal Comitato di quartiere di Settebagni depositato nel 2018. «È una vittoria non solo per noi ma anche per tutti gli altri romani che hanno chiesto il rimborso della Tari e ora avranno la strada aperta al risarcimento» spiega Mario Costanzo, il legale dell'associazione Don Chisciotte che ha portato avanti la causa.

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LE MOTIVAZIONI
I pionieri protagonisti della storica sentenza sono 40 cittadini del III Municipio, stanchi dei pesantissimi disservizi subiti nella raccolta porta a porta. La sentenza n. 1990 rigetta la difesa dell'amministrazione comunale secondo la quale un rimborso poteva sussistere solo se fosse stata dichiarata una situazione di emergenza sanitaria dalle Asl o se ci fossero stati scioperi degli operatori tali da bloccare il servizio. «Diversamente da quanto affermato dall'amministrazione comunale - si legge nella sentenza - non è prevista dalla legge nella descrizione della fattispecie di riduzione di responsabilità dell'ente. Quest'ultima spetta per il solo fatto che il servizio di raccolta, debitamente istituito ed attivato, non venga poi concretamente svolto, ovvero venga svolto in grave difformità rispetto alle modalità». «Avevamo chiesto la restituzione dell'80% della tassa pagata nel biennio 2017-2018, la commissione lo ha riconosciuto nella misura del 20% per ciascun ricorrente - ha aggiunto Costanzo - ma punteremo a far capire che il disagio è molto più ampio, cosicché gli altri cittadini che ricorreranno possano avere il rimborso massimo». Insomma, non è detto che il parametro del 20% resti anche nelle altre sentenze a favore delle decine di comitati di quartiere che negli ultimi anni hanno presentato lo stesso tipo di ricorso.
 


LE PROVE
La sentenza, in pratica, ha stracciato la memoria difensiva presentata dal Comune nell'udienza di settembre presso la sezione 37 della commissione. «Dalle risultanze in possesso di Ama - era scritto - sono gli stessi comportamenti degli utenti a determinare ritardi e disservizi nella raccolta». La commissione ha riconosciuto corretto l'impianto probatorio, condannando il Comune addirittura alle spese di lite.

E la battaglia è solo all'inizio: «Estenderemo il ricorso ad altri cittadini di Settebagni visto che le prove portate, le foto dei disservizi, sono state considerate valide, si tratta solo della prima partita». Riconosciuta l'inefficienza del servizio dell'Ama, saranno infatti tantissimi i residenti di Settebagni che si faranno avanti chiedendo i risarcimenti. La stima del rimborso per ora ammonta a 4mila euro circa. «Siamo soddisfatti anche per il senso di giustizia- aggiunge il legale - alcuni romani hanno fatto una scommessa sognando di poter cambiare le cose, hanno dimostrato che c'è la possibilità di stimolare il Comune: la vittoria, insomma, apre la strada alla soluzione di un problema ormai cronico come il fallimento della raccolta dei rifiuti a Roma e in particolare del porta a porta a Settebagni».

La sentenza è così storica che non esiste una procedura di risarcimento. «Il Campidoglio ora dovrà attrezzarsi - conclude Costanzo - è la prima volta che un gruppo di privati cittadini ottiene un risarcimento della Tari, ma noi siamo pronti a tutto, anche a pignorare le scrivanie del Comune ...». Uno degli elementi vincenti del ricorso, è stato sicuramente l'uso dell'app Junker che ha consentito di fotografare i disservizi, archiviare le foto geolocalizzate e con la data e l'orario dello scatto. Immagini finite in un server certificato Iso, inalterabili quindi. Ironia della sorte, l'app era stata promossa dal III Municipio, ma poi è stata modificata dai residenti per raccogliere le prove dei disservizi di Ama.

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